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Tutti quei dubbi che non dovresti (vorresti) avere

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Due titoli e due articoli
La violenza sulle donne: un eccidio. Perché non turba quanto dovrebbe?

La tempesta dentro: amore e tormento nelle storie delle madri infanticide.

Non bisognerebbe avere dubbi. E giudicare male gli uni e le altre. Mostri cattivi: gli uomini che uccidono le donne e le donne che uccidono i figli.

Assassini gli uni e le altre. Cambiano solo i numeri.

Ma non muta la la nostra coscienza, nè la nostra responsabilità.

Drammi umani. Stay human, resta umano, come avrebbe detto Vittorio Arrigoni. Colpevoli e carnefici, abbracciati stretti in uno stesso paradigma, di morte e violenza; che ci liberano dalla colpa.

Come ci liberano dalla colpa i quotidiani suicidi, figli della crisi. Uomini non visti, e che scivolano lentamente verso la scelta di morire. Tutti uomini.

Paradossalmente si rivelano sempre per essere i più fragili e i più violenti. Che ci sia un nesso? Ci vuole molto coraggio, troppo coraggio, per vivere, e per sopravvivere.

Ci vuole troppo coraggio per non uccidere. Il coraggio di fermarsi.

Il coraggio di fermarsi davanti a chi, evidentemente più fragile fisicamente (donna, bambino, rom, povero, disabile, migrante) è proprio per questo paradosso, immensamente più potente.

Non so come funzioni il meccanismo, ma è certo che funziona. E’ facile trovare il coraggio per non picchiare un uomo grande e grosso, forte, attento, pronto alla difesa e all’azione. Lo è meno, meno facile trovare il coraggio per non “picchiare” uno debole ed indifeso, che chiama in noi alcune virtù (calma, intelligenza, amore, cura, attenzione, coraggio, forza, prospettiva, immaginazione) .. che se non ci sono …. non fanno che innalzare la potenza dell’altro. Evocando il mostruoso che c’è (anchein noi). Mostruosi, lo siamo se non abbiamo queste doti, e se non le possiamo evocare, non le ritroviamo, non le abbiamo nemmeno mai sentite nominare.

Per me, lo ammetto, di essere in contro tendenza, i femminicidi non sconvolgono così tanto.

E non dovrei!!! 😦

Sono donna, mi interessano questi temi, mi interessa la questione delle donne. Sono io che non mi indigno abbastanza, in fondo ammazzano una come me, del mio stesso sesso, della mia stessa forma? Eppure no, non indigno di più?

MI INDIGNO …  ALLO STESSO MODO.

Mi indigna l’imprenditore che si suicida, e che una figlia giovanissima debba salvare il padre dal suicidio, impedendolo. Mi indigna pensare che le multinazionali del farmaco e della chimica facciano cose indegne con la nostra salute. Che lo stato italiano abbia “permesso” lo scempio di Genova al G8, e la tragedia in mare degli migranti e nei lager che sono i CTO, che la protezione civile sghignazzi davanti all’Aquila che crolla. Mi indigna quello che è successo a Casale Monferrato con Eternit, e qui a Broni (e le migliaia di morti che ancora pagheremo all’amianto), mi indigna che non si controllino i picchi di morti per tumore attorno ai grandissimi impianti industriali, e che si debba morire ancora per lavoro, mentre qualcuno ci si ingrassa e ne trae benefici. Ogni frammento di questi mi turba e disturba. Una violenza concessa e assistita.

Perché quello su cui voglio e posso so-stare sono  i diritti, tutti i diritti, tutti quelli negati. Ogni giorno. Diritti negati che sanno di violenza e prevaricazione, e tutti quei diritti negati che generano morte e violenze (anche meno eclatanti) a lungo termine.

Dopo due …  tre  … dieci … venti anni … Come se i diritti negati e le violenze (tutte) fossero un cancro che si propaga e autoalimenta, divorando(ci) il futuro.

Come donna, cittadina, madre, sono convinta che la violenza sia “il nostro figlio malato “(nostro >> delle nostre società) che va capito ma cambiato, e fatto crescere, ed evolvere diversamente. Che va riconosciuto come nostro, ma non scotomizzato e visto solo nell’alterità (ai razzisti espliciti questa azione viene benissimo). Va incontrato (e visto) per trasformarlo, nelle azioni quotidiane, nei luoghi di cultura, nello stato, nelle aziende …

Questo, io credo, sia il mio minimo ma migliore contributo: non farne solo una questione di genere, o farlo solo quanto lo è davvero, e non sempre lo è.

Ma farne una questione collettiva e di cultura.

Che questo si, come donne ce lo hanno insegnato bene, a fare i conti con la nostra violenza (non si può e non si fa), a non distruggere il mondo ma ad averne cura, a farlo crescere, a deviare la violenza interiore e usarne la parte di forza che ne fa parte, fino a crescerla come forza interiore. Per partorire, accompagnare nella malattia, crescere tutti i figli (belli e brutti, amati e meno amati), sopravvivere vive alla vita o alla morte di chi si ama, sopravvivere ad un figlio che non c’è più, per curare il corpo dei defunti. Un saper, non sempre voluto, che ci portiamo dietro da migliaia di anni, raffinato ed evoluto, che può diventare paradigma e insegnamento di una società più equa. ….

