Vabbè si vede che bisogna sempre togliersi qualche sassolino dalle scarpe, e provare a dire la propria. Il silenzio rischia di legittimare uno stile brutto, fuorviante e poco chiaro nel dire le cose.
Uno:
fare la madre è una faticaccia. Una bellissima fatica. Una fatica moltiplicata da titoli cretini come questo (l’articolo NON dice ciò che il titolo promette), e per fortuna. E’ faticoso saper scegliere, orientarsi e alle volte capire cosa è importante.
E sul latte materno si giocano guerre atroci e scorrette:
da un lato le aziende che producono i latti in polvere che pompano i propri interessi, a volte come nel famoso caso della Nestlè , e per le quali fare i propri interessi diventa quasi doloso.
da un lato la rivendicazione dell’allattamento materno come migliore alimento nella primissima fase della vita finisce per essere giocato sulla pelle delle madri che a seconda del punto di vista scelto diventano moderne Crudelie de Mon opposte a “sante subito” che allattano fino ai 3 anni del pupone. O madri cattive o madri perdutamente mucche.
E in piena tempesta ormonale post partum non è facile sentirsi subito competenti.
Due
questo è un buon modo di parlare di allattamento al seno:
L’allattamentoal seno: protezione, incoraggiamento e sostegno. Dichiarazione congiunta OMS/UNICEF
L’allattamento al seno: protezione, incoraggiamento e sostegno. L’importanza del ruolo dei servizi per la maternità.
Sicuramente ci sono le madri che non allattano al seno per vezzo, fastidio, fissa, lavoro, per motivi futili, per motivi estetici, per motivi gravi e seri.
Ma su tutte spesso si stende la patina di madri cattive, anaffettive, che vogliono il loro bene in modo egoistico e non pensano al bene del proprio bimbo … (e di ciò avrei anche un paio di aneddoti personali, molto sgradevoli).
La rete ci consente di narrare la maternità da un punto di vista nuovo (il famoso 2.0): il nostro. E dove gli esperti possono aiutare ad orientare, scegliere, pensare, rassicurando, sostenendo, insegnando…. senza pretese di essere gli unici depositari del sapere sulla maternità.
Per chiudere, un titolo così, illude di trovare la magia per “avere” figli più intelligenti e forti; cosa che l’articolo non dice. L’articolo, con un titolo così, fa un cattivo servizio alle madri, all’allattamento, alle madri che tentano precari equilibri, e ad ogni una riflessione seria sull’alimentazione.
Smettiamola di farci parlare addosso.
Oggi è la giornata in cui pensare come diffondere la cultura della prevenzione di tutte le forme di violenza ed abuso sui bambini, in Italia e nel mondo, e spingere le istituzioni e governi a rafforzare le misure per la protezione dei minori.
Chi scrive questo blog è favore dell’allattamento al seno, e quanto scrivo non vuole assolutamente sostenere una posizione avversa a quanto suggerito dale linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Salute.
L’OMS raccomanda l’allattamento materno esclusivo per almeno i primi sei mesi di vita del bambino, mantenendo il latte materno come alimento principale fino al primo anno di vita pur introducendo gradualmente cibi complementari. Suggerisce inoltre di proseguire l’allattamento fino ai due anni e oltre, se il bambino si dimostra interessato e la mamma lo desidera [1].
Ultimamente il mio gironzolare tra blog, socialnetwok, web si è soffermato sul crescente numero di luoghi dove si promuove, sostiene, tematizza la fondamentale importanza dell’allattare al seno.
Qualche volta la necessita di divulgare questa idea sconfina con velleità di evangelizzare l’umanità, altre volte con una forte critica contro le madri che non allattano.
Da qualche parti (un blog) sono state definite tristi e anaffettive. Alle volte ho sentito un ansia di legittimare le proprie scelte quali le migliori in assoluto possibile, quasi a sfidare un antagonismo, che spesso nemmeno c’è … verso questa pratica umana, fondativa non solo dell’alimentazione dei bimbi, ma anche base della relazione madre bambino. (cfr.L‘interazione madre-bambino: oltre la teoria dell’attaccamento – H.R. Shaffer _ F. Angeli Editore).
Mi viene da dire che la maternità è un esperienza fondativa di una donna, di un essere umano e spesso per fortuna anche per certi uomini, che imparano molto su se stessi nel loro esser padri, nel loro incontro con la nascita, la crescita, l’affetto di/verso un figlio; esattamente come accade a noi madri.
