ballando la taranta.
mi è piaciuto tantissimo il post di graz, ampio ben documentato e ornato di bei commenti intelligenti e destinati ad aprire nuove porte.
insomma una tessitura di pensieri e parole, fra l’altro ispirati da un precedente post di marilde.
mi sento molto affascinata da questo concetto che lei esprime:
“Chiaramente il morso della tarantola, molto doloroso e passibile di creare convulsioni, era nella grande maggioranza
dei casi solo il pretesto per canalizzare ben altre sofferenze:
traumi, sofferenze e conflitti familiari, amori contrastati, difficili condizioni socio-economiche … insomma la pletora di mal di vivere che una comunità poverissima poteva sviluppare.
Una comunità che non aveva niente se non il fatto di essere comunità, nel bene e nel male. Normando rigidamente il codice di comportamento di ognuno ma offrendo anche rifugio e soluzione al disagio che questa rigida norma spesso produceva.”
Il che non va ad estinguere la riflessione sulla pressione sociale che chiudeva la voce alle donne (manicomi, pazzia, monasteri).
Allora oggi e ancor prima …. (vedi la magistrale Cassandra di Christa Wolf) occorrono/occorrevano voci folli per dire la verità o elaborare il dolore.
Ma anche la società o una parte di essa creava contesti in cui si potesse esprimere ed elaborare la sofferenza e il sapere. Con il corpo, la danza e il ballo “sacro”.
Laddove la regola e la trasgressione trovavano senso solo nell’esser le 2 facce di una medesima medaglia.
Ovviamente la chiusa e la domanda non può che essere sul qui ed ora.
Oggi la società – che è forse meno chiusa – crea minore mal di vivere?
E comunque quali forme di danza folle è possibile trovare per elaborare le sofferenze? Quali forme di cura collettiva, che come i suonatori che si davano il cambio agli strumenti per non smettere mai, supportino questo percorso trasformativo? Quali spazi individuiamo, alternativi alla norma ufficiale, per raccontare e restituire le nostre fatiche e sofferenze?
Come rimettere in circolo energie, che si possono solo, disperdere nell’impossibilità di dirsi … ?
19 aprile 2009 alle 14:44
Ci ho pensato un po’, ma davvero non mi viene nulla. I rituali in effetti si stanno smarrendo. Spazi per i rituali pubblici perché poi quelli privati in qualche modo ognuno di noi tenta di trovarli e viverli.
19 aprile 2009 alle 14:44
Ci ho pensato un po’, ma davvero non mi viene nulla. I rituali in effetti si stanno smarrendo. Spazi per i rituali pubblici perché poi quelli privati in qualche modo ognuno di noi tenta di trovarli e viverli.
19 aprile 2009 alle 19:35
Rituali collettivi non ce ne sono forse perché la nostra organizzazione sociale ormai è troppo complessa, e frammentaria.
Però…in altro ambito. Il calcio?
19 aprile 2009 alle 19:35
Rituali collettivi non ce ne sono forse perché la nostra organizzazione sociale ormai è troppo complessa, e frammentaria.
Però…in altro ambito. Il calcio?
20 aprile 2009 alle 05:22
@lgo … calcio …. interessante … ma cosa esorcizza oggi ….?
@marilde … nemmeno a me …
20 aprile 2009 alle 05:22
@lgo … calcio …. interessante … ma cosa esorcizza oggi ….?
@marilde … nemmeno a me …