Eccomi qua. Siamo al 19 luglio, e sto preparando il post per il 21.
Le idee si sono liquefatte nei preparativi. Non mi aspetto di riuscire a scrivere cose straordinarie, butto giù appunti.
In fondo non avevo bisogno di questa giornata per essere convinta che le cosiddette “buone prassi” siano a portata di mano, e che esista uno stile di azione femminile specifico. Nemmeno mi convincono tutti quelli che tentano di convincermi che uomini e donne sono uguali, che le donne hanno sempre bisogno di parlarsi addosso, di fare rete per raccontarsi quanto è bello esser donne, salvo più scannarsi dieci minuti dopo; che insomma si devono continuamente rassicurare. Nemmeno riesco più nel gioco donna è meglio (lo facevo a 16 anni, inconsapevole come una goccia d’acqua), mi viene meglio declinare la considerazione che prelude una domanda:
donna è diverso, come, perchè, quando, dove?
Che la differenza di genere sia naturale, culturale, contestuale, non importa, c’è, e va trattata, esplorata e compresa nelle esperienze che introduce, tematizza, produce. Certo è una esperienza parziale che va introdotta, in modo che produca cambiamenti, in un mondo pensato più “al maschile” (basti l’esempio della politica italiana).
Ma passiamo alla digressione sulla rete, sono qui che faccio la blogger da tre anni, non certo una veterana, ma una navigatrice indefessa, questo si me lo voglio riconoscere. Così mi sento che donna è diverso, in rete; anche in rete.
La rete per me ha semplificato il mondo attorno, ma lo ha anche reso più liquido e/o navigabile. Ecco la solita metafora del web, rete, mare liquido, come se si potesse navigare in un elemento straordinario, una via di mezzo tra la rete amplificata di un ragno (esplorandone i nodi), e un mondo fluido di comunicazioni, incontri (dentro e fuori/reali e digitali), meticciamenti di idee … interazioni.
Con le donne non solo ci sono stati incontri, ma progetti, pratiche azioni.
Si “chiacchiera”, che è il verbo usato per le parole che sembrano più leggere, in un socialnetwork, prima in due poi tre quattro o cinque. Viene una idea, sembra bella e si passa all’azione successiva. Certo non si può fare così ogni cosa, ma così ho visto nascere giornate di blogging, progetti di lavoro, ricerche, momenti di mutuoautoaiuto, ho visto scambiarsi idee e sostegno; se dovessi taggare questo stile direi leggerezza & profondità.
La rete (stare in rete) insegna moltissime cose, usare nuovi strumenti e metalivelli di comunicazione, permette di seguire le tracce di saperi che si erano dimenticati, di esplorare la casualità dei nuovi, lasciare nuove tracce scritte di saperi emergenti, e da qui (siccome tutto si fa “chiaccherando” – comunicando) nascono incontri, progetti e azioni. E si sa alle donne, lo dice la cosiddetta saggezza popolare, piace la dimensione della parola.
Quindi la prima buona prassi, certo indotta dal mezzo, è questa, questo fare rete tra donne, cultura, professioni, comunicazioni, pappe, pannolini, dubbi, paure, solidarietà, solidità, furiose discussioni, defollow repentini, incomprensioni, confusioni, che a volte diventano saper fare …
Ammettiamolo la questione del 2.0, cioè la trasformazione orizzontale e dialogica pare abbia reso obsoleto il web vetrina, e fatto buon gioco alla questione femminile. Laddove non ci si intruppa in stili troppo maschili (per natura, cultura, abitudine che sia) lavorare/incontrare/fare in orizzontalità funziona. Mentre la navigazione permette di conoscere ricercatrici che vivono oltremanica, scrittrici di blog o di libri, donne normali che vivono ovunque che hanno storie straordinarie da raccontare o uno sguardo innovativo, ottime giornaliste, mamme che si rimboccano le maniche e innovano lavori e inventano luoghi per “altre”, pubblicitarie con una etica inaspettata, precarie geniali, geek girl sagaci e ironiche, e scopri che questa orizzontalità funziona. Anche se non le conosci (eppure le conosci). Ci si trova. C’è qualcosa da fare. Lo si fa.
E’ fortuna, casualità, oppure selezione naturale delle persone che seguiamo, insomma finiamo per “fare cose” solo con le persone che ci corrispondono di più, quelle che svegliano le affinità elettive? No, non sempre, la mia sensazione è che la digitalizzazione della relazioni, ci distoglie in parte, dalle prime impressioni, dandoci la possibilità di muoverci in modo più veloce e meno vincolato ai (pre)giudizi.
Il che rende più fluidi incontri e azioni.
19 luglio 2011 alle 18:26
Ti dico solo una cosa, nel mio periodo nero, quando neanche gli amici più vicini erano capaci di aiutarmi o sostenermi, forse era un periodo nero per tutti, una mia quasi vicina di casa conosciuta attraverso il blog mi ha preparato la minestra di zucca.
Ecco.
La rete, le donne, la praticità.
19 luglio 2011 alle 18:37
: )). la nettezza dei rapporti, e l’aiuto. Bello, e forte.
Pingback: Donne sul web e buone prassi | bloggercreativa
19 luglio 2011 alle 18:40
🙂
19 luglio 2011 alle 18:41
l tuo post precorre il mio … e anche io avrei un elenco di donne che mi hanno folgorato. Insegnando. 🙂
20 luglio 2011 alle 06:52
Questo post è davvero bello, semplice, lineare: condivido, spero che leggano in tante (e tanti!)
21 luglio 2011 alle 16:22
Pensieri “liquidi”, dinamici e alternativi che emergono attraverso una scrittura corale e collaborativa al femminile, mi piace l’idea che l’ipertesto ci conduca nella profondità di storie personali (storie minimaliste o grandi storie, non importa, ognuno avrà sempre qualcosa da dire), percorsi di vita tutti da elaborare con grinta o semplicità.
E anch’io credo che la “digitalizzazione della relazioni” ci renda più libere/i, sia di attingere al nostro mondo immaginifico che di condividere informazioni, idee, emozioni in modo attivo, con slancio e senza pregiudizi. La rete è uno spazio che crea connessioni empatiche ad alto livello e dove tutte/i possono contribuire.
Complimenti per questo post e per il tuo blog!