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7 thoughts on “Sul suffisso “pensanti”, sul corpo, sulla prostituzione e sulle derive culturali …

  1. Manco a farlo apposta, ieri sera molto tardi c’era una trasmissione in seconda serata che mio marito seguiva addormentato sul divano e io orecchiavo distrattamente dal PC. E c’er la Lori del Santo che pontificava sulla donna che riceve regali e che ricevere regali è un’arte e che però poi bisogna restituirli e pitipì e patapà. Un disgusto m’è salito. E ho ripensato che lei è proprio una delle protagoniste dell’inizio della decadenza della figura della donna dopo le conquiste femministe. Lei, Drive in, il”simpatico” Antonio Ricci che fa tanto il sinistrosro e poi è uno dei fautori dello sconcertante mercimonio del corpo femminile e del velinismo imperante che cerchiamo, noi “donne normali” di combattere giorno dopo giorno nel nostro quotidiano.
    Che dire.
    Il discorso è immenso.
    Lo riassumo con una parola: rivoluzione. Quella che è rimasta incompleta dal femminismo, che non si è trasformata in leggi (o solo in deboli leggi) o che se lo è stato, nessuno riesee a farle rispettare. E’ assurdo che la parità e l’uguaglianza debbano essere sancite per legge, tanto sarebbero concetti “banali”. E allora i cambiamenti radicali si ottengono con una rivoluzione. Che sia almeno del pensiero…..
    Grazie per questo bello spaccato della fervente attività intellettuale!

  2. Epperò, Monica, e pensare che a me sembrava un po’una chiusa ad effetto, tanto perche tutto il resto credevo fossero osservazioni sparse tra loro e bisognava in qualche modo tenerle insieme. Si vede che scrivere di botto sulle cose che rimugino per un bel po’ mi fa questo effetto maieutico su di me, dico cose che non sapevo di pensare.

    Sul discorso donne pensanti, io posso solo dire che pensare è un lavoro faticoso, ma qualcuno, meglio se tanti uandonn tutti, deve farlo. Perché se non lo fai, per comodità, per stanchezza, per quello che vuoi, ala fine la vita ti chiede il conto. Però è scomodo, non ci illudiamo. Ma imprescindibile.

    • @mamam
      lo so. persino sul lavoro viene fuori che pensare è faticoso, e al farlo si preferisce soffrire come cani. piuttosto che rischiare 5 minuti di pensiero in più ….

      ma questa marea nera ribollente deve lasciare spazio ai nostri figli per non perdersi … deve dargli la possibilità di guardare il mondo complesso … azzzzzzzzzzzzz

  3. Ecco qui un blog scolastico che è nel circuito abbattimento degli stereotipi (http://sequestaeunadonna.blogspot.com/), e una serie di domande che mi faccio in merito …
    qualche giorno fa avrei paludito e basta all’iniziativa oggi mi faccio molte più domande.

    Dove mettiamo il desiderio maschile, inequivocabilmente diverso da quello femminile, dove mettiamo i distinguo nell’uso delle immagini.
    Perchè tempo fa quando esprimevo la mia grandissima perplessità su una pubblicità (ma dove cavolo l’ho scritto?) in cui per vedere un prosciutto si vedeva un bimbetto con la stessa faccia voluttuosa e sensuale della bella “topolona” o di quella che fa l’amore con il sapore.
    Io rivendico il diritto a non smettere di vedere corpi nudi, di uomini e di donne, immagini sensuali … senza metterle tutte nel trita rifiuti di una berlina mediatica opposta e uguale.
    Voglio capire i corsi e ricorsi storici, il valore che si da ai corpi, alla loro mercificazione, alla loro esposizione, voglio capire quando il corpo è percepito intero, nell’arte, nelle mode, nelle immagini.
    Voglio i distinguo, voglio capire se una pubblicità mi seduce con il sesso o con altre voluttà, perchè in gioco è la comunicazione insieme al corpo delle donne.
    Voglio rivendicare che la liberazione delle donne passa (o è passata) anche dal corpo, dalla libera rivelazione della sessualità, della nudità, dai vincoli passati.
    Non voglio un chador/bavaglio uguale e contrario all’obbligo del “tetteculismo” televisivo.
    Voglio spaccare il deja vu, l’ovvio, la controdipendenza.
    Non mi piace questa pervasiva ostinazione a demonizzare ogni pezzo di corpo, eppure mi infastisce si. Mi da tantissimo fastidio, mi irrita, offende, non mi fa pensare. Esattamente come, oggi, mi ottunde il suo opposto.

    La tv è il demonio? La pubblicità è il demonio? Il merketing è il demonio?

    O è più demoniaca, se ci piace la metafora, la nostra non consapevolezza?
    Il non cercare negli stereotipi, non cercare di capire, non affondare la lama acuta dell’analisi, non voler complessificare lo sguardo, accettando un altro ovvio, l’ovvio dell’opposto.

    Mi fa rabbia, questo, perchè contiene la impossibilità di costruire altro.
    Per ora vedo un gran demolire e poi?
    Cosa lasciamo di nuovo a chi sta arrivando, ai nostri figli e figlie?

  4. che dire….un’amica….mooolto più impegnata di me rispetto alla riflessione sul femminismo, mi diceva quanto fosse triste il dover specificare l’aggettivo “pensante” rivolto alla donna..ricordo che poi parlammo di quanto la cosa ancora più triste fosse doverlo specificare anche per gli uomini….cioè, in fondo, “pensare” è qualcosa che fatica ad essere riconosciuto in generale.
    O meglio, c’è un pensare (veloce) scollegato dal resto…soprattutto dal “corpo”. Non è un caso, forse, che alcune discipline, per loro natura “olistiche” siano in crisi (vedi l’educazione)

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