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Zone Temporaneamente Autonome

Cyborg VI: end title

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Kiko sfiora lo schermo.
Quasi in un lampo.
Conosce quello che deve fare.

Gunther:
– Avete mai notato come i gesti di certe persone, maestria si chiama, siano belli, direi estetici ed anche precisi, essenziali.
Io mi fermo sempre a guardare i gesti.
Mi soffermo ammirato a quello spettacolo, del tutto unico e umano; dacché le macchine sono solo ridicoli golem della bellezza umana.
Anche la migliore di quelle macchine rivela l’ansia dei creatori, noi stessi sciocchi e presuntuosi, nell’imitare ogni sfumatura che ci compone.
Fare le macchine e’ stato idiota e ridicolo!!
Avete presente che .. si incontra sempre quello che dice, ora con rammarico malcelato, ora con ammirazione sconfinata: ” Ma come facevamo prima? Prima delle macchine”.
Dico io, e’ una questione idiota, ridicolmente idiota, perché non c’è dubbio: l’ Umano e’ superiore.

Anche se Kiko e’ la migliore, a mio avviso, quasi umana, così imperfetta e bella, netta, geometrica al tempo stesso.
La vedo, oltre al vetro.
Mi osserva.

I creatori di queste macchine non hanno mancato di renderne anche i difetti, che le rendono affini a noi.
Kiko, la curiosa, mi guarda e mi studia.
Noi siamo perfetti perché originari.
Ma se fossi un uomo fatto di ben altra e misera pasta vorrei un bel futuro, di quelli come dico io, con quella Kiko.
Odio come quelle false macchine umane sembrino così vive, eppure puzzino di falso.

Kiko sta oltre lo specchio, davanti al monitor olografico, ora.
Lo sguardo le risplende verde, come i dati che digita e sposta.

Gunther:
Una volta, saranno mille anni fa, guardavo la vita nella via, i gesti curiosi dei commercianti, i gesti che avevano l’odore del pane, o di una arancia, della carta marrone che li avvolgeva. Gesti belli, pieni di parole, fatti, narrati, sapienti.
Il gesto antico e sapiente di mio padre, che costruiva porte il legno. Ogni porta era un lento lavoro e pieno di profumo.
Adesso nessuno lo fa più.
Ogni volta che ripesco nella memoria un ricordo, filamenti di altri ricordi gli si appicicano, gesti, facce, odori e profumi, suoni e voci colmano lo spazio. Ma appunto e’ la mia dannata memoria, solo frammenti di ricordi.
Idiota.

Sono in un mondo di macchine che fanno quello che noi non facciamo più.
Ci hanno rubato i gesti.
Ci siamo persi. Siamo frammenti di memoria.

Kiko e’ una vibrazione sullo schermo. Una serie di dati scambiati e ricevuti.
Rapidamente spegne i monitor.
Ogni esperimento viene cancellato, in via definitiva.
I cyborg prima e poi questo deludente clone umano.
Malfunzionante.

Inadatti del tutto a restituire ciò che le macchine hanno trattenuto in memoria, di quella umanità, peraltro scomparsa; insieme a innumerevoli filamenti di DNA.

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