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Vendendo patate

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Ormai spesso si legge che le “femministe” sono stufe di vedere che gli attributi sessuali femminili sono ormai l’unico modo per vendere qualcosa. Anche questa è comunque una banalizzazione giornalistica che fa assai comodo. 

E in effetti di esser stufi ce ne sarebbe ben donde.

Se non che, talvolta, si insinua il dubbio che inavvertitamente si guardi il dito, invece della luna.

La pubblicita’ e la comunicazione mediatica (nasce prima l’uovo o la gallina?) ci introducono ad un mondo ipersessuato, iper amoroso, colmo di sentimenti belli/brutti e spesso melensi, e di luoghi comuni e stereotipi grossolani, che impacchettano tutti in una gabbia piena di banalita’ e stereotipie. Anche i migliori spesso non sempre sanno sfuggire tale destino.

Se come donne ci infastisce davvero questa deriva della pubblicità, dovremmo allargare lo sguardo ai vari messaggi subdoli della pubblicità, tutti quelli che sviliscono non solo i corpi, ma anche le nostre menti, ipertrofizzando certe professioni, annichilendo e ingrigendo il mondo dei bambini, insultando ogni forma di cultura dell’alimentazione, o dimenticando l’impatto sull’ambiente dei consumi che ci propongono.

Messaggi che insultano non solo i corpi e gli attributi sessuali femminili, anche se certamente sembra che in Italia si osservi il peggio deteriore del machismo ignorante, ridicolmente ancorato alla “dolce vita e “agli italiani lo fanno meglio”, ma più genericamente insultano, con l’ignoranza che fanno trasudare, tutti quanti. E noi ci facciamo ingaggiare da una spudorata doccia emotiva che ci rimbecillisce, descrivendoci al nostro peggio. Tutte e tutti.

Crescita culturale? Chiediamola per tutti. Che a spenderci un poco di tempo ci sono molti messaggi da contestare …

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