PONTITIBETANI

Zone Temporaneamente Autonome


8 commenti

narrazioni

la voce di una redattrice di radio popolare (marina petrillo) ultimamente mi ha convinto all’acquisto di un libro, due libri, tre libri … etc …

mi ha entusiasmato e coinvolto, inducendomi a dare fondo alle mie scarsissime finanze, non solo argomentando ed illustrando con precisione i temi che attraversavano libri che presentava ma anche leggendo alcuni brani di tali testi.
a tal punto che anche la figlia grande, accanita lettrice tale a sua madre, all’ascolto in una occasione, mi ha chiesto se potevamo comperare quel libro (j. cottonwood – le famose patate).
il fatto è che quella voce narrante è ancora nelle mie orecchie, e ieri mentre sfogliavo le prime pagine del libro, mi sembrava ancora di sentire quella voce che “me” lo leggeva.
quelle parole sono ancora lì iscritte, incise e nitide nella mia memoria, grazie a quell’ascolto.
e questo mi fa pensare tantissimo al discorso, appena accennato, sulla narrazione che insegna e trasmette, fornendo chiavi di lettura che ci traducano il mondo e ci permettano di affrontarne gli spigoli …
forse quelle voci narranti non sono ancora scomparse ma abbiamo bisogno di ritrovarle e ritrovarci ad ascoltarle, chiudendo gli occhi e smettendo di vedere storie per re-imparare ad ascoltarle …


Lascia un commento

fragilità


ricevo regolarmente una newsletter di una casa editrice che organizza anche convegni, corsi, seminari, laboratori. (area psicologia pedagogia riabilitazione e similia)

quest’oggi l’invito è ad un seminario per insegnanti psicologi educatori pedagogisti e per spiegare loro come occuparsi dei bimbi adottati extracomunitari.
il taglio è psicologico e verte sulla dimensione emozionale e sulla fatica che questi bambini e (immagino) le loro nuove famiglie incontrano.

la riflessione invece va allo sguardo che culturalmente diamo alla fatica delle transizioni, dei cambiamenti.
il filtro è spesso psicologico, ma di quella psicologia residuale, da giornale, da divulgazione spicciola in cui oramai galleggiamo ogni giorno.
la psicologia ha sostituito la sociologia, l’antropologia, l’etnologia, la pedagogia e infine la filosofia – dato già segnalato in un post precedente parlando di come proliferano le riviste a marchio “psy” -.
psicologia “è”  chiave di lettura di quasi ogni fenomeno.
così come oggi ogni esperienza è osservata cme se fosse primariamente soprattutto psicologica.

ma la psicologia nasce storicamente come studio della psiche ma anche e soprattutto come cura.
cura delle esperienze, delle sofferenze, delle ferite e dei traumi.
ma, ogni esperienza fa male, lascia tracce, segni e ferite; quindi seguendo questa onda di pensiero sono “da curare”,  sono malate e sono malattie.

e questo ci rende fragili, deboli, eternamente esposti a dolori da curare, a ferite e traumi, eternamente malati.
avevo letto una statistica che denunciava la crescita esponenziale delle depressioni.
oh! siamo tutti, ma proprio tutti malati.

ma è davvero così?
e … non è pericoloso?

siamo davvero dei vasi di coccio in mezzo a vasi di metallo (manzoni non la metteva giù così, più o meno, quando parlava di don abbondio?).

tra l’altro il rischio è di individualizzare le sofferenze (anche se è chiaro che si cura meglio un solo individuo che tanti) e di non vederle eventualmente come un dato esistenziale, umano collettivo.

si perde l’idea sofferenza come passaggio, transito fatica da uno stadio all’altro delle età, del vivere e delle esperienze.
e quindi come opportunità di crescita: personale, sociale, singolare e plurale, condivisa e condivisibile.

così di ogni cosa che si parla di deve iniziare dalla sua intrinseca psicologia.

per chiudere, recentemente, la maestra della figlia grande (quella delle strane domande) mi ha detto, in un colloquio, che vedeva certe timidezze della bimba ma non voleva dare loro troppo spazio, e quindi non si metteva a enfatizzare la richiesta di aiuto dando credito alla bambina della sua capacità di superare la fese di cambiamento (scuola, maestre, compagni).
avrei potuto infuriarmi per la mancata sensibilità oppure fidarmi della maestra e di mia figlia, che farà fatica ma supererà anche questa prova di crescita.

monica


Lascia un commento

di che colore mi metto il blog, oggi?


cambiano i colori,
le foglie e l’autunno.
ironie e teorie di gialli, rossi e residui d’estate.
e anche oggi si sistema il blog.
ma i piatti li laviamo dopo.

un amico sollecita la passione politica e civile verso le multiformi espressioni di mal governo.
gli ripropongo di ripartire dal minimalismo.
gli italiani non sanno cos’è la res publica, mi punzeccchia
gli elenco quelli che ritengo essere, a mio avviso, le persone che io stimo e ammiro; le quali maneggiano, indossano e  vivono assai disinvoltamente, come succede quando qualcosa ti appartiene, lo “stato”.

ho cambiato il colore al blog.
il giardino si sta ricoprendo di foglie cadute.
presida la primavera.