Nel viola profondo
If you’re drowning you don’t clutch no straw no
If you’re drowning you don’t clutch no straw
You don’t want to live don’t want to cry no more
Due ore fa.
La bacchetta colpisce ritmicamente il piatto, il suono esce pulitissimo, dallo smartphone. Le chitarre elettriche graffiano l’aria della stanza, e la voce, è pura carta vetrata.
ACIDO SOLFORICO.
Scrivo sul quadernino: a c i d o s o l f o r i c o. La musica è acido solforico.
Headbanging, durante il brano. Guardo la mia ombra sul muro, i capelli, lunghi, magari non tanto puliti, che disegnano il ritmo. Controllo il tutorial di wikihow, lo sto facendo bene.
Ancora prendo il mano il quaderno.
Scrivo e ricopio: acido soloforico – a c i d o s o l f o r i c o, a c i d o s o l f o r i c o, a c i d o s o l f o r i c o, a c i d o s o l f o r i c o, con la mia calligrafia migliore.
Lascio un poco di spazio e aggiungo “procrastinazione”, provo a farne una tag.
La mia strizza dice che sono un tipo che procrastina. È passato ancora un po’ di tempo.
Domani e la versione di greco sono ancora lontani.
Il brano in modalità repeat continua a suonare, sul cellulare. Che sta affondando lentamente tra i cuscini del divano. Il suono è diventato lontano, ovattato. Ma non graffia più. Lo lascio scivolare giù.
Il ronzio saltuario delle chat, tradotto in vibrazioni, si trasmette dai cuscini.
Ci fosse mia madre, in casa, mi urlerebbe di rispondere o togliere il ronzio. Ma quel suono saltuario mi fa compagnia, mi rassicura.
Il mondo ronza, e lo so dal mio divano e dal cuscino, di un assurdo color viola. Secondo mia madre è un colore chic. Per me è un colore faticoso, ma almeno il cuscino è grande, di velluto, ed è pure comodo. Ci affondo la testa. La sotto, da qualche parte, si è disperso il cellulare. Caduto in un oblio viola.
Fra un po’ rientrano i miei dal lavoro, credo che mi farò una dormitina. Il quaderno scivola a terra.