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Corpi per l’ottomarzo
Fra le tante cose che non ho fatto oggi c’è stata l’adozione di un tema per questa giornata. Ma in fondo corsa edopo un pò di discussioni socio-politi-filosofiche tra noi, donna e uomo adulti di casa, attorno al nostro senso di questa data, e dopo molti pensieri ho deciso una adozione scomoda:
I corpi.
Ho dubbio che il tema del femminicidio non sia un tema solo delle donne, ma un tema ancor più profondo e sociale, collettivo, politico, trasversale.
Perché anche i corpi degli uomini perdono valore, diventano merce, parti di scambio. Non nella relazione di potere “affettiva” o “sessuale”, ma in quella tra chi ha il potere di dare il lavoro e chi lo esegue. Corpi di uomini che vengono usati e/o rigettati, non protetti nel loro valore: uccisi e straziati dal lavoro o peggio dalla volontà degli “uomini” che “danno” lavoro.
i dati delle morti bianche la dicono lunga. E se volete un esempio paradigmatico lo trovate vicino e lo prendete neii recenti processi per il rogo alla Thyssen e per l’Eternit di Casale Monferrato. Che a chiamarle morti bianche ci vuole solo fantasia. Operai (e non solo) che hanno atteso e attendono lo stillicidio di una morte lenta, o che sono stati spezzati o amputati sotto una pressa, un ponteggio…
Corpi violati.
Perchè ci sono corpi, e parti di umanità, di donne e di uomini che hanno un valore minimo e minore, o almeno alcuni ne sono convinti.
Alcuni i cui sentimenti sono così eradicati, coartati, spenti dal gusto di possedere talmente tutto dell’altra/o fino a posserla/o nella morte, con la morte.
Possedere la morte cambio di nulla o di una vita in carcere se si uccide una donna, o di un nulla assoluto in termini di punizione se a morire è un “operaio”, un uomo da lavoro. Un corpo minore. C’è un peggio o un meglio?
Certo sono morti e dolori diversi, ferite dell’anima, iter processuali diversi, soggetti diversi, istanze diverse.
Ma che risuonano tristemente identici nello sguardo di chi li strazia senza considerarli interi, pieni, importanti, amabili e amati, degni di rispetto e cura, diversi, distanti altri ma non alieni o alienati.
E se fosse che sui corpi, donne e uomini, capaci di accordo nel volerli considerare nel loro significato pieno, nella loro interezza, nella loro umanità si rinnovasse l’incontro?
Donne che insegnassero agli uomini il dolore della violazione sessuale, dello strazio della morte per una “passione” incapace di vedere l’altra come viva ed esistenete, e uomini che insegnassero alle donne il dolore della violazione fisica di un corpo inutile se non come forza, forza, lavoro, braccia e muscoli, protesi di una azienda e di un profitto.
Buona utopia!
Stay human
Vestiti-per (corpi in scena e professioni)
Lunedì sono transitata per un piccolo tribunale di provincia … con il senno di poi credo che dovrei trasformare il transito in sosta, e l’attivita’ da estemporanea a fissa.
Perche’ il piacere e la curiosita’ dell’osservare l’umanita’ sono impagabili.
Il massimo per me sarebbe l’assunzione nel team del Dr. Leitman (serie tv Lie to me), e pure stapagata, come osservatore della comunicazione non verbale.
Ma bando ai preamboli….
Le avvocatesse, di detto tribunale, rappresentano un gruppo piuttosto omologo (ne avro’ osservate una trentina almeno) di signore mediamente molto (molto) eleganti; anche quelle piu’ sobriamente vestite e non ingioellate hanno un certo “non so che” di overdressed, o overstatement.
L’effetto e’ quello “matrimonio, il gruppo degli invitati ad un matrimonio si riscosce inconfondibilmente, e al di la del gusto individuale; la vista ci svela immediatamente la destinazione del gruppo. Per andare ad un matrimonio si deve indossare un “certo” stile, e con l’abbigliamento si comunica evento, destinazione, e cura, attenzione alla ritualita’ dell’evento.
Ma allora, perché le avvocatesse si vestono “da matrimonio”? Evidentente la finalita’ della comunicazione non verbale non e’ la stessa, non sono ad una festa, anche se un tribunale è un luogo rituale della celebrazioni di eventi significativi come udienze, processi, guidizi. Certo momenti simbolicamente molto importanti e che richiederebbero, per natura, abbigliamento significativo. Ma anche scomodo, apparentemente. Sorgono domande.
Come fanno a trattenersi in piedi su tacchi straordinariamente alti, in abiti davvero poco pratici?
Perche’ molte sembrano aver fatto un bagno nel profumo?
Le chiavi di lettura sono varie: mostrare un potere e disponibilita’ economica (ai clienti, ai colleghi) come testimonianza di una abilita’ pratica che si trasforma in guadagno. “Sono abile” e’ una comunicazione importante sia per i colleghi, che per i clienti, e anche per i giudici.
Ma anche c’e’ il di-mostrare “sono alta” (grazie ai tacchi) e “profumata” (grazie al profumo), atti che veicolano una comunicazione non verbale importante.
Al di la del giudizio e dell’oggettivo/soggettivo fastidio (per il profumo), questo essere molto alta/molto profumata sono due atteggiamenti che permettono di governare o dominare lo spazio e la prossemica con colleghi e clienti.
Altezza puo’ voler dire “guardare negli occhi” e compensare il fatto che spesso gli uomini sono piu’ alti, o guardare “dall’alto in basso” e stabilire asimmetrie di potere. Insomma una sorta di parificazione delle distanze.
Il profumo poi non e’ solo oggetto di seduzione, ma occupa (soprattutto se “prepotente” forte incisivo) uno spazio olfattivo, impone, richiama e indica, dichiara la presenza di una persona e del suo “odore” (profumo) come un marchio territoriale. Puo’ persino imporre una distanza, obbligando altri a stare lontani, con un eccesso di profumo.
Sarebbe curioso capire se c’e’ consapevolezza nell’uso della comunicazione non verbale e corporea, nella sua molteplicita’ di mezzi espressivi, se le variabili dipendono dal territorio (tribunali grandi o piccoli, appartenenza a studi legali affermati o meno, localizzazioni in grandi metropoli o piccole provincie).
Peraltro nell’aula del giudice e dei suoi assistenti regna(va) la dimissione nell’abbigliamento, e un certo sottotono,
anche umorale… Che creava una asimmetria davvero curiosa. (n.b giudice ed assistenti erano comunque donne).