è un pò la vecchia storia dell’andare in un luogo bello ed incontaminato, e cominciare a depredarne le ricchezze, sbancando la natura, distruggendo un ecosistema, flora, fauna ed abitanti del luogo.
oro, diamanti, petrolio … o un minerale di un pianeta alieno. as usual per noi terrestri, bianchi, conquistadores, colonizzatori, multinazionali del petrolio ….
quello che fa riflettere, al di la del cinema e del film, è vedere una storia che si rinnova e non cambia mai.
noi si sta dalla parte dei na’vi, com’è ovvio, idealmente, ideologicamente, di pancia e di cuore, a pelle, per cultura e sintonia. pensare di saper restare in sintonia con il luogo in cui si vive senza distruggerlo, senza andare verso l’autodistruzione, è un bel pensiero.
ma noi siamo gli invasori, in realtà, qui e ora. spesso. comunque.
mentre si vorrebbe tanto che la storia cambiasse, anche qui da noi e non solo nella finzione scenica.
…
interessante che il pianeta del film, interconnesso a livello biologico e dialogico tra le sue varie forme viventi, sia retto da un principio maschile che svolge il ruolo di governo organizzativo che ha una co-reggenza ed è coniugato al principio femminile della sciamana, che è la traduttrice/l’interfaccia di un pianeta intero.
le due forze bilanciate governano l’armonia, in armonia, l’interconnessione, il dialogo tra le forze.
che sia questo il modo in cui noi potremmo cambiare e smettere di essere i protagonisti assoluti dello scempio del “nostro” pianeta?
va da se, la sf evoca spesso mondi e sogni a cui si sarebbe onorati di appartenere.