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attività commerciali, lavoro e bebè

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l’utente medio di un negozio sembra reagire con la stessa urgenza e capacità di discrimine di mia figlia neonata davanti allo stimolo della fame, quando è di fronte ad un acquisto:

– tempi di attesa pari a zero,
– minima tolleranza alla frustrazione,
– aspettativa di grande professionalità, e serietà.
mi domando che senso abbia la professionalità e quali confini debbano e possano esserci ad essa.
l’utente deve comperare ed essere assistito e curato. il negoziante deve sacrificarsi per il cliente.
non a caso si è inventato un detto: “il cliente ha sempre ragione”.
MA…
durante vacanza in un paese estero (egitto) ho sperimentato un tempo dell’acquisto che durava 3 giorni, ci si sedeva si beveva un tè alla menta, si chiacchierava, nessuna fretta. e i bambini sono ammessi e benvenuti.
in un ristorante etnico a milano, il pargolo dei proprietari sostava sul pavimento giocando in un angolo con un pomodoro. nessuno che si stressasse:
il servizio restava comunque ottimo, come il cibo.
entrata e gioco libero per i bimbi.
sono anni che, dove posso, porto alle riunioni di lavoro la mia primogenita. ormai siamo abilissime e in genere nessuno si trova a lamentarsi (tra gli astanti).
recentemente ho sostenuto un esame avendo la neonata a portata di pappa, circondata e sostenuta dai miei colleghi corsisti e docenti.
certo giova il lavorare in ambito educativo. (!!)
insomma la professionalità va a braccetto (o potrebbe andarci) anche con la vita, con le relazioni e le chiacchiere. e per finire anche con un bicchiere di tè.
se così fosse ce ne gioveremmo un pò tutti.

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