da #donnexdonne, passando per il mom camp … fino “le nuove professioni delle donne” e poi?
UNO
E’ una domanda cui sono stata condotta e dallo sviluppo del gruppo, e da quel suo ostinato non cessare, dal suo continuare a produrre idee e progetti … ma arriva anche da alcune questioni dubbiose, impertinenti, ostinate che “insistono” a sottolineare come la questione femminile non rischia di non andare da alcuna parte se non diventa questione di genere, abbattimento degli stereotipi, siano quelli si più pelesemente offensivi del corpo delle donne, come quelli altrettanto svilenti dell’intelligenza o dell’indentiità maschile, (cosa che avviene in modo più delicato o subdolo).
Il problema si fa tanto più evidente ragionando in termini educativi, e io lo faccio. Un pò anche solo perché mi “tocca” come operatore, e come madre o perché il mio compagno – maschio – me lo fa notare!
E quindi come si può continuare a dire che i modelli femminili sono sviliti e svuotati di senso, reificati e insipiditi senza – prima o poi – arrivare a riflettere sul fatto che avviene lo stesso per quelli maschili?
Mi sembra che certa comunicazione televisiva, pubblicitaria, politica, lo mostri esponenzialmente, dove l’appiattimento genera “mostri” esattamente come succede il vuoto della ragione. Uomini – diventano – bamboccioni (belli, sexi, scemi), politici – diventano – facilmente corruttibili, latinlover restano annegati nei profumi ma innamorati di un auto. Diventa poi difficile andare oltre, vedere altro, cercare ancora.
Non è inevitabile pensare a cosa succederà con i bambini (maschi), gli adolescenti, i ragazzi, cioè con i maschi che staranno di fianco alle nostre figlie femmine, che magari saranno state sensibilizzate o educate alla dignità di genere?
Come facciamo se il dialogo tra i generi non inizia oggi guardando un oggetto comune, seppure da visuali diverse che possono anche – in alcuni punti o in molto intenti -corrispondere?
DUE
Allora che ne è del senso di donnexdonne .. se l’oggetto sono i generi (per non dire delle buone prassi)?
Forse il bello, e bello lo è per me, del movimento web (siano essi i blog, i social etc) è osservare l’uscita delle donne dalla privatezza di alcune questioni, cercando una possibilità di incontri allargati, un contagio di idee, una capacità (in via di maturazione) nel riconoscere quei bisogni sempre più comuni, e che impongono la ricerca di risposte.
Trovo stimolante l’allenamento alla discussione, che risponde ad una pluralità di possibilità: impegno civile per alcune, politico per altre, più riflessivo per altre ancora. Insomma web come “buona” prassi per allenarsi ad una comunicazione che non è privata, ma pubblica, che non è figlia del parchetto sotto casa, che non è la lamentazione tormentosa di genere.
Ma questo solo è un passo, le varie primavere arabe hanno mostrato in modo davvero potente l’impatto comunicativo di uno strumento mediatico “debole”, (twitter/fecebook etc) anche se usato da soggetti apparentemente deboli, senza voce, o con una voce economicamente meno potente.
La domanda successiva che resta è: e poi, cosa fare poi, dove guardare, verso quali orizzonti?
TRE
Allora andremo a Bologna (con Stefania Boleso), come voce del gruppo #donnexdonne, e forse racconteremo della possibilità comunicativa dei socialnetwork che abbiamo sperimentato, delle donne, delle buone prassi che si cercano, ed è faticoso trovare.
Qualche riflesso di questi pensieri credo sia stato collocati anche nell’intervista che Mara Cinquepalmi ci ha fatto.
7 ottobre 2011 alle 17:07
Capisco bene la tua preoccupazione… allora potremmo diversificare l’azione del gruppo in più di un obiettivo, magari non troppi altrimenti ci perdiamo:
1. segnalazione delle buone prassi tra donne
2. segnalazione delle buone prassi a favore della complementarietà tra generi (abbi pazienza, stasera scrivo male)
3. ? ci sto pensando….
8 ottobre 2011 alle 19:06
Iniziare un dialogo con figure istituzionali, fare attività di lobby perchè passino alcune leggi e prassi fondamentali??
9 ottobre 2011 alle 13:07
brava elena! quoto!
7 ottobre 2011 alle 20:44
a me piace sottolineare il tuo “allenamento alla discussione”. Per me, se hai capito un po’ di me, questo e’ IL punto cardine imprescindibile. Non si discute piu’ molto in giro, si strilla e basta.
