Quella che era la normalita’ ora e’ una anomalia, un incubo vivo, una bolla infame che si mostrava. Andava detto che non apparteneva a noi….
Il mattino aveva gli occhi grigi e umidi, svuotato di prospettive, di quella nebbia che lo permeava. Serviva una scossa, una volonta’, un desiderio di uscire dall’anomalia. Non la rabbia fuoriosa ma la pacata determinazione della marea, che abbatte al mattino i fugaci castelli di sabbia.
Si trattava di dire, in quel giorno appena iniziato, non che si doveva cominciare, ma a dove si era arrivati.
Andare avanti mostrandolo ostinatamente. Gli altri ne avevano bisogno.
28 febbraio 2011 alle 09:49
”il nostro ideale non dovrebbe essere la bonaccia che può trasformare il mare in una palude, e nemmeno l’uragano, ma il grande e forte aliseo, pieno d’impeto e di energia, salubre e vitale: un’eterna e costante boccata d’aria”. una amica mi manda questo, in assonanza con questo scritto, è di un autore nordico, se scopro chi è lo posto….
1 marzo 2011 alle 09:31
esatto deve essere così cioè gli uragani generano distruzioni devesi invece assumere con costanza comportamenti che siano l’espressione di quei valori che la politica non può accettare perchè da tempo li ha respinti.Il cammino è faticoso e lungo ma l’iniziativa è promettente perchè alla base vi sono ragioni di civiltà,anche se sbeffeggiate dalla politica