Flame in rete. Incendi e distinguo. Discussioni improbabili. Il giusto è quà e non di là, io sono buono e tu no.
Non dissimilmente a quanto accade in politica, (anche se lì, ne son certa, c’è chi gioca ad un altro gioco … sporco) si finisce per dicotomizzare le posizioni.
Per quanto posso, mi voglio tenere lo sguardo del possibile, del complesso, dell’incasinato, del contraddittorio e del paradosso. Un pò taoista come posizione, nevvero?
Soprattutto nei luoghi del web 2.0, delle conversazioni e dei confronti, ci sta l’incontro, anche teso, per ridefinir ruoli e posizioni; ma senza dimenticare che nessuno inventa niente davvero. Impariamo, ridefiniamo, siamo dei formidabili elaboratori di saperi, li riadattiamo e contestualizziamo, forse è una abilità frattale umana (che bello! chissa se si può dire??), creiamo nessi e poi nemmeno più ci ricordiamo da dove siamo partiti.
La rete è un emulatore del nostro cervello? Se lo è almeno in parte, significa mld di conessioni possibili, interpretazioni e nessi che nemmeno sappiamo da dove partano.
Una mia amica (la mia oracola) parlava di questa cose – rete intrenet etc- almeno 12 anni fa e si sentiva già un brontosauro! (vabbè l’abilità femminea alla non autostima è potente, per me resta l’oracola!!)
Insomma oggi non c’è nulla di quanto non abbia nessi con ciò che si faceva anni fa e se la rete è (o se fosse) una emulazione “nuronale” si capirebbe subito come diventi difficile dire chi ha iniziato …
Allora il problema, la questione sta dove indica A. Einstein: “La formulazione di un problema è spesso molto più importante della sua soluzione”, sta nella “necessità” di formulazione, e anche di complessificazione, sta nel leggere e complessificare il problema e non nell’individuare soluzioni semplificate, che si traducono in tu sei cattivo io sono buono.
Sta nella possibilità di stare e contemplare la complessità, di coglierne i nessi, gli scarti e le possibilità e poi scegliere, sapendo che ogni scelta opera selezioni, e che ci farà perdere qualcosa a favore di qualcosa di altro…
26 marzo 2010 alle 16:51
Difficilissimo questo post, l’ho letto due volte. E ho capito che concordo con te.
Ma lo studio dedalo che ho visto ieri su FB è un tuo luogo di lavoro, ti ci rechi sovente?
Perchè il martedì pomeriggio sono dietro l’angolo a fare ginnastica correttiva con mia figlia e anche il giovedì eventualmente e cmq non è lontanissimo da casa mia…
26 marzo 2010 alle 16:54
@abbatsanza si. collaboro e ci studio …
sarò lì, per la cronaca, martedì 30 nel primo pomerggio….
🙂
caffè?
26 marzo 2010 alle 22:58
E’ vero che la formulazione del problema è importante, perché formularlo significa ammettere che ci sia un problema. Purtuttavia (anche se non mi metterei certo a contraddire Einstein) secondo me la soluzione, o la possibilità di una soluzione, è parte integrante del problema stesso.
E in ogni caso a me soluzioni semplici (più che semplificate) piacciono….
27 marzo 2010 alle 08:41
@lameringa … piacciono anche a me le soluzioni semplici ma come molte cose semplici avvengono attraversando il problema e conoscendoli, ovvero complicandosi – un casino – la vita.
mi vengono in mente tutti quei gesti semplici, che non appena accenni ad impararli meglio divengon complicatissimi e passano anni prima di tornar semplici e naturali, intanto in quel tempo si impara…..
ecco appunto ho fatto ancora una risposta complicata :-))!!
😉
27 marzo 2010 alle 08:50
La rete è una semplificazione del cervello, che ogni tanto costringe a banalizzazioni eccessive.
Io sono d’accordo che i problemi sono complessi, però le regole dovrebbero essere semplici, e questo forse ci aiuterebbe.
Ci aiuterebbe anche imparare a mettere in gioco le nostre idee e non le nostre persone, non considerare offensivo essere criticati per qualcosa che abbiamo pensato, magari senza afferrarne tutte le implicazioni, non pensare che dobbiamo essere buoni a prescindere.
27 marzo 2010 alle 09:09
@lgo
mi pare una buona partenza, se mettiamo in gioco le idee, mettiamo in gioco il sapere, che in fondo è molto più collettivo e mobile di noi stessi (le nostre persone stan incollate a sedioline più o meno comode, e con gli occhi che bruciano appuntati ad un monitor).
Va da se quindi che nessuno ci può togliere nulla, o non dovrebbe poterlo fare, se teniamo la rete come modello di pensieri e dell’imparare – comunicando – e del comunicare imparando a farlo con uno trumento diverso … possiamo relativizzare molto.
Sulle regole … mi rendo conto che però è difficile … forse abbiamo bisogno di pensare ad un codice di autoregolamentazione “deontologico” di chi sta in rete, ma appunto ci sarà sempre chi non vorrà essere “buono” a pescindere …. e che giocherà sporco … e la rete è imbriglibile difficilmente … no?
rete come semplificazione del cervello?
boh mi pare molto di meno di un cervello ma anche molto di più … è difficile definirla …
i concetti di web 2.0, di wiki, di formazione pervasiva e collettiva, di co-costruzione del sapere e chissà che altro mi paiono scenari davvero nuovi … per ora sto cercando di capirci qualcosa in più … di ragionarci stando dentro a questo “cambiamento” ….
Come vedi ho un sacco di dubbi sulla definizione esatta, sulla forma, sarà che mi sembra che un pò tutti ci stiamo sperimentando in un modello nuovo.
per ora quello che noto dai vari socialnetrwork è proprio il dato prevalente di un sapere costruito attraverso la parola scritta, attraverso il dialogo (scritto), e infine attarverso la multidisciplinarietà dei saperi …
?????
🙂
monica
30 marzo 2010 alle 21:14
Scusami! Non ho più avuto modo di rileggere il commento, sono una cacca!!!
Oggi in teoria sarei dovuta esserci, ma era la “chiusura” di Insieme e proprio alle 13 mi hanno fatto rifare un pezzetto e quindi Emma a ginanstica è stata portata dal papà, ma sui futuri martedì posso scommetterci, magari mi perdoni e dai un’altra possibilità?