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25 novembre – giornata internazionale della violenza sulle donne – insegnare la violenza per assenza

Oggi avrei scritto volentieri un post diverso.

Ma evidentemente occorreva parlare della violenza contro le donne proprio così.

Evidentemente bisogna sempre passare dalla questione della sessualità come vissuto di pretesa di potere/potenza/impotenza di uno contro un’altra.

Evidentemente i protagonisti di questa storia non sapevano nemmeno di essere su una scena che si porta dietro questo tema, e restano inconsapevoli vittime di uno stile che impone alle femmine di essere ben-educate e ai maschi di essere predatori.

Evidentemente anche l’essere su una scena educativa non ha permesso agli adulti di essere consapevoli del messaggio che trasmettevano …

Ecco cosa è successo …

C’è una scuola – una scuola media statale – ora dell’intervallo.

Protagonisti: un ragazzino – una ragazzina – una professoressa

Il ragazzino tocca il sedere alla compagna, la quale si ribella e lo appella a male parole.

La professoressa sgrida la ragazzina per il linguaggio non consono alla scuola.

La ragazzina, scusandosi, spiega il perché del suo modo di parlare al compagno.

La professoressa ribadisce che a scuola non si parla così.

La professoressa non dice nulla al compagno.

Il ragazzino sbeffeggia la compagna perché è lei ad esser stata sgridata,  e quindi pensa di non avere fatto nulla di male.

 

A me non restano che alcune considerazioni di contorno:

manca la cattiva fede, nei protagonisti,

manca nella scuola una cultura di educazione all’affettività per i preadolescenti/ adolescenti

manca nel ragazzino l’idea che il corpo altrui è soggetto e non oggetto,

manca la possibilità di parlare a scuola di cosa siano i generi e l’incontro tra i generi,

ed è un vero peccato.

Perchè è proprio dove i ragazzini (la scuola) imparano a stare insieme che si può costruire un senso comune dell’incontro fra i generi, i corpi, i saperi e i sentimenti.

 


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Sinistra sinistra (sostantivo + aggettivo)

Ascoltavo alla radio la serie dei misfatti, a volte sono tali, degli amministratori leghisti; i quali spesso se ne impippano di quella parolina magica che si chiamano ” diritti”. Spesso il razzismo sotto velate spoglie fa orrore.

Ma ecco che mi chiedo … ma il burqua non era un segno di annullamento dell’identità femminile, insieme all’infubulazione e ammennicoli vari?

Non era una cosuccia che la sinistra, in altri tempi, esecrava?

Orbene quale confine c’è tra il diritto alla propria religione e l’annichilimento di una persona (donna nella fattispecie)?

Infatti… non si parla di un velo islamico ma di questo:

Allora lasciamo pure agli amministratori leghisti i loro deliri e paranoie razziste, andiamo a protestare laddove i veri diritti vengono infranti.

E non perdiamo di vista che il burqua va al di là dei dettami coranici e della dignità di una donna.

Altrimenti per dare contro ai leghisti .. buttiam via il bambino con l’acqua …. (opsssss i diritti delle donne).