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un corpo in-forme, un corpo in forma

Oramai la palestra è la mia scuola settimanale di riflessioni sul corpo.

Prima di leggere accendete the who – baba o’riley, al limite non leggete e pensate a CSI! 🙂

La lunga fila di tapis roulant sta davanti alla vetrate, perciò lo scenario in cui cammino, sono le colline dell’oltrepò pavese.

Io cammino con la testa piena di musica, e cammino tanto, e di fretta. Sudo.

Ma il mondo attorno a me non si muove. La musica mi muove i pensieri.

Eppure sto ferma, con la macchinetta che mi dice i km, le calorie bruciate, la pendenza, la velocità media.

Mi muovo e sto ferma. Mi chiedo cosa se ne faccia il mio corpo atavico, di questo muoversi immobile.

Questo surrogato del viaggio, del conoscere ogni millimetro del mondo che mi circonda, senza spostarmi dalla mia finestra, mi piace e mi lascia perplessa.

In palestra mi maschero, e annullo ogni fattezza, ogni forma.

Una maglietta oversize rubata dall’armadio del”uomo di casa”, un paio di pantaloni stile militare o simili di tre taglie più grandi.

Abiti puliti, abiti lavati mai stirati.

Un codino striminzito per evitare anche il fastidio dei capelli.

Nessuna concessione al look.

Ma mi sento bene. Sta bene il mio corpo che non è esposto agli sguardi severissimi, miei o altrui. (ok, i miei sono peggio!!)

Non deve di-mostrare. va bene quel senso di in-forme.

Ritorno informa, senza che la forma sia ciò che si deve vedere.

Al limite sentire. Se stesso in azione.

Le signore attorno a me continuano a discutere se ha senso ridursi il seno.

Una incoraggia l’altra dubbiosa: “In fondo quando ti operano non senti nulla, perchè dormi.”


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Fatti, ri-fatti, stra-fatti e il divenire e il fare

Oggi è la giornata della grande città. Noi dal paesello ci si trasferisce laggiù (diciamo) a lavorare, per qualche ora.

Si trattava di mettere insieme la pedagogia interazionale,  che pur sempre pedagogia è, e il corpo.

Il corpo che siamo noi, nel mentre lavoriamo e viviamo.

Quel corpo che c’è sempre, è sempre anche quando ne dimentichiamo l’esistere.

Un corpo che è.

Si è parlato di molte cose , anche della trasformazione dei corpi, ad opera della chirurgia estetica.

Magistralmente un collega, indicava nella prassi della chirurgia estetica il tentativo di passare  da uno stadio cristallizzato, senza lasciare al corpo la possibilità di vivere i suoi naturali cambiamenti, che significano imparare, crescer, mutara, arricchirsi di nuovi saperi.

Si tenta di far-si da soli, di ri-farsi, di raggiungere una immagine di se, perfetta e immobile, immutabile (sino alla prossima forma chirurgica, sempre più immobile), si obbliga il normale dinamismo corporeo ad una staticità chimica (botox etc) e meccanica … Invece di imparare ci si fissa, (si costruisce e ci si fa) in una immagine statica di sè.

E i “fatti” e “strafatti” da chimiche ed alcol, in discoteca, rispondono allo stesso imperativo categorico, che imbriglia le palestrate, la ventiquattrenne di 64 anni, le sciure un pò fighe della mia palestra? Li obbliga a fare di se stessi qualcosa di altro, e di non sentire i dinamismi del corpo?

Professionalmente non ho mai lavorato con la tossicodipendenza, sulle cui dinamiche originarie confesso una forte ignoranza pratica, ne so solo la teoria libresca; quella teoria che però è svuotata dell’esperienza, dell’incontro professionale con chi “è fatto”, un incontro che non ho mai fatto. E non mi pare di saperne abbastanza.

So qualcosa dei rituali magici nell’uso delle sostanze, usate per provocare cambiamenti di stati di coscienza, uso circoscritto  ad un ambito magico-sciamanico-rituale, e questo mi suggerisce altre possibilità.

Mentre l’uso massiccio che se ne fa oggi, mi ricorda invece l’uso dalla chiurgia e della chimica per farsi, cambiarsi e non sentire. Farsi e rifarsi per non accogliere i divenire del corpo, per non viverli, sperimentarli, narrarli, emozionarsi, sentirli, toccarli, vederli, assaggiarli …

Resto a galleggiar nei miei dubbi in divenire, sono ben venuti suggerimenti ed idee …


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Fatti e ri-fatti

Palestra.

La tremenda.

Ivano Vitali - Installazione di bambole rotte. 1978

Il luogo, anzi il Tempio dei Corpi.

ore 13.00 c.a.

La solita folla di signore, età media 35/50.

Alcune oggettivamente catalogabili nella serie “45enni molto glamour-sexi-modaiole”. Indubbiamente molto “fighe”, del genere attrice-velina agee.

(Lasciamo perdere la 63enne cyborg, fisico da 24enne palestrata, splendidi zigomi, faccia e corpo da urlo; solo le mani nodose, la non compattezza della pelle e .. il passo non più elastico – come quello dei 24 anni – denunciano la longa manus del chiururgo. E’ il mito della palestra. Inquietante e grottesca. Un archetipo della dea, vivente e ricostruita, reincorporata. Ci si chiede se abbia anche re-integrato le doti magiche, spirituali e soprannaturali)

Cosa si dice nel Tempio del Corpo?

INTRO cosa ci si è rifatte, ma ci sono “ritocchini” non  troppo invasivi, cose appena accennate, basta poco, (….) [¡¡¡????]

CUORE del discorso … il caso di cronaca recente, come è possibile che il professore non si sia accorto che stavano abusando di una alunna in classe … ma cosa stava guardando, come ha fatto a non vedere??

FINALE e nelle discoteche i giovani si “fanno” tutti, lo dice la più giovane -32 enne -! E’ che quando ci è andata lei .. e non si ballava nemmeno il latino americano … i ragazzi non stavano nemmeno in piedi (la droga .. e l’alcol)

e  lì fuori ci sono i genitori a prenderli in auto, (inconsapevoli)

ma lì, lì dentro se ne fanno di ogni, sono tutti fatti!!!

Ma i genitori come li educano???

THE END … è colpa dei genitori se i figli fanno cose così sbagliate. Hanno tutto. I figli.

(gli Altri, i Genitori sono sempre altro, sono loro mai NOI. Insomma i genitori sono la categoria alla quale le signore non appartengono pure avendo citato – precedentemente – i malanni stagionali dei virgulti che hanno generato, e quindi avendo mostrato che in realtà sono madri) Bho?

Allora, in fin della fiera, non capisco più cosa diavolo sia esser fatti e ri-fatti, e che nessi ci siano nella serie di ragionamenti che ho ascoltato, e peraltro trascritti più o meno fedelmente.

Nel Tempio mi rinfilo nell’iphone, che almeno lì ascolto roba di qualità.

Cafè Penguin orchestra – music for a found armonium