8 thoughts on “Tutti quei dubbi che non dovresti (vorresti) avere

  1. A noi donne insegnano anche, con l’esempio, le madri, ad usare quella conoscenza(superficiale, l’ho scoperto poi) dei sentimenti, come strumento di offesa (mai chiamata tale) nei confronti degli uomini che dei sentimenti non sanno nulla o quasi.
    Strumento di offesa che si chiama di volta in volta : instillazione di senso si colpa o inferiorità, lacrime manipolatrici,parole taglienti e via discorrendo.
    A trent’anni, ho scoperto però di non sapermi destreggiare con i miei sentimenti al pari di qualsiasi uomo.Di saper “usare” in qualche modo, quelli altrui- più facilmente con gli uomini , sprovveduti in questo senso- ma di non saper destreggiarmi con i miei.
    Non c’è una saggezza “infusa” nelle donne, non c’è sempre una non-violenza “di genere”.
    Mio figlio (maschio -19 mesi) non sa ancora parlare bene e per esprimere il suo dissenso, prova a schiaffeggiarmi.
    Non lo mapostrofo con un “cattivo” ma provo a fargli capire cosa sente e come esprimerlo, a parole.
    E’ una lunga strada.Ma abbiamo iniziato a percorrerla,io e lui, esseri umani,prima ancora che donna e bambino.

    • Esattamente, c’e’ una violenza anche nelle donne, meno operativa ma altrettanto rischiosa; ne hai nominato una forma molto bene (fra l’altro me l’hai resa chiara, non l’avevo mai colta in questo modo, ma hai davvero ragione!).. Insomma strada da fare ne abbiamo da fare tutte e tutti

  2. A noi donne insegnano , con l’esempio, le madri, ad usare quella conoscenza(superficiale, l’ho scoperto poi) dei sentimenti, come strumento di offesa (mai chiamata tale) nei confronti degli uomini che dei sentimenti non sanno nulla o quasi.
    Strumento di offesa che si chiama di volta in volta : instillazione di senso si colpa o inferiorità, lacrime manipolatrici,parole taglienti e via discorrendo.
    A trent’anni, ho scoperto però di non sapermi destreggiare con i miei sentimenti al pari di qualsiasi uomo.Di saper “usare” in qualche modo, quelli altrui- più facilmente con gli uomini , sprovveduti in questo senso- ma di non saper destreggiarmi con i miei.
    Non c’è una saggezza “infusa” nelle donne, non c’è sempre una non-violenza “di genere”.
    Mio figlio (maschio -19 mesi) non sa ancora parlare bene e per esprimere il suo dissenso, prova a schiaffeggiarmi.
    Non lo apostrofo con un “cattivo” ma provo a fargli capire cosa sente e come esprimerlo, a parole.
    E’ una lunga strada.Ma abbiamo iniziato a percorrerla,io e lui, esseri umani,prima ancora che donna e bambino.

  3. A noi donne insegnano anche, con l’esempio, le madri, ad usare quella conoscenza(superficiale, l’ho scoperto poi) dei sentimenti, come strumento di offesa (mai chiamata tale) nei confronti degli uomini che dei sentimenti non sanno nulla o quasi.
    Strumento di offesa che si chiama di volta in volta : instillazione di senso si colpa o inferiorità, lacrime manipolatrici,parole taglienti e via discorrendo.
    A trent’anni, ho scoperto però di non sapermi destreggiare con i miei sentimenti al pari di qualsiasi uomo.Di saper “usare” in qualche modo, quelli altrui- più facilmente con gli uomini , sprovveduti in questo senso- ma di non saper destreggiarmi con i miei.
    Non c’è una saggezza “infusa” nelle donne, non c’è sempre una non-violenza “di genere”.
    Mio figlio (maschio -19 mesi) non sa ancora parlare bene e per esprimere il suo dissenso, prova a schiaffeggiarmi.
    Non lo mapostrofo con un “cattivo” ma provo a fargli capire cosa sente e come esprimerlo, a parole.
    E’ una lunga strada.Ma abbiamo iniziato a percorrerla,io e lui, esseri umani,prima ancora che donna e bambino.

  4. Ho dovuto registrarmi con l’e-mail del mio compagno perchè ho un blog (chiaranonmente@wordpress.com) su wordpress e mi chiedeva di accedere al mio account ma qui da lavoro ho dei filtri e non posso.Grazie!

  5. Ho buttato un occhio agli altri tuoi blog.
    Ho anch’io una famiglia a strati!Oltre a mio figlio, due figliastre.
    L’essere fuori dai canoni (per ora!), è una spinta fortissima ad indagare su se stessi e le proprie ragioni.
    Se fossi stata una moglie e madre convenzionale, probabilmente sarei caduta dritta dritta dentro certi schemi vittima-carnefice vittima,con il mio compagno, con i miei figli,e ne sarei uscita chissà quando.
    L’essere una matrigna, prima ancora che madre, è stato in un certo senso, una benedizione.Mi ha messo davanti ai miei irrisolti, ai miei limiti e ho dovuto affrontarli subito.Pena la sopravvivenza.

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