PONTITIBETANI

Zone Temporaneamente Autonome


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Shine on you crazy diamond

Quando diventi grande ringrazi di essere uscita dal lungo tunnel dell’adolescenza, dall’incertezza, dalla fragilità di essere sempre senza sicurezze e senza pelle. E ringrazi che qualcuno/qualcosa, invece, allora abbia impresso indelebilmente nella tua vita cose come questa. Un tatuaggio musicale che rivolta il cervello e lo stomaco, quasi come se a passare fossero stati milioni di anni, e secondi insieme. Eppure sei ancora lì.

Remember when you were young

You shone like the sun.

Shine on you crazy diamond.

Now there’s a look in your eyes

Like black holes in the sky.

Shine on you crazy diamond

You were caught on the cross fire of childhood and stardom,

Blown on the steel breeze.

Come on you target for faraway laughter

Come on you stranger, you legend, you martyr, and shine!


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Autonomia tra ingenuità, attenzioni, e libertà di essere ciò che si è

Cosa fa un “buon” genitore? Fornisce diversi gradi di autonomia, ai figli, commisurandoli con le capacità raggiunte dai pargoli, rapportandole all’eta’ e al contesto esterno. E monitorando, a distanze variabili, come questi i muovono in termini di autonomia.

Sapendo sempre che dovrà sentirsi un babbione spaventato, un paleontosauro, una/o che non “da” la giusta misura di fiducia.

Va bene così. Certo che è un lavoro che prevede una certa scientificità, che va oltre le doti di autonomia del figlio/a (che pure saranno valutate con cura)

  1. età e sesso
  2. dove il pargolo/a si muove? territori conosciuti o meno?
  3. in gruppo o meno (con coetanei, compagni più piccoli? più grandi?)
  4. in presenza di adulti affidabili o meno, cui delegare una occhiata consapevole
  5. è possibile un monitoraggio a distanza?
  6. c’è la reperibilità telefonica? (in entrata e in uscita)
  7. monitoraggio dei tempi di rientro all’ovile
  8. valutazione del grado di autonomia, della capacità del pargolo/a di saper stare nei contesti, capacità di attenzione ed intuito.

Detto ciò se il pargolo è in realtà una pargola nella fase adolescenza in transizione, i dubbi si affiancano alle procedure di controllo.

E tutto si pervade di una considerazione smarrita, come cavolo si fa spiegare che:

  • “gli altri ” (anche quelli amichevoli) vanno soppesati, esaminando i fattori di rischio,
  • questi stramaledetti dati sulla violenza verso le donne, dicono che questa è in aumento
  • che l’intuito va affinato di continuo, e che ci sono rischi e rischi
  • che tanto il coraggio che la paura vanno esercitati così come l’intelligenza
  • che è fondamentale mettersi alla prova, ma la roulette russa può non essere una bella idea
  • che il corpo è fondamentale per provare piacere, sentirsi vivi, imparare, sperimentare, ma il corpo è anche “tuo” e in quanto tale va trattato. E a parte te nessun’altro saprà esattamente fino a che punto averne cura (tu sei il tuo corpo, non “hai” un corpo)

Acc!


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Ma vacci tu, a scuola

Ho una figlia, la grande, che galleggia svogliatamente nelle aule di una qualsiasi terza media, ma ciononostante ancora trasforma in esiti positivi le ore di studio.

In ogni caso, in quel limbo scolastico, si (probabilmente) nebulizzano sostanze psicotrope quali noia, fastidio e disgusto, offerte equanimemente a “prof” ed alunni.

Sarà il caso, sarà il piccolo paese, sarà la provincia, il provincialismo, la lomelina, il pavese, la pianura, la gelmini o il tunnel di neutrini, saranno i ragazzini, saranno le famiglie … ma quella scuola è un luogo di perdizione: si perde tempo, passione, piacere, voglie.

Hai voglia a fare la rappresentante di classe, non c’è speranza, e prima o poi entri anche tu nel tunnel dell’apatia.

Una luce flebile si intravvede, sono i giorni degli openday … Evvvvai!!! Si va per licei.

Immagine | design d'autore "... through the mist"Immagine | design d’autore “… through the mist”

Un turbinio di emozioni (materne) e ricordi fragranti come una brioches appena sfornata: occupazioni, manifestazioni studentesche, l’odore dei tram di Milano, la focaccia alle cipolle, la consistenza dei libri, la carta patinata di alcuni libri, i pennarelli colorati, la prof. di filosofia che ti fa innamorare di Eraclito e la compagna Simona che ti trascina a vedere quello carino della classe accanto, le tegole intravviste dalla finestra, studiare al parco d’estate. E le frustrazioni e i fallimenti, gli inciampi, eppure i liceo è tutto lì; un tempo magico dello studio. Nonostante. Mai vuoto o noioso.

Ma dovrei chiedere alle mie tante amiche/colleghe psico cosa succede. Non alla figlia, legittimamente presa dal panico, davanti alla scelta, una scelta che fa paura non tanto perchè ineluttabile, ma perchè obbliga a decidere, a imparare a differenziare, pensare, decidere, soppesare.  Io la rinfranco: ‘ché la vita, per fortuna, è rivoluzionaria e rivoluzionante. Il triplo salto carpiato, in fase di iscrizione all’università, è sempre lecito e plausibile. Il problema, per la figlia, è la scelta che indica che ora è possibile scegliere, e che il limbo, ora, lo si deve abbandonare.

Il problema per la madre è la stesso, scegliere; in una diversa declinazione nell’accompagnare alla scelta, nel dosare assunzione di responsabilità (mia) e libertà di espressione (sua), nel sapersi giostrare tra necessità di tutela e di spinta all’emancipazione. Ma una cosa mi è diventata chiara, dopo due mesi di crisi (vera) materna, la genitorialità impone sempre di ri-attraversare le proprie scelte, quelle dei propri genitori, per riattualizzarle o stravolgerle per una figlia che si impara a ri/conoscere di nuovo, non solo alla luce di quello che sa e vorrebbe studiare. Guardandola tra luci e penombre, pensando a quello che la strada della scuola gli potrà insegnare, spingendola lontano, verso altri mondi e saperi; inequivocabilmente diversi da quelli sino ad oggi masticati in casa….

E la madre, si ritrova in crisi e confusa, su un metalivello (s’intende, essere adulti ti ci  obbliga) ad essere in crisi anche sui metalivelli, in bilico sulle ambivalenze, in crisi con ambiguità …

In crisi come lei, quasi quattordicenne, che un pò comincia a scegliere per se, e tu che devi capire come e cosa scegliere, per quella lei che non è più piccina, per la donna che potrebbe essere, per quello che altri potrebbero insegnarle facendo convergere gli sguardi insieme, in modo nuovo, usando nuovi codici e nuove lenti.

Alla fine però, all’alba dello scegliere, scopri che anche tu stai indossando nuovi sguardi, e imparando che dovrai (saper) scegliere di meno e lasciare (andare)di più.