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La puzza

Porto minina al paesotto vicino, c’è il mercato.

C’è un mio cliente, alcuni clienti del mio compagno, la farmacia dove abbiamo preso tutto il latte bio per lei (più ciucci e ammennicoli infantili affini), ci andiamo per la banca, insomma per 1001 incombenze. …

Ma in auto la Minina mi folgora con una frase …

“sai, minina,  che stiamo andando a XXJJKKYY, al mercato”

mi risponde: “puzza”.

 

Già è la cosa che più folgora un infante, la puzza della mega, iper, ultra, stra, maxi reffineria che ci fa compagnia, con le sue torri fiammeggianti la notte (tipo l’occhio di Mordor).

Brava minina, a riportarmi con i piedi a terra.

E’ vero ci puoi trovare ogni ben di dio, in quel posto. Ma il paesotto …PUZZA!


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Dei terribili 2 anni, della fase “mio-mio-mio” e degli status symbol…

Con la figlia grande e’ andata bene, dico la fase del “mio mio mio mio”, ne siamo usciti indenni, e’ passata senza lasciare strascico e senza nemmeno farsi notare.
Chissà!

La minina invece deve aver preso la forma più virulenta di “mio-mio-mio-mio-mio”, e si va sfinimento degli eventuali amiche/amichetti (rigorosamente coetanei – con i bimbi più grandi non funziona – quelli si guardano con ammirazione) … E a quel punto anche l’inconsueto diventa proprietà!
La fantasia proprietaria si estende a cose-persone-animali-piante-concetti propri e soprattutto altrui.

Ma si capisce anche che oltre ad essere una fase di scoperta dei confini tra se e il mondo, gli oggetti, le relazioni, gli affetti, le distanze, oltre ad essere una sorta di fase matematica/geometrica della conoscenza(ahhhhh finira’???!!!) c’e’ dell’altro.
Il ragionamento nasce dal grande pensiero “pedagogico ” materno e paterno: si capisce che talvolta si tratta di una modalità di apprendimento per via imitativa: la minina vuole ciò che si può o potrebbe fare con quell’oggetto.

L’altro fa cose interessanti per via dell’oggetto che ha, o potrebbe farle con quell oggetto. E quello che vorrebbe la minina, pargoletta vivace-esplorativa-curiosa, e’ una nuova possibilità di godere nell’avere nuove cose da fare.

Lo so, non abbiamo inventato nulla, e lo dicono i libri: imitare e’ un modo di imparare dagli altri, e paradossalmente possedere un oggetto che permette di “fare” azioni interessanti, invoglia ad avere quell’oggetto. Anche se non si sara’ in grado di usarlo, o di riprodurre qulla azione.

E’ il principio che guida gli acquisti, che guida i meccanismi pubblicitari, che induce a comperare per assomigliare agli altri.
E’ quella faccenda degli status symbol, insomma; fare finta di essere (come) gli altri, e suo peggio imitare invidiandoli, oppure -se e quando va meglio- emulando modi di essere positivi, per imparare e crescere.

E’ difficile non fare come una duenne, lo si vede nei centri commerciali, lo facciamo tutti, anche volendo essere accorti, intelligenti e consumatori responsabili. E, le strategie di vendita più spinte sollecitano proprio quel “mio-mio-mio-mio” infantile….
Insomma non ci aiutano a crescere ma a volere per avere. Punto.
Paradossalmente la ricerca di noi stessi, effettuata imitando le “cose” belle che vediamo negli altri, finisce per renderci cloni degli altri, procurandoci identità fittizie.

La minina crescerà ….