Questa riflessione scaturisce dalla lettura di un post ospitato da Donne Pensanti, il progetto di Panzallaria e non solo, che prova ad aprire spazi di pensiero sulle donne pensanti e non solo donne, di cui vi consiglio di prendere visione se interessate/i.
L’aver letto e scritto sul tema della violenza e nello specifico della violenza domestica, mi aveva lasciate aperte alcune porte di riflessione che sono rimaste a giacere latenti, in qualche angolo della testa.
Finchè in qualche modo si sono riconcretizzate, trovando nuovi collegamenti che potevano permettermi di andare avanti. Ma poichè non vorrei che il tutto si trasformasse in un pensiero autonomo e solipsistico sto cercando di dare al post un maggiore respiro di tempo e concettualizzazione, e spero che arrivino osservazioni, scambi di link, confutazioni, aperture e spunti da renderlo in qualche modo più adulto e complesso, trasformato e fruibile.
1. Prima di arrivare al nucleo della questione violenza passo dal altre cose; la prima è nostro background collettivo di narrazioni sulle figure femminili … cioè parlo delle storie e le fiabe che narriamo ai nostri bimbi, e che ci indicano i modelli collettivi dell’essere donne e uomini. Altrove si potrebbero definire gli archetipi. Il genere femminile è rappresentato da eroine spesso passive, o se sono attive lo sono essendo buonissime e aiutate sempre da oggetti magici che ne compensino la fragilità femminea.
Una digressione mammesca sulle eroine dei cartoni animati walt disney … c’è voluta Mulan per disancorare finalmente una figura di donna coraggiosa, impetuosa, testarda, che sfida le convenzioni sulle solite eroine, e sulle donne. Finalmente quando uscì al cinema, pensai, che pure nei limiti disneyani potevo mostrare alla figlia più grande una donna molto più simile a me e alle mie coetanee, di quanto non fossero biancaneve o la bella addormentata nel bosco.
2. Le figure mitologiche/epiche che stanno alla base del nostro pensiero arrivano dalla nostra cultura romana e quindi di fatto dall’antica grecia; insomma il nostro bacino di figure femminili base arriva dal pantheon greco, e direttamente giù dall’olimpo.
Mi sembra che abbiamo trattenuto, di quel pantheon molteplice, fatto di innumerevoli figure femminili molto interessanti e significative, soprattutto quelle connotate dall’essere perdenti o vittime, anche quando sono carnefici. Una per tutte: la bellissima e spaventosa figura di Medea, carnefice dei propri figli, spesso citata per spiegare o giustificare, o accusare le “cattive madri” … o Circe la seduttrice sedotta ed abbandonata. O Cassandra veggente e sempre inascoltata.
Insomma ci siamo trovati a privilegiare solo alcuni modelli. O a riceverli acriticamente. Insomma donne che sono più vittime, fragili, oggetto di passioni, o violenze, poco padrone del proprio destino.
C’è un libro interessante di Jean Bolen Le dee dentro la donna che parla proprio di dee/figure femminili come suddivise in due grande categorie, quelle violate dagli uomini e quelle non violate. Insomma l’essere violate diventa una delle due grandi categorie possibili per il femminile, quelle che ci dividono in vittime o non vittime.
3. Mi sembra importante anche cominciare a capire se è possibile non esser vittime, prima ancora della sicurezza delle strade, dei decreti di urgenza, di provvedimenti che tutelino diritti, opportunità, ancora prima che “qualcuno” faccia “qualcosa” per difenderci. Iniziando da noi e dal significato dell’essere vittime e ancor prima indifese.
4. Donna indifesa o IN difesa? Siamo davvero indifese? Possiamo imparare a difenderci? E, al di là di ogni corso che ci insegna difesa personale, possiamo cominciare a pensarci non come donne indifese ma che si vivono nella dimensione dell’essere in-difesa, cioè pronte alla difesa e pronte a non cedere al ruolo di vittime, con legittimità e dignità?
Non cedo che solo questo possa fermare la violenza di genere in se, e non nell’immediato.