O si discute in modo molto molto superficiale, si affida alla campagna virale FB o che altro senza neanche analizzare in fondo che voleva dire. Vedi la campagna contro Vasco e pro Nonciclopedia. Non e’ un problema di chi e’ brutto e cattivo e chi no, e’ un problema che non ci siamo messi davvero a pensare che vuol dire liberta’ di parola e che vuol dire (vorrebbe dire) censura, perche’ non posso pensare contemporaneamente che quel che dice Nonciclopedia (per esempio, sulle donne! Ti dico solo che l’articolo comincia con “Oops! Forse cercavi Oggetto?” e poi va avanti cosi’, se vuoi te lo vai a vedere) e’ segno della liberta’ del web, dei bloggers puri di cuore e liberi di parlare, e nella frase immediatamente dopo indignarmi perche’ l’ennesimo pubblicitario mi apostrofa all’ennesima denuncia di una pubblicita’ sessista l’ennesimo “non avete capito l’ironia”. E non dirmi che il pubblicitario raggiunge un target maggiore, e’ un professionista etcetc: i ragazzini (i piccoli, proprio quelli di cui tu parli sopra come i nostri figli/e) sono dentro nonciclopedia e FB pages (quante ne abbiamo viste tutti!) e queste cose molto piu’ di quanto non pensiamo, formano il loro gergo, il loro mondo, e ahivoglia poi tu genitore a cercare di formargli una coscienza.
Allora, allenamento alla discussione, dicevamo, che quindi solletica e sollecita la mente a pensare per estrapolazioni. Perche’ quello che faccio in donnexdonne, lo skill acquisito, lo applico pari pari per un’altra causa. La compartimentazione non e’ necessariamente un male, e’ uno specializzare il discorso, purche’ poi riesca ad applicare lo stesso discorso, gli stessi basic principles, ad altri contesti.
E allora io posso essere donnaxdonna qui, ma anche cittadinoxcittadino altrove, o mammaxmamma altrove, e perfino bloggerxblogger altrove ancora le regole sono sempre le stesse. Se quindi donnaxdonna riesce ad esportare questo tipo di format, diciamo cosi’, ecco che diventa semplicemente il gruppo di lavoro sulle donne di un gruppo di lavoro piu’ vasto sulla citizenship, per esempio. O sulla condizione maschile: io ho entrambi maschi, e credi che non sia anche per me una pena rendermi conto che devo prepararli ad entrano in un mondo che si aspetta tanto da loro, un mondo dove la competizione impera, e dove boys don’t cry? Dove la perdita della mascolinita’ sembra essere il male peggiore, laddove per noi invece la perdita della femminilita’ diventa un “bel mostrare le palle”? E non comincio neanche a parlare di tutti gli altri generi “in mezzo”.
Ma allargando il discorso, oltre i generi, parlando di societa’ civile: lo stesso disagio che prova la donna che si accorge di essere da sola nella sala del consiglio di amministrazione, lo prova mutatis mutandis quello che dice che no, io la raccomandazione non ce l’ho, e neanche la voglio. Non ho bisogno di specificare che a mio parere i problemi sono collegati a stretto filo: se non ci auto-educhiamo in un contesto, non possiamo pretendere di cambiare le cose nell’altro. Se non capiamo che la battuta su ForzaGnocca e’ si becera, ma deriva dal fatto che si e’ fatta una riunione di parlamento in cui l’ordine del giorno era inesistente, si era li’ solo per un motivo, l’ordine dei lavori non aveva NIENTE di regolare (inclusa la mancanza di testimoni esterni), allora anche denunciare il ForzaGnocca diventa sterile, diventa l’ennesima reazione all’ennesima boutade, ma non siamo cresciuti di un centimetro come cittadini.
Allo stesso modo, se facciamo campagne a manetta per la legge antibavaglio, ma non decidiamo – perche’ no, proprio partendo dalle donne in rete, visto che apparentemente sono quelle che ci lavorano di piu’ – di aprire un discorso serio sulla censura e la liberta’ di pensiero, un discorso che si possa applicare senza imbarazzi e incertezze ai blog che piu’ amiamo E a nonciclopedia, allora abbiamo cominciato una cosa e ci siamo fermati a un passo dal via, pronti a ritornare alla comodita’ del divano.
8 ottobre 2011 alle 06:59
sono d’accordi con Floriana sull’utilità delle “palestre di conversazione”, figuriamoci sono laureato in filosofia e in 5 anni non ho fatto altro con i compagni e con i prof….
