il mio compagno lavora nel commercio.
e cioè anche io, quando non casalingheggio, mammeggio, stirello, consulenzo, psicomotricisticizzo, bloggereggio…
come credo di aver scritto una miriade di post fa, siamo a quota 537, è un mondo quello della clientela di un negozio che rappresenta un osservatorio bizzarro di umanità e bisogni.
ma anche chi lavora rappresenta una ben strana altra forma di umanità, spesso asservita ai bisogni e bizzarrie del cliente, per ora ho capito che:
1. non si beve, o ci si nasconde per farlo. non sta bene, non è bello non si fa.
2. mangiare???? farlo in pubblico è anche peggio: ho visto i ragazzi del bar, a fianco, ingozzarsi con un boccone per correre a farci un caffè (e si che ci conoscono da un paio di anni). insomma il cliente non deve veder o sapere che anche quell’essere lì si nutre.
3. il bagno. non si può chiudere un negozio per assolvere ai bisogni fisiologici …
4. orari di chiusura. è una astrazione. il negoziante non ha una vita propria. mai.
ora ammetto che la linea di confine è sottile, tra diritti e professionalità, tra un lavoro “di servizio” e la necessità di vivere in modo sano il luogo di lavoro, anche quando se si è proprietario/referente unico.
sconfinare troppo nell’uno o nell’altro versante è complicato e inadatto, anche perchè la famigerata clientela è sempre più abituata alla prestazione da grande distribuzione: tanto, tutto, subito, sempre e comunque. quindi sembrano non esserci vie di scampo per il negoziante che già non mangia e non beve …. domanda: è una prospettiva sana???
intanto per la cronaca la gdo sta uccidendo il centro della semicittà dove lavora quel pover’uomo (nonchè mio compagno di vita), i negozi chiudono come se piovesse, e non è solo la crisi in atto ma la stozzatura dei piccoli ad opera del grande.
chi tiene dietro al ritmo di apertura dei grandi centri commerciali? mentre gli amministratori comunali continuano ad autorizzare aperture di altri centri commerciali.
l’altra domandina sul senso delle vita (è una domandina carogna) è ma una volta che i centri storici saranno senza negozi cosa ne sarà delle città … ????
3 febbraio 2010 alle 20:17
Gli amministratori comunali non hanno una vita propria.
E sono convinti che non ce l’abbia neanche il resto dell’universo mondo.
3 febbraio 2010 alle 20:26
Ci stiamo americanizzando di brutto le nostre città rischiano di finire come quelle in USA, la vita “ferve” tristemente nei centri commerciali!
3 febbraio 2010 alle 21:13
(Purtroppo) anch’io lavoro nel commercio: la trasformazione in atto è la più violenta (nonché definitiva) degli ultimi decenni, almeno dai tempi del boom. Siamo al giro di vite finale: il commercio non sarà mai più in mano al singolo negoziante ma solo un luna park in un mega centro commerciale. I centri storici, come li conosciamo oggi (e dove c’erano ancora), saranno in parte musei di se stessi, in parte attrazione da perenni turisti (compresi gli ex-abitanti che, trasferitisi ad abitare in periferia, vi torneranno per “guardarli” e magari farsi una pizza-e-birra e poi tornare in garage). Come dice extramamma, diventiamo un’america stracciona: già oggi le statistiche dicono che i “giovani” gravitano nei centri commerciali non solo per spendere ma anche per fare vita “sociale”. E nessuno si senta immune: alzi la mano chi non è mai stato in una mega centro commerciale… Non siamo capaci di sottrarci, neanche se non ci piacciono e li critichiamo!!!! Sono troppo ottimista?! ;-))
4 febbraio 2010 alle 08:54
la questione è la sicurezza tanto desiderata, auspicata, cercata, idealizzata non si lega anche ad un tessuto urbano vivo e vivace?
un centro o una città che diventa dormitorio, perde la sua identità di coesione sociale, la forma e l’interesse reciproco.
la città diventa il non luogo a favore del centro commerciale.
credo che il quadro desolante definito da desian sia verosimile e la città di cui parlo ne è già una degna foto.
la piazza centrale, non bellissima ma decente, si caratterizza per la cattedrale collocata proprio al centro, dettaglio urbanistico che ne farebbe una eccezionalità, attorno ci sono portici e qualche palazzina, d’epoca, architettonicamente piacevole …
ma la piazza è il parcheggio cittadino, e i due baretti (non si potrebbe definirli di più, localini scarni e poco frequentati) non valorizzano affotto la loro presenza, nè sembrano interessati ad intercettare nuova clientela … ma anche gli altri esercizi sulla piazza sembrano rassegnati a questa morte civile …. e a dare impulso al commercio, inteso come avamposto di una città viva, intesto come luogo di scambio, perchè dove c’è commercio c’è gente e dove c’è gente è possibile fare crescere economia e cultura …
ma lì nessuno sembra più fregare niente ….
molto più che triste