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educhiamo uomini migliori

In effetti avrei potuto scriverlo sul blog di lavoro, questo post.

Ma mi sarebbe costata una faticaccia bestiale, perché non avrei potuto scrivere le cose semplici, e magari come mi vengono, a pancia; ci avrei dovuto trovare come minimo una bibliografia, fare ricerca, documentare ogni pensiero. Ma qui sono un po’ a casa e mi gioco i pensieri com migliore leggerezza.

Perciò estraggo il povero blog, impolverato, e ci metto dentro qualcosa in fretta e furia.  Scrivo a raffica, e quindi  ci lascio gli errori, ma i pensieri che mi guidano non sono poi così casuali o poco curati.

Eggià. Ho messo in fila, di recente, le storie di un tot di uomini (amici maschi/conoscenti/vicini etc) che si sono ritrovati alle prese con le classiche crisi di coppia e separazioni; alcuni in virtù di una serie di vincoli, di lavoro, mutui, figli, impegni, doveri si tengono moglie e soprattutto i cuori spezzati. Si sentono tristi, poco o male amati. Alcuni non vogliono o ne sanno parlare, non capiscono come trovare la soluzione per stare meglio insieme.

Eggià. Che poi è strano pensare che (anche) loro, in un dialogo sull’amore che si perde nella complessità del mondo veloce che ci tocca, hanno bisogno di amore.

La faccenda che (anche) loro si perdono nell’amore sarà pur vera, viste le tante canzoni di amore che scrivono. Gli uomini, i cantautori, i rocker, i musicisti. Com’è che ne scrivono tanto bene, trovando le note che toccano il cuore? E poi, davanti alla realtà vera, alla vita vissuta si impiastrano nei peggiori casini.

A volte si ammalano persino d’amore, almeno così si raccontano, per sogni e desideri non corrisposti. A volte mettono una sorta di pezza, e si impegnano in storie extraconiugali, assai spericolate, ma alla fine sono incasinati perché hanno ancora il cuore in briciole.

Ma nessuno glielo ha mai spiegato? Che va bene, che si può avere il cuore in briciole, o polverizzato in frammenti infinitesimali di vetro, non più ricomponibili e che si può esigere di più dall’amore, ma anche che non c’è obbligo di restare impegnati in storie irrealistiche, aspettando eternamente che la ranocchia diventi principessa.

Ti raccontano che l’amore è sacro, o che la moglie ne avrebbe il cuore spezzato (dal divorzio), o che non sarebbe capace di vivere senza di lui, o quanto meno non saprebbe cavarsela senza con il suo simulacro: un cognome da donna sposata.

Ti fanno vedere come preferiscano esser loro con il cuore spezzato che non lei, sono loro a trascinarsi in storie tristi e sofferenti, malandate,  fuggendo a tratti in scarne vie di fuga. Che le principesse mogli/fidanzate sono fragili.

Davvero?

Ma le statistiche non dicono che sono le donne ad essere più brave a lasciare, a imparare a cavarsela da sole, a vivere nonostante. A rivendicare il diritto ad un amore decente?

Allora questi che sono gli uomini migliori, visto che i peggiori sono quelli che ammazzano le compagne, perché hanno una visione dell’amore come fatto di proprietà, devono imparare anche a saper stare soli e scegliere di dare valore a se stessi e al proprio bisogno di amore. Non è questo il nuovo patto sociale? Abbiamo la possibilità di sceglierci, di amarci, di stare insieme, di tentare di dare dignità e valore all’amore scelto, di salvaguardarlo e di declinare se il patto non funziona, ma abbiamo bisogno di imparare a farlo, uomini e donne, allo stesso modo, senza barare; anche se con i sentimenti è un bel pasticcio.

Eggià. Bisogna che questi uomini pur sappiano che (anche) alcune donne amano male, alcune (ancora) si si sposano per spuntare la checklist, o per il gene egoista, o perché insieme è meglio che sperimentarsi a stare da sole, perché meglio avere i figli e un abito bianco ad ogni costo, fa status sociale.

