Questi giorni straniati mi interrogano sulla funzione terapeutica del blog.
E intanto capitano necessita’ pressanti di buttare fuori tutto, tutto cio’ che ci annoda lo stomaco e la vita (famiglia, problemi, lavoro, quotidianita’ o le “strane storie” che annebbiano i pensieri)
Ma la narrazione e il ‘gioco’ che ho scelto, nel blog, non prevede l’outing compulsivo. Ma al limite mi consente di tracciare sottili metafore e pallide icone di cio’ che davvero da fastidio.
I pezzi spezzati, del titolo, nascono da questo fastidio, e da alcune storie “di famiglia” mai raccontate davvero e mai fino in fondo.
Storie antiche e comuni, di guerre e figli rubati. Figli tolti e deprivati sentimentalmente, degli affetti dei genitori. Storie di figli barattati per compensare altri figli perduti, morti, o che hanno scelto altre strade.
Le guerre, si vede, tracciano piu’ ampiamente il confine tra bene e male, tra affetto ed odio. Tra figli/ figli estranei, genitori. Generazioni interrotte dalla guerra, e che dimenticano il continuum in cui stanno inserite. E dimenticano, tragicamente, il compito di narrare queste piccole epopee familiari.
Cosa che affatica le generazioni future, l’assenza di una narrazione, di un qualche tentativo di ritessere quelle trame, lascia buchi e frammenti, strappi che creano estraneazione.
La nostra storia, le nostre radici, belle o brutte sono l’anima delle nostre vite. Fingere che non esistano o che non vadano raccontare svuota di senso la strada comune.
10 aprile 2011 alle 06:08
Brutta storia quella di decidere di metterci la faccia sul blog. Delle volte invidio tutte quelle che sono state tanto previdenti da farlo anonimo e allora possono sfogarsi sul serio. Ma sono scelte, certe volte penso di aprirci uno spazio Blogger anonimous e sbatterci tutte le nostre cose. Le amiche blogger compartecipanti sanno chi sei e sostengono, chi ti conosco non sa che sei tu e ci capita per caso e non ferisce.
10 aprile 2011 alle 14:18
io ci sto. e subito. non mi piace fare la pentola a pressione ostruita!! m.