Mi sembra importante anche ridare valore alla “compartimentazione” o meglio alla specializzazione delle conversazioni altrimenti rimangono chiacchiere. Sta nelle definizione di conversazione l’avere un oggetto, se non si potesse isolare un argomento per poterne parlare per non violare “la complessità del tutto” rimarremmo paralizzati e senza parole. Oppure diventeremo dei tuttologi senza forma.
Benissimo quindi parlare di donne, di uomini, di cittadini e di altro se poi tutto questi argomenti parlano anche tra loro. Non mi convince però donnexdonne, cittadinoxcittadino o bloggherxbloggher, perchè oltre, al sacrosanto argomento di discussione, definiscono anche CHI ne parla e a CHI si rivolge, per cui questo no non mi sembra una forma conveniente di trattare le cose, in un ottica di fare anche sentire la propria voce.
un esempio che mi viene in mente (magari non troppo calzante ma al sabato mattina presto non chiedetemi di più): alla scuola materna di mia figlia è cominciata l’ora di religione (cattolica ovviamente), l’insegnante è una persona moto carina e gentile, i bambini sono molto contenti di stare con lei, sono tutti contenti, anche i genitori. Noi, non essendo religiosi abbiamo incontrato l’insegnante oltre che per conoscerla, per spiegarle la nostra posizione. Lei ci ha tenuto molto a dirci che non fa fare il segno della croce ai bambini, per cui anche i bambini mussulmani possono seguirla e anche i non religiosi. In tutta questa distensione e armonia però, non possiamo dimenticarci che è l’ora di religione cattolica, non si chiama in un altro modo… forse non si rivolge proprio a tutti in partenza.
Forse un minimo di discriminazione sulla persona lo fa, a partire dal proprio nome.
cittadinoxcittadino va bene per tutti, tutti siamo cittadini (tranne quelli senza cittadinanza) ma bloggherxbloggher mi dice già, oltre all’argomento, che sono i bloggher che si rivolgono ai bloggher, non c’è spazio per altri….forse non si rivolge proprio a tutti in partenza.
detto questo, i bloggher e le donne, ecc possono parlare di loro e tra loro fin che vogliono senza rischiare di offendere nessuno, ma sul piano del far sentire la propria voce agli altri la resistenza si sente. Bisogna chiarire bene l’obiettivo.
8 ottobre 2011 alle 07:05
Monica, se #donnexdonne è diventato un gruppo per il quale siamo qui a chiederci che futuro possibile avrà, con prospettive che spaziano ovunque, il merito è in gran parte tuo. La passione che hai dedicato a questo progetto fin dall’inizio, con generosità, gentilezza e intelligenza, mi ha veramente colpito. Davvero!
Trovo lo strumento molto “democartico” perchè mi permette di tenermi aggiornata su quello che più mi interessa in questo momento, rapidamente, con un colpo d’occhio generale e poi se mi va (e il tempo a disposizione me lo permette) posso approfondire sui vari blog.
Una cosa mi chiedo spesso….c’è una possibilità di ricondurre in qualche modo il gruppo nel movimento di SNOQ? Magari con una forma legale associativa? Credo fermamente che in un momento del genere l’unione sia l’unica arma di difesa. Paola-AuraF72
8 ottobre 2011 alle 07:32
ma non credi, Marco, che tutti i “cosoxcoso”, in virtu’ della loro ragione sociale (aiutarsi ad analizzare il problema e riportarlo all’esterno) siano molto piu’ funzionali in questo modo? Un gruppo, per dire, di supporto mutuo di malati di cancro risulta molto piu’ utile ai suoi stessi membri se parla di cose conosciute di prima mano. E’ un gruppo diverso, questo, da quello che ha come ragione sociale la sensibilizzazione del resto della comunita’ alle problematiche dei malati di cancro. Se vogliamo ha anche competenze diverse. Il tuo esempio della scuola della bimba ancora mi evidenzia il problema della mancanza di definizione del gruppo, riportandolo nella nostra terminologia, il catechismo sarebbe il cattolicoxcattolico, ed e’ giusto che sia cosi’, il gruppo scolastico e’ il gruppo dove si esce verso l’esterno, dove le parole devono (devono, e tutte! non solo il segno della croce) essere mediate dal fatto che si parla ad una comunita’ piu’ ampia. Da una ricerca davvero non esaustiva e “molto googlica” sembra che l’Italia sia zeppa di gruppi di sensibilizzazione sulle tematiche femminili, ma manchi proprio di gruppi di supporto mutuo, manchi l’associazione “women in computing”, o “women in politics”, che poi sono ulteriori specializzazioni del donnexdonne.
