Due diverse visioni, di questi giorni:
Spider di Cronenberg e The good wife.
Ne estraggo due frammenti.
Il protagonista scizofrenico del primo, e’ vestito con numerose camicie sovrapposte. Abita in una sorta di comunita’ protetta, per pazienti usciti dall’ospedale psichiatrico; che viene gestita da una ruvida ed asciutta signora. Quando questa, accortasi dell’abbigliamento inconsueto dell’uomo, lo interpella, riceve la risposta da un altro ospite. Che spiega che Gli abiti fanno l’uomo, e meno c’è l’uomo, più cresce il bisogno dell’abito.
The good wife e’ la moglie di un procuratore, trascinato in uno scandalo sessuale e mandato in prigione con l’accusa di corruzione (o simile) relativa al suo lavoro. La moglie si trova costretta a tornare alla sua precedente carriera di avvocato, e a gestire una vita improvvisamente interrotta dallo scandalo e dai tradimenti ripetuti del marito.
Mentre interroga una donna accusata, ingiustamente, dell’omicidio del suo ex marito, la sollecita a truccarsi e vestirsi ed avere cura di se. Perche’ e’ importante.
C’e’ un gioco di rispecchiamenti tra le due donne ugualmente ferite dalla vita.
L’imputata chiede alla avvocato se questo poi la fara’ stare/sentire meglio, ma la risposta e’ sempre rivida ed asciutta, curarsi non la fara’ stare meglio, ma si vedra’ meno…. (fatica, sofferenza, dolore).
Una altra forma di corazzamento e protezione dal vuoto o dal freddo interiori, e che protegge anche dal mondo esterno.
14 marzo 2011 alle 11:53
Bella riflessione quella dell’abito che indossiamo e dei trucchi a cui ricorriamo oppure no, per mostrarci all’esterno della nostra nicchia privata. Una canzone di Fiorella Mannoia dice “per guardarsi nello specchio, mise l’abito migliore, perchè fosse più elegante il suo dolore”. Dipende dalla nostra cultura, dall’educazione ricevuta, dalla nostra personalità? Penso da un mix di tutto ciò! Io credo che l’estetica abbia un senso importante…o almeno, così è per me. Noi siamo diversi ruoli e anche l’abito deve essere in sintonia, altrimenti risulta stonato. Spesso ho discusso con educatori dei loro look quasi “ricercati” per non differenziati dagli utenti o per celare la cura della persona. Se educo curo, e se curo, la cura devo essere capace anche di esibirla, ognuno con il suo stile…ci mancherebbe. Quindi per me, l’abito conta eccome, ma sempre con ironia, un po’ di leggerezza e intelligenza…. se poi c’è anche buon gusto, siamo al massimo!
14 marzo 2011 alle 17:06
in questo momento storico forse anche l’educazione del vestire può aver senso. o meglio una riflessione sull’abbigliamento nella comunicazione e nell’educazione.
giusto perchè questa frazioncina, non irrilevante, della comunicazione che offriamo agli altri non vada persa.
…. 🙂
14 marzo 2011 alle 12:19
non possiamo proprio regredire nel tempo,negli albori,quando il miglior vestito era una tunica un legaccio ai piedi,un bastone per difendersi .Il modo di vestire è indice di un comportamento che ha un suo significato.Anchd chi indossa un abito senza saperlo portare esprime vari comportamenti da interpetrare.Non ci trovaimo in società naturalistiche dove non avrebbe senso vestirsi in un certo modo o diverso.L’abbigliamento è un biglietto di presentazione di cui non si può far meno.
14 marzo 2011 alle 17:06
vedi sopra :))