Fate voi, io lavoro nel campo dal lontano 1989, “nei servizi sociali” veleggiando tra disabilità, handicap, disagio mentale, e socioeconomicoculturale, istituzioni, cooperative, servizi, scuole, minori, disagio, e fatiche, psicologi, giudici, fisiatri e fisioterapisti, famiglie, drammi, abusi, incuria, amore, cura, problemi economici, assistenti sociali, consorzi e comuni, cura, igiene personale, progetti educativi, professioni e professionalità forti e deboli, tra interessi umani e subdole contrattazioni. Si potrebbe dire fra miseria e nobiltà.
Un lavoro che spesso mi restituisce il significato di restare umani, nella sua complessità, per via di quella costante sorpresa di trovare il meglio dove tutti credono vi sia il peggio e di trovare il peggio dove, a rigor di logica, dovrebbe starci “il” meglio.
Un lavoro, come molti, ma vissuto sempre in equilibrio, tra gli abissi che noi umani costruiamo per noi stessi, e i ponti meravigliosamente precari che costruiamo per attraversarli senza caderci dentro, ricordando che l’abisso può essere attraversato, a patto di non “flirtarci troppo”.
Berlusconi ai servizi sociali è, a mio avviso, un offesa per me e il mio lavoro, per i miei colleghi e la nostra fatica, per chi, come famiglie e utenti dei servizi, tentano l’attraversamento dell’abisso e della faticosa vita che gli si è appiccicata addosso.
Una offesa profonda alla serietà che i servizi sociali mettono in campo per reggere e rilanciare le vita faticose. Nessun servizio si merita quella presa – (presenza) in giro…

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