8 ottobre 2011 alle 07:50
ma quindi il “futro possibile” non è un futuro altro? va bene cosí, è l’esperienza in sè che è da salvare e conservare? mi pare però che nel confronto con l’altro entri in crisi questa cosa (vedi bologna): non si sa nominare con chiarezza cosa si è fatto e cosa si può fare, non si sanno quali sono le buone prassi emerse…. tu dici è una buona prassi in sè, forse è vero, meglio del divano. 🙂
8 ottobre 2011 alle 08:23
Cosa si intende per “divano”? Esiste davvero? Io vedo in questo gruppo donne che si fanno in quattro tutti i giorni per far funzionare la loro quotidianità e che trovano il tempo per essere attive o attiviste in rete per la difesa di quelli che ritengono diritti irrinunciabili. Più di questo si può fare? Certamente…e i gruppi come questo, neonati, si stanno attrezzando. Paola
9 ottobre 2011 alle 13:14
Devo confessare una cosa: mi sento come ad una delle interminabili riunioni alla mia associazione (dalla quale mi sono appena “sciolta”) che rimangono una lunga fila di parole, interessanti e piene, ma senza risultati, senza fatti. E’ un mio limite, quello di voler pragmatizzare ogni cosa. Ma è anche un limite tutto “sinistramente” italiano, quello di fare il contrario.
Dopo l’avvio, la partenza, l’ottimo seguito di questo gruppo su FB – donnexdonne- e trend su twitter e sul blog e dopo i primi interventi di Monica e stefania (interviste, partecipazioni,ecc.), io direi, come tempo fa ho provato (abbiamo provato) a ribadire, riflettendoci su tutte assieme: possiamo passare ai fatti? Ad uno “statuto”, ad una definizione? Cosa fare, come occuparci di cosa? I blog, soprattutto Divergenti, mi sembravano una buona pratica per restringere il “campo” e magari lasciare che FB si possa considerare un luogo di discussione cumune sulle donne, sullo svilimento della ns figura, sulle alternative possibili..forse può rimanere questo il gruppo FB di donnexdonne.
Io mi ci sono adeguata e ora mi sembra carino, proprio come intende Floriana. Anche se tempo fa cercavo di non mettere qui troppa carne al fuoco, tentavo di scremare i post che avrei pubblicato in questo spazio FB, lasciandomi guidare dalle altre, da Monica, da chi aveva idee più chiare di me. Però ora vedo che questo è il flusso che ha preso il gruppo FB, e forse ci si sente bene qui, a proprio agio, come diceva Aura F12. Allora, lasciamo a FB questa azione “superficiale”, generica (vorrei virgolettare tutto, perchéi termini non vanno presi in senso proprio, stretto, non è ciò che intendo) e un gruppo, qualcuno, chi se la sente-già ad es vedo Monica e Stefania a rappresentarci in alcune manifestazioni- provi (proviamo) a concretizzare, a porre su carta i ns scopi, obiettivi, un po’ come si fa quando si redige uno Statuto.
E’ un ottimo esercizio, come quello delle 5 W che fanno i giornalisti. Proviamoci.
10 ottobre 2011 alle 07:04
Anche se non si direbbe, forse…mantengo una grande componente pragmatica 😉
D’altra parte sono consapevole che non tutto puo’ dare frutto nel breve periodo….insomma, credo che per certe questioni possa essere utile inserire una dimensione temporale. Il tempo, infatti, è almeno per me, una grande coordinata per lo sviluppo dei Progetti.
Credo anche io che SNOQ sia un punto di contatto importante a cui potersi ancorare da un lato e stimolare dall’altro (perchè rimanga in contatto con il movimento “dal basso”).
Come azioni possibile a medio termine, rilancio quanto scritto su FB, ovvero connettersi con iniziative culturali da rinnovare ma che mantengono un potenziale (tipo 8 marzo, o il I maggio)per organizzare iniziative culturali “sponsorizzate” anche da DonneXDonne…come ad esempio, l’iniziativa sperimentata lo scorso dicembre a Milano dal titolo “Amazzone o Penelope” che mira a restituire uno sguardo “molteplice” sul femminile e sul rappoorto femminile-maschile.