Le cure fisiche pre nanna dedicate alla figlia piccina sono diventate particolarmente onerose, un pò per via della la nuova casa, con i suoi rumori, i nuovi silenzi, e l’inserimento alla “primavera”. Grandi cambiamenti per tutti, ma soprattutto per lei, che ha sempre avuto una fortissima identificazione con la SUA casa.
Due giorni dopo l’inserimento alla materna … la microba mi ha scagliato irosa per qualche giorno, in un totale delirio “vai via, mamma, via” .- “voglio papà” … Con un rifiuto così viscerale da fare parecchio male. Essere mamma e farsi rifiutare è una botta potente alla stima di se (acc se siamo fragili).
Poi con un colpo di reni, e con la complicità del padre, abbiamo rimesso in carreggiata lei, i suoi sentimenti e i nostri. Lui è stato molto bravo, lo dico.
C’è toccato mettere regole e steccati, dove prima non c’erano, che hanno funzionato splendidamente per la microba, infatti si è subito riassestata su una affettività più piana e facile.
Questa sera, mentre il papà è assente, la messa a letto si è giocata anche con la sorella, figlia grande, che le ha letto storie, giocato al salto ad ostacoli, blandito e imperato. Poi sono entrata in azione io, e il “vai via mamma” ripetuto per una sola volta e’ diventato un gioco psicomotorio di rotolare via e tornare da lei. Rassicurante per entrambe.
E mentre rotolavo sul letto, rincorrendola tra risate e ciucci, mi sono resa conto che questa facilità è data dal villaggio, dalla rete che oggi era attorno a noi.
Le nonne hanno variamente supportato me che dovevo lavorare/pensare/scrivere/progettare, e quindi ero presente in corpo ma non in spirito; il nonno che nelle sue abilità tecniche aggiusta, ripara, fa manutenzione operosa delle cose; la figlia grande che si è giocata in un ruolo nuovo con la microba (spesso lo fa molto abilmente; la scuola materna, che nonostante le fatica e il dolore del distacco si è dimostrato un buon posto per lei e per noi; infine il papà della piccola che si è stato molto bravo anche nel supportarmi (o sopportarmi?). Vabbè, io sopporto lui!! 🙂
E mentre io e la piccolina giocavamo il nostro “gioco del rocchetto”, fatto di andare e venire, da lei a me, da me a lei, fatto di corpo che si muove nello spazio, ho sentito – per analogia – la forza di questa rete di supporto, che permette questo andare e venire mentale ed emotivo, edi elaborare i distacchi in una cornice di senso.
15 novembre 2010 alle 10:34
Mi ci ritrovo completamente, grazie:)
19 novembre 2010 alle 11:37
Bellissimo post 🙂
19 novembre 2010 alle 12:01
si ma che fatica …..
:)))