La fase iniziale di una maternità può essere così piena e totalizzante, da essere assunta a paradigma totale di tutto. E’ l’assolutamente perfetto, e la propria riuscita deve essere il meglio per tutti e per tutte. Con la mia prima figlia ho vissuto una sensazione simile, che ho definito “una sensazione di gloria” (da qualche parte nel blog c’è sparso questo post…).
Per fortuna ho avuto una seconda figlia e una seconda maternità, che non è stata così semplice. Per fortuna che avere oggi 46 anni, significa qualcosa, forse avere più simpatia per ciò che ci differenzia degli altri esseri umani. Ma restano i miei difetti, fra cui l’intolleranza verso gli intolleranti.
Avere una seconda figlia ha significato niente gloria e niente latte, tanta fatica, e scelte diverse. Imparare nuovi modi, diversi dal contatto pelle a pelle, con il mio cucciolo che non potevo allatare. La ricerca di un modo diverso di incontrarla, lo spazio per il papà per nutrire sua figlia.
Il latte è fondamentale. Ma è anche importante saper trattare chi non può, non riesce, non si fida, chi ha paura, chi perde il contatto con se stessa allattando, chi non sta bene, chi ha avuto un parto difficile e tutte le possibili variabili umane che possono accadere ad una donna che non allatta. Aiutare non è giudicare, e sostenere è informare, facilitare e permettere (o avvicinare) alla scelta migliore possibile, una scelta che permetta alla madre e/o al padre di entrare in contatto con il suo bimbo e con la fase basilare della nutrizione e della relazione.
Credo che il rispetto sia la base anche per promuovere l’allattamento al seno, senza demonizzare che sceglie (volendo o meno) uno stile diverso.
Credo sia questa la strada migliore per il sostegno alla genitorialità, alla maternità, senza radicalismi, fondamentalismi, e con la delicatezza necessaria quando si entra nella vita altrui.
Un luogo dove ho sentito nominare e vista attuare questa capacità di accoglienza ai genitori e ai loro bimbi è stato il corso per insegnanti massaggio infantile A.I.M.I.,
Piccola premessa e Disclaimer: quest post non vuole in alcun modo sollevare l’annosa questione se sia meglio o peggio allattare al seno, e questo chiude il discorso.
Sono benvenute tutte le riflessioni portate sull’argomento: corpo che cambia, in relazione al figlio, alla maternità, alla fisiologia, alla chimica e via discorrendo.
Una amica che attende un bimbo mi sollecita con una domanda sull’allattamento, una ginecologa le ha detto che si tratta di una faccenda assai dolorosa, che durerebbe circa 40 gg. Così da qualche parte si riaprono i files, nel mio cervello, sull’allattamento della grande e della minina .. riparto dalla risposta alla mia amica per ripensare ad un tema che mi è caro: il rapporto con il corpo, il nostro, il nostro quendo sta in relazione con altri corpi, cosa fa, come muta, come comunica.
Sarà … ma quello che questa ginecologa ha detto, alla mia amica, sembra più la narrazione di una propria esperienza che una valutazione professionale, mi suona come una nota molto riduttiva.
Ma se si tratta di una riflessione personale posso provare a contrapporre la mia esperienza di bi-mamma. 🙂
… partiamo dalla grande, allattata 11 mesi, cioè fino a che ha dichiarato indirettamente “basta tetta”, e lo ha fatto semplicemente, smettendo di ciucciare !!
1. la montata lattea mi ha dato fastidio più che male: è imprevista, bizzarra, non capisci subito che è il latte che arriva ma insomma arriva la pappa per il pupo: sta nell’ordine delle cose.
2. attaccamento al seno: qui è stata importante una buona ostetrica che spiegasse come la pupattola doveva prendere il seno (la posizione per la suzione più adatta per lei e per me). Ma la grande aveva capito subito benissimo come fare anche da sola, succhiando ogni volta e con impegno, così io non ho mai avuto male!! Come sarà successo, come lo sapeva? Mah!
3. imparare: dopo qualche tempo ho imparato a riconoscere il seno che si preparava all’arrivo del latte, appena 4/5 min prima che la grande partisse con la sirena del pianto che diceva “acc … mammaaaaaaaa ………voglioooooooooooo mangiareeeeeeeeeeeee!!!”. Questo alla fine mi ha dato la certezza che la fabbrica della pappa funzionasse proprio bene, anche se talvolta la sensazione di essere la mucca carolina pesava un pò. Ma la soddisfazione di allattare e vederla crescere era piuttosto compensativa, anzi molto!
