Oramai la palestra è la mia scuola settimanale di riflessioni sul corpo.
Prima di leggere accendete the who – baba o’riley, al limite non leggete e pensate a CSI! 🙂
La lunga fila di tapis roulant sta davanti alla vetrate, perciò lo scenario in cui cammino, sono le colline dell’oltrepò pavese.
Io cammino con la testa piena di musica, e cammino tanto, e di fretta. Sudo.
Ma il mondo attorno a me non si muove. La musica mi muove i pensieri.
Eppure sto ferma, con la macchinetta che mi dice i km, le calorie bruciate, la pendenza, la velocità media.
Mi muovo e sto ferma. Mi chiedo cosa se ne faccia il mio corpo atavico, di questo muoversi immobile.
Questo surrogato del viaggio, del conoscere ogni millimetro del mondo che mi circonda, senza spostarmi dalla mia finestra, mi piace e mi lascia perplessa.
…
In palestra mi maschero, e annullo ogni fattezza, ogni forma.
Una maglietta oversize rubata dall’armadio del”uomo di casa”, un paio di pantaloni stile militare o simili di tre taglie più grandi.
Abiti puliti, abiti lavati mai stirati.
Un codino striminzito per evitare anche il fastidio dei capelli.
Nessuna concessione al look.
Ma mi sento bene. Sta bene il mio corpo che non è esposto agli sguardi severissimi, miei o altrui. (ok, i miei sono peggio!!)
Non deve di-mostrare. va bene quel senso di in-forme.
Ritorno informa, senza che la forma sia ciò che si deve vedere.
Al limite sentire. Se stesso in azione.
Le signore attorno a me continuano a discutere se ha senso ridursi il seno.
Una incoraggia l’altra dubbiosa: “In fondo quando ti operano non senti nulla, perchè dormi.”