Poi c’è sempre quello che si distingue, vuoi perché fa il triplo salto mortale carpiato e trasforma una crisi in una possibilità e allora tu vedi quelle belle coppie, che brillano e illuminano. E sai che a volte la fortuna dell’amore si costruisce insieme, anche riconquistandosi tra i cocci. E ci sono le perle rare che chiudono un matrimonio/convivenza senza amore, e accettano di pagarne tutti i costi; senza nemmeno usare la scusa di una amante che fa premura (diciamocelo che questa dell’amante scaccia moglie) non è una strategia particolarmente simpatica o brillante.  Avete idea del casino? Cambiare casa, smazzarsi la faccenda di soldi, lavoro, mantenimenti, avvocati, scazzi,  figli in crisi, genitorialità da rimettere insieme? Niente di straordinario, diranno le donne, si fa sempre così: infatti si dovrebbe fare così.

Forse la capacità di amare che abbiamo in dote, è capacità di cura dell’altro, della relazione, e dell’amore su un piano di parità e a partire dalla capacità di cura e amore che dobbiamo a noi stessi. Uomini e donne che siamo.

Ma pare che ci voglia un po’ di scuola per impararlo.


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#25novembre

#25novembre

E poi un giorno un uomo strattona/colpisce con violenza la sua donna, e la colpa è sua, di lei … che non ha fatto (o ha fatto/detto) una qualsiasi cosa.

Lei, nelle parole dell’uomo è la causa, è la genesi, la colpevole dell’esercizio di quel gesto violento…

Lei ha “strappato” fuori da lui, quel gesto, glielo ha “imposto”.

Lui resterà convinto di “esser vittima”
di lei, della rabbia che gli ha procurato, e si sentirà sereno di essersi legittimato al gesto violento.

Saremo tutti molto fortunati se un giorno quell’uomo capirà.
In Italia esistono i centri di aiuto per gli uomini maltrattanti, che accompagnano gli uomini a comprendere e a non scegliere i gesti violenti.

10-dell-and-windows-bianco

Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. 
25 nov 2013


3 commenti

La scuola senza donne

Come non quotare queste riflessioni sulla scuola?

Ma aggiungiamoci anche un pezzetto. Che si legge nell’aspettativa che dall’alto qualcosa di muova, e per una illuminazione di ordine superiore, i programmi scolastici cambino.

Eppure …

Eppure le scuole sono “abitate” professionalmente, in numero maggiore, da donne (dalle dirigenti alle bidelle).

Eppure …
Sono in maggioranza le donne che educano e insegnano a bambine e bambini sin dall’infanzia.

Eppure … A fronte di una classe politica vecchia e misogina … La potenza numerica delle donne nella scuola non vale nulla.
Si dira’ non si possono sovvertire le regole, i programmi, gli stili istituzionali…
Mille scuse legittime si potranno accampare. Con una buona dose di ragioni!

Eppure anche senza programmi si potra’ raccontare del valore dell’esser donne, del saper insegnare e trasmettere, di donne che han fatto “buone cose” anche in assenza di sufficienti informazioni, scritte sui libri.

Pensando che potenzialmente tra quelle bimbe e quei bimbi, ci sono i futuri autori/autrici, dei libri di testo, i ricercatori e le ricercatrici, le donne e gli uomini della politica, della cultura e tutti quelli che cambieranno “in potenza” ciò’ che accadrà.

E’ un bel potere da esercitare con responsabilità ed intelligenza, ma e’ da li’, da quella scuola che tutti siamo passati e passeranno i nostri figli.

E mentre attendiamo che qualcosa lassù succeda, nulla ci vieta di agire, quaggiù, nel piccolo e nel qui ed ora.
Preparando un futuro persone (uomini e donne) capaci di stendere programmi ministeriali e di esame, di concorso, di studio più’ rispettosi della complessità culturale e del ruolo sociale delle donne …