4. Mastite!!! Se capita sono ***zi amarissimi; allora si che senti davvero male! Febbrone a 40 e antibiotico! Ma anche lì una brava ostetrica può insegnarti ad evitare l’ingorgo e la mastite (a me lo avevano spiegato molto bene le infermiere della nursery). Una volta la mastite me la sono beccata, ma il mio medico con un buon dosaggio di antibiotico (non fastidioso per bimba) mi ha rimesso in sesto e non ho dovuto smettere l’allattamento. Solo da quel momento ho applicato con maggiore solerzia le tecniche che mi avevano insegnato in ospedale per evitare la mastite.
A parte questo, non mi pare di aver vissuto dolori inenarrabili. E se provo a fare un analisi un pò più distaccata segnalerei solo la “fatica” di entrare in contatto con il tuo corpo, e il suo esser pronto ad allattare fisiologicamente; lasciando che il corpo della mamma e del bimbo si incontrino; in ogni caso lui sarà presumibilmente già attrezzato alla suzione e alla “fame-fame-fame-fame”!! La fatica o la complessità stano nel creare/accettare il dialogo con i cambiamenti che il corpo impone, e in un lasso di tempo assai breve, subito dopo il parto. A me sono state i grande aiuto le indicazioni delle ostetriche e le infermiere della nursery di un piccolo ospedale della provincia torinese, scelto per il parto in acqua e la forte impronta culturale e organizzativa date alla naturalità/fisiologicità del parto. Quindi un gruppo di operatrici pronte ad accogliermi (accoglierci come madre/figlia/neofamiglia) e ascoltare le mie fatiche, ad assistermi nel cambio del primo pannolino, a rassicurarmi che era tutto molto normale … affidarmi al loro sapere è stato importante e altrettanto significativo e di aiuto è stato vedere come loro avevano proprio voglia di fare quel lavoro. Questo mi ha trasmetto molta fiducia anche in me stessa.
Con la minina è stato tutto più complesso e credo che questo abbia complicato l’allattamento, la villocentesi e il suo esito che ci ha comunque tenuto in allerta per un pò e soprattutto me, il parto indotto e una montata lattea poco funzionale (credo per il parto indotto e credo soprattutto per il mio stress pregresso). Il tutto si è intrecciato con una neonata diversa: lei ciucciava troppo e attaccata male, perchè aveva troppa fame, perchè era leggermente piccina alla nascita e quindi cercava di compensare subito subito… insomma ho avuto le ragadi e il latte era poco, e dopo nemmeno due mesi ho smesso di allattare.
La stessa accoglienza di un grande policlinico è assai diversa, diversa per stile e cultura e nella quale i parti sono già più medicalizzati (e in quella parte sono comunque molto tutti bravi, l’ostretica fantastica e via dicendo); ecco che lì la zona nursery diventa meno accogliente, anche per gli elevati numeri di nati. Quello stile di rapporto con le madri, così diverso da primo, erano più lontani dai miei bisogni. Ad oggi credo che se la minina fosse nata nello stesso luogo e se ci fosse stato lo stesso stile di sostegno all’allattamento la situazione si sarebbe risolta in modo più positivo.
Non lo so, ma mi poace pensarlo.
In ogni caso mi rendo conto che i consigli offerti al mio primo allattamento e il modo di affrontarli, da parte di chi mi insegnava, è stato necessario a darmi serenità e fiducia, nel mio corpo e nelle potenzialità, parallele e sinergiche, della neonata.
Finire di allattare la minina dopo soli due mesi (o meno) è stato un dispiacere, che ho provato nei suoi confronti ma anche nei miei.Con la grande l’allattamento è stato un periodo molto piacevole e rilassato, dettato da tempi dediti alle coccole, lentissimo, di grande sinergia tra il suo corpo e il mio, e di grande pace di me con il mio corpo, un corpo scoperto capace di fare con facilità la cosa più facile/difficile al mondo …
La minina un altro viaggio e un altro capitolo, che implica ed ha implicato una scoperta del corpo nella maternità fatto attraverso altri canali, altri tempi, altre strade dell’affetto e delle coccole già conosciuto.
Ma … infine, la mia personale visione dell’allattamento è positiva, come di un evento rispondente alla fisiologia di due corpi che si sono già incontrati e si re-incontrano, e sul momento si tratta di affinare l’incontro, accettarlo, renderlo plausibile.