E ‘ partita una mail bombing per l’ennesima pubblicità ammiccante, che tenta di vender qualcosa attraverso un sedere femminile…
Scelgo di esprimere la mia perplessità in uno spazio meno collettivo per lasciare che l’iniziativa legittimamente prenda il suo respiro. Iniziativa che comunque vede coinvolte un sacco di energie femminili, lo vedo sui gruppi facebook che stanno fiorendo, e dal dibattito quasi furioso sul femminismo sollevato dalla Tamaro sul Corriere della Sera, e seguito da una coralità di pensieri.
Perciò è bello che tutto si muova. Non voglio smorzare un onda che credo sia anche necessaria.
Qui solo aggiungo la mia voce.
Vedo il cartellone che ha stimolato il mail bombing: brutto, stupido. Vende qualcosa in modo idiota. Incapace di rinnovare la magia provocatoria di jeans – hot pants , di “quel chi mi ama mi segua”, che allora fu un inno alla sessualità libera degli anni 70; e che mandò in tilt i ben pensanti. Allora il corpo andava liberato.
Oggi va ancora liberato: da molte visioni distorte. E non è sempre e solo il corpo delle donne la prima vittima.
Stiamo accorte/i.
Nn giochiamoci solo la carta del corpo delle donne, non estremizziamo ogni sedere e ogni paio di seni che vediamo. Rischiamo di attaccare solo la parte più evidente del problema, levando energia a problemi più sottili e subliminali.
Quella pubblicità fa schifo, ma anche tecnicamente: brutta, goffa, inutile. Come un sacco di pubblicità. E il criticarla rischia di essere simile allo sparare sulla Croce Rossa.
E allora?
Ecco vi butto lì una pubblicità che vedo come più rischiosa, quello del noto prosciutto, con il papà salumiere che fa assaggiare il prodotto al proprio bambino: una fetta di prosciutto avvolta su un grissino.
Bimbo che assume la medesima aria goduriosa ed intensa della “bella topolona” o di quelle che fanno l’amore con il sapore.
Dov’è il rischio o i rischi?
Il cibo non è sesso, può anche non esserlo, può esserlo nel gioco privato di due che si desiderano. Punto.
Il cibo è la fame di chi ha fame davvero, il cibo è appetito dopo una corsa nei prati, il cibo è riempirsi, il cibo è sapore, è nutrimento, è fornire i muscoli e il cervello di energia.
A 7/8 non si può godere del cibo come ho visto fare in quella pubblicità, a meno di non essere candidati ad una precoce obesità, cibo come insaziabile voluttà di corpi da riempire per non sentire …
Insomma quel prosciutto è più pericoloso di quel sedere.
Quel bambino e i nostri figli penseranno che tra cibo e sesso esiste solo questa equazione possibile cibo=sesso. (Intanto spiegate ai bimbi che vivono davvero la fame cosa c’entra il sesso con il loro bisogno di NON morire). Quindi forse troveranno più complicato capire le differenze, con conseguenze piuttosto immaginabili.
Insomma per concludere, credo che oggi noi si sia tutti un pò più sensibili all’uso sconsiderato dei corpi, forse perchè ci stiamo sbattendo perchè il corpo ritorni a parlare, smettendo di essere solo oggetto da sesso, ma soggetto complesso, interezza corpo mente. Però temo anche il rischio di stigmatizzare solo l’eccesso di corpo femminile in pubblicità … Fino all’estremo dove c’è l’incazzo estremistico anche per la pubblicità della biancheria intima, non ultimo come quello letto oggi su facebook.
Partendo da fatto che che – ad oggi – la società dei consumi vive di pubblicità, e visto che per ora tale società non l’abbiamo ancora cambiata (volenti o meno), abbiamo la responsabilità di chiederci se non sia necessaria una analisi più fine ed attenta, ai messaggi sconsiderati e più subliminali.