foto uno la modella cade dai tacchi troppo alti
foto due le gambe della modella
foto tre trattasi di abbigliamento da giornata estiva e non lingerie
Il mio esercizio di calma olimpica non dà sempre grandi risultati, però nel farlo mi sono detta che: “di alcune cose voglio trovare il positivo”, o almeno un senso di maggiore complessità.
Detto – fatto? No!
Come era prevedibile. Già le foto che ho trovato anzi scelto, parlano di corpi trattati male: troppo tacco, troppo magro e troppa nudità populistica (andateci voi uomini in ufficio conciati così, e vedrete cosa ne esce).
Tra una chirurgia estetica e un tatuaggio … preferisco il tatuaggio. Perchè attinge ad un piano simbolico culturale storicamente più complesso:
si tatuavano i marinai, e i galeotti (appartenenza e provocazione), si tatuano alcuni popoli (dannata esterofilia e simpatia estrema per l’antropologia), indicano simboli, valori, veicolano messaggi, sono fattibili in più parti del corpo, si può scegliere di farli evidenti oppure nascosti, visibili sono in alcuni momenti o da alcune persone.
Mi chiedo se un seno rifatto possa tematizzare questa complessità, forse magari in futuro, ma oggi?
Il seno nuovo è uno status simbol economico, un indicatore di femminilità usabile, fruibile ed esposta, un preannunciare una disponibilità (vera o fittizia all’amplesso), sembra sinonimo di una femminilità fragile ed insicura che si deve adattare a canoni che obbligano allo strazio delle carni. In anestesia totale non si sente nulla ma farsi scucire e ricucire il corpo è una violazione profonda. Mi chiedo come ci si adatta ad una mutazione del corpo indotta, sia esso naso, bocca, occhi, seno, glutei e via dicendo? Non è una mutazione lunga e data dal tempo e dalla fatica, non è una dieta, un lungo lavoro di scolpire il corpo facendo sport. E’ un imprmptu. Prima eri un corpo così e poi sei diverso.
Allora che bisogno abbiamo che le trasformazioni dei corpi siano fatte così, non basta la natura con i suoi segni, le rughe, le cicatrici e i nei? I maghi della chirurgia esetetica costruiscono corpi irreali, in due ore. Questa è davvero una magia.
Alla quale questa società sembra non poterei più rinunciare. Le donne giovanissime o vecchie cercano una misura che le renda omogenee tra loro, una stessa età per tutte, lo stesso naso, gli stessi seni (ammettiamolo nella forma la natura è più variata, il silicone quante forme offre 10_100_1000?), stesso modello di glutei, o di disposizione del pannicolo adiposo.
Trovo strano che da un lato ci sia una pressione così forte a dominare il corpo nelle forme, ma affidando tale dominio ad un altro che ti taglierà, ricucirà, mentre tu sei abbandonato al sonno dell’anestesia totale. (Io ho provato un paio di anestesie totali, e ho scoperto che il mio corpo rifiuta ad un abbandono così forte alla chimica, ad un sonno che non è dolce come quello della notte, ma è escisso alla vita, e al pensiero, e al sentire. La cosa più estraneante da me che ho provato). Ma come mai il dominio di me è fatto abbandonandosi totalmente alla chimica e alla chirurgia?
Perchè non sono vivo e partecipe, perchè non mi domino facendo una attività che lasci il segno sul/nel mondo?
Ma come? Esercito il mio esistere e il mio dominio su me stesso in una pratica che sconfina con l’automutilazione?
Il fatto di essere donne così, ossia il fatto che la maggior parte di operazioni di chirurgia estetica sia richiesto da donne, è casuale?
E tanto più il vissuto di impotenza sul mondo è maggiore tanto più crescono le mutilazioni? (mutilazioni: io proprio le vorrei chiamare così).
Per chi non lo avesse ancora visto: il corpo delle donne
30 settembre 2009 alle 19:39
Bè, ci vuole una notevole dose di autonomia di giudizio per rifiutare un modello culturale che vuole le donne o belle e giovani o nulla.
Immagino che le tue siano domande retoriche, a me quello che impressiona è che la chirurgia estetica richiede un investimento economico molto consistente. Una volta la cultura aveva a che fare col censo, con l’appartenenza a una classe sociale, con la disponibilità economica. Ora non più, siamo collettivamente vittime di modelli negativi trasversali ed invasivi. Il denaro non libera da nulla, serve solo per costruire (altre) prigioni.
1 ottobre 2009 alle 05:53
il discorso è complesso è vero. e fa riferimento ad una moltelicità di valori e modelli, che andrebbero decifrati (in questo senso ‘sto leggendo il gentil sesso debole di b. rmaury – ediz meltemi che tratta del rapporto tra donne-bellezza salute). una delle cose tragiche è che si fanno i prestiti per rifarsi, in ciò diventa un elemento trasversale, e si hai ragione sembra che la cultura si sia appiattita e omogneizzata, senza più punte in alto o in basso …
tutti abbiamo studiato, tutti siamo più ignoranti, e i modelli trasversali tendono a banalizzare e omologare ancora di più …
al solito come genitori, educatori naturali o professionali ci toccherà farcene qualcosa … o no?