Ma mi chiedo se questo sia uno dei primi di paradigmi da smontare quello di:
vivere non nella paura della violenza,
vivere senza credere di vivere nel mondo di cenerentola,
vivere consapevoli che esistono i rischi ed essere pronte alla autotutela senza aspettare che arrivi l’uomo azzurro sul cavallo bianco a svegliarci con un bacio da un incubo reale …
20 novembre 2009 alle 09:57
Forse ti sembrerà un post un po’ superficiale rispetto a come stai trattando l’argomento, ma giusto ieri ho scritto un post sulla “questione di genere” vista da Gaia e Giada, in particolare, loro definiscono tutti i loro pupazzi come “femmine”, mentre per me, alla loro età, erano maschi, perchè erano i maschi che “facevano cose”. Le mie piccolette, invece, fanno fare cose anche alle “loro cucciole”. Anche iniziando a dire che un qualsiasi cane di pezza è una femmina forse si può iniziare a ragionare sul genere.
20 novembre 2009 alle 11:23
@orma
mi pare invece una riflessione interessante, anche la mia grande (da piccola) femminilizzava tutti i personaggi …
ancora più se è significativo che per loro è normale che la femmine facciano un pò tutto …..
mò vado anche a leggere ….
🙂
23 novembre 2009 alle 09:29
Monica, questo è un tema che m’interessa e che mi spaventa particolarmente. Come donna, come mamma e come essere umano. Lo sto insegnando, alla piccoletta, che il mondo non è una favola, che le principesse si dovrebbero dare una bella svegliata e fare come mulan, e che i principi azzurri non esistono.
Cerco di insegnarle in primis il rispetto per se stessa e per gli altri, e a dire no a qualsiasi tipo di violenza.
Credo che sia l’unico modo: educare i figli alla non violenza per spezzare questa catena. Mi inorridisce e mi fa incazzare che ci siano ancora oggi famiglie in cui crecono bambini e bambine, e donne e uomini domani, che vedono e vivono le violenze domestiche e che diventeranno a loro volta vittime e carnefici.
E sono convinta che il nocciolo della questione sia sempre lo stesso: quelle donne forse avrebbero bisogno e voglia di uralre no, adesso basta, ma sono sole, perchè le abbiamo lasciate sole, perchè è più comodo fare finta di niente, perchè quelle cose succedono alle altre e non a noi. Ma succedono intorno a noi, e allora il problema diventa di tutte, o almeno dovrebbe diventarlo.
23 novembre 2009 alle 15:48
vivere senza pensare di essere cenerentola ma nemmeno la protagonista di kill bill !
Ci sono avvenimenti di cronaca scoraggianti che evidenziano una violenza senza giustificazione e contro la quale non esiste quasi difesa …
andiamo verso una deriva di follia ?
23 novembre 2009 alle 15:54
@bianca
@antonio
rimando i commenti a non appena riesco a finire lo sviluppo del pensiero ..
lungi da me l’incitazione alla violenza, ma piuttosto un pensiero a certi concetti di difesa mutuati dalle arti marziali….
dove ci si limita a deviare l’attacco altrui (kunf fu shaolin / aikido per esempio) e non a darsele di santa ragione o presidiare la violenza gratuita a prescindere .. insomma ne sto scrivendo …pian pianino sono ancora all’intro ….
🙂
23 gennaio 2010 alle 09:24
Ho scoperto ieri sera Donne Pensanti e stamani sono arrivata qua. Lascio solo un commento alla tua digressione mammesca: se tua figlia è ancora abbastanza piccola da non snobbare i cartoni, falle vedere dei film di Miyazaki. Protagoniste sempre bambine o ragazzine, antagoniste spesso donne di potere sia politico che magico, grande rispetto del femminile da parte degli uomini (son giapponesi…) e una visione complessa del bene e del male (spesso, con l’accrescersi della forza, del coraggio e delle capacità della protagonista, le cattive si trasformano in buone). I miei bambini (maschi) non hanno mai retto Biancaneve o Cenerentola ma sono dei fan di Miyazaki anche adesso che son grandini (10/11). Alcuni titoli: La Città Incantata, La Principessa Mononoke, Il castello errante di Howl, Laputa il castello nel cielo, Kiki Delivery Service, Nausicaa nella Valle dei Venti. Buona Visione!
23 gennaio 2010 alle 10:21
Li abbiamo visti, ma non erano rimasti impressi, anche perchè (forse) a quel punto la grande era orami “anestetizzata dalla disney” in ogni caso mi era sfuggita questa chiave di lettura sul femminile rispettato dalla cultura giapponese (hai altre info?)
grazie monica
23 gennaio 2010 alle 10:22
p.s. c’è la piccola per rifarsi, che ama già tantssimo pippi calzelunghe ….