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Segnali di senso

4 commenti

Arte rom al Casilino

Il gesto educativo profondo del genitore, spesso si colloca, non nell’insegnare ma nel vivere.

Trasmettendo nei gesti, valore e cure, rispetto e civismo, attenzione per cio’ che e’ umano, senza ambizioni di costruire un figlio.

I rom, argomento dannatamente spinoso. Sono i reietti di questo periodo storico, infingardo e viscido, pieno di rischi e razzismi.

Ma a quanto ne so i rom sono sempre stati i reietti. E non è facile sfuggire ai rischi di intolleranza, incistati nei secoli, quando al semaforo una ragazza si impone nel lavaggio del vetro.

Atto che rifiuto sempre, anche dal benzinaio.

Ma rifiutare sembra crudele. Un gesto ulteriore di intolleranza. Una lotta sottile tra una forte volontà di  sopravvivenza, tra la povertà economica e una povertà di altro genere, una povertà di gesti.

Dare, fare la carità, spendere soldi quando non occorre, o paradossalmente quando non hai fisicamente una manciata di spiccioli, e in tasca c’è solo un bancomat.

Ma come non dare una moneta al vecchio caracollante al semaforo successivo.

Il fatto è che quelle persone devi guardarle in faccia e dire no, facendo i conti con le parti buie di se, con i nodi allo stomaco, con la non disponibilità.

Sperando che tra gli altri, in auto, ci sia qualcuno più disponibile di te. Mi chiedo come se la risolvano gli altri.

Ma intanto mi s-muove di capire la genesi del razzismo da cui, chi può, tenta di fuggire ..

 … sta nello sguardo negato e negante dell’umanità, di quella persona – uomo – donna – giovane – vecchia,  che innegabilmente chiede o alle volte sembra pretendere. Prepotenza della fame, della volontà di vivere e sopravvivere.

Mi tocca e ci tocca negare, alcune volte e non sempre, l’obolo, senza smettere di sentirsi un pò ammaccati, senza smettere di sentire la colpa nell’essere un pò troppo fortunati (anche quando il bilancio familiare non è straordinario) ricordando che sie è sempre nel lato ricco del mondo, senza diritti e per casualità indefinita.

Guardare in faccia, sostenere lo sguardo anche quando si dice no, comunicando il riconoscimento dell’altro …

Mi intrufolo in un altro pensiero: mio padre.

La sua passione per la fotografia lo spinse in un campo rom, in un paesetto vicino a dove abitavamo, quando i rom erano più nomadi e nessuno li cacciava così tanto violentemente.

O almeno così mi sembrava. Saranno passati 20/15 anni.

Era riuscito ad aver la stima del capo anziano, che lo aveva accolto in casa, con grande ospitalità, accettando che era entrato per capire, senza spocchia e senza missioni salvifiche.

Quando tornava a casa, dopo le tre o quattro visite che aveva fatto, aveva raccontato rallegrato della musica, delle persone, del conoscersi.

Non è mai stata una persona razzista,  era una persona curiosa.

Non ha mai avuto la presunzione di insegnarmi a non essere razzista, e poi ammettiamolo questa era una prassi molto meno conosciuta di oggi, forse non serviva una sua intenzionalità educativa a salvaguardami dall’essere razzista.

Semplicemente viveva la sua curiosità per le facce delle persone, dei vecchi, dei disabili, dei luoghi, dei rom, per le storie che i luoghi tracciavano o le facce raccontavano. Amava raccontarle per immagini, ma per fotografare doveva conoscere, guardare, scoprire, ascoltare. Così imparavo che l’umanità è interessante, quantomeno.

Chissà se è mai stato turbato dalle sovrastrutture culturali che in questo periodo storico ci oppongono e opprimono, così vincolanti da arrivare agli eccessi razzistici e violenti che conosciamo, fino al punto di non vedere l’umanità dei barconi, dei padri e dei figli, dei migranti che tentano una vita diversa.

E che spinge a non vedere l’umanità anche i quei rom, che non si omologano, che scelgono (sempre che scelgano) una vita fuori dagli schemi, dalla normalità che forse tutti reputiamo migliore, che vivono sino in fondo l’alienità delle scelte.

Eppure amano, vivono, muoiono, hanno figli, vite, speranze, sogni.

Lo vedi solo guardandoli in faccia. Se hai visto qualcuno guardarli in faccia.

4 thoughts on “Segnali di senso

  1. Grazie per questo interessantissimo post. Di questi tempi mi sto molto interessando alla cultura rom e mi sono piaciute molto le tue righe ricche di spunti.

    Un caro saluto.
    Matteo

  2. Fra l’altro penso anche molto al senso dello sguardo per una cultura come quella rom che ha sicuramente una visione della memoria e della scoperta delle persone molto diversa dalla nostra. Io penso che noi siamo molto più ancorati alla memoria. Ma ci sto lavorando su questo concetto anche perché voglio scriverci un romanzo sopra.

  3. http://networkedblogs.com/iGjEJ la cassazione consura il TM per discrimniazione etnica

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