La mia formazione letteraria è bizzara, e precoce.
Non appena ho scoperto che leggere mi piaceva ho cominciato a saccheggiare la libreria familiare in modo indiscriminato.
Gli unici libri che proprio non sono riuscita a mandar giù, a terminare, perchè troppo faticosi e paurosi sono stati l’Esorcista e Qualcuno volò sul nido del cuculo (questo poi l’ho riletto e finito).
Quella lì era una libreria tutto sommato normale, da persone che amavano leggere ma che non si addentravano nei meandri della Cultura Alta. Ma di certo so che a casa mia e dei miei nonni paterni si è sempre letto.
Così mia mamma mi ha aperto le strade della psicologia e della psicosomatica, in chiave divulgativa (niente Freud o Jung, al massimo qualche volume di Fromm), cioè l’indispensabile per navigare tra emozioni e sentimenti. E poi ha aggiunto le delizie delle scrittura del romanzo “familiare” di Brunella Gasperini.
Mio padre invece oltre ad avere aperto il mondo della fantascienza (lotte epiche per leggere per primi l’ultima uscita di un Urania) e del Giallo Mondadori, mi ha fatto scoprire la guerra attraverso i romanzi di un autore piuttosto discusso (Sven Hassel). Ma qualunque sia la verità storica dell’autore mi sono rimaste due cose, lo strano gusto del proibito per aver letto libri poco adatti ad una ragazzina molto giovane e la sensazione che la guerra, così narrata, fosse una gran brutta cosa. Guerra narrata come priva di ogni fascino, eppure dannatamente pregna di umanità, nel bene e nel male. Una guerra dove non ci si divide in: “noi i buoni e voi i cattivi”, ma il brutto è equanimemente diviso, e la guerra è comunque brutta.
Per gli Urania e I Gialli, ricordo il piacere di andare, con mio padre, nei chioschetti di libri usati ( ricordo in Piazza Piemonte a Milano) dove scambiare intere annate di questi libri, e tornare a casa con quel ghiotto bottino, odoroso di carta vecchia, economica, porosa e ingiallita.
E poi ci sono stati i libri di fotografia e le riviste, anch’essi letti con avidità, più che letti guardati ….. mi ricordo il rapimento della carta patinata e delle immagini, certa poesia del bianco e nero, o la profondità saturata del colore.
Anche i libri da piccola, da bimba, quelli più adatti alla mia età e alla formazione sono stati una bella miscellanea, dalla gamma intera dei libri di avventura: Emilio Salgari, Jules Verne, Robert Luis Stevenson, Daniel Defoe, associati ai libri “per signorine” di inizio secolo che mi passava mia nonna, presi dalla sua libreria antica e ricolma di vecchi volumi polverosi. Libri con le copertine spesse la carta fragile e che sapevano di antico (Piccola Lady Jane, Piccolo Lord), piene di storie strazianti ma “assai edificative” …..
Ancora oggi ho la sensazione che le ore perse sui libri, da sola o in compagnia dei mieoìi, siano state piene e deliziose.
E chissà perchè penso che la donna che sono diventata abbia ricevuto molto da quelle letture …. o me la voglio raccontare così …
(e voi??? come ve la passate in tema??)
Ovviamente link e suggerimenti saranno assai benvenuti
In modo del tutto estemporaneo aggiungo che:
Anche se parlo di libri tutto sommato semplici, questo post fa parte della serie blogmob.
I libri, in un paio di occasioni, mi hanno salvato il pensiero e dato forma e nome a sensazioni che non sapevo nominare e quindi vedere.
Oggi, a volte, i blog mi offrono quella simile emozione …