PONTITIBETANI

Zone Temporaneamente Autonome


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Impressioni di novembre: trifacebook

Metropolis - Fritz Lang 1927

Sarà la cappa grigia, le prime nebbie lomelline, la notte di Halloween, la minaccia di avere anche una discarica di amianto a 2 km da qui (non bastasse la mega raffineria Eni) ma anche i sogni sono inquietanti …

Che a nessuno frega nulla dei sogni altrui, a meno di non interpretarli con la smorfia o con Jung, insomma farci dei soldi.

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Il Po è un cappuccino, i campi son zuppi e altre stranezze ambientali

Passando, sul Po, qui vicino, lo vedi è limaccioso e ribollente, d’un bel color cappuccino schiumato.

Pericolosamente in zona rossa. Si porta dietro legni frantumati e altro ancora.

 

I contadini nei campi limitrofi “pucciano” le zappe nelle pozze d’acqua, non assobite dal terreno. Perplessi.

 

Il vicino macrobiotico, mangia solo sano e biodinamico, non usa il cellulare per via delle radiazioni, e scrive ancora con una macchina da scrivere, anche se gestisce una piccola azienda.

 

Poi una si chiede ma dove sono le aree golenali?

E perchè ai simpaticissimi contadini non viene in mente che le miriadi di schifezze chimiche che sbattono nel terreno? E che magari , occasionalmente, incidono in un terreno ormai incapace di produrre o drenare?

E che senso ha farsi una menata per il computer se l’orribile magaraffineria è ad un manciata di km da qui??

Sembra che viviamo solo nel qui ed ora, e in scenari piccini piccò, come se il mondo attorno o futuro non esistesse. Come se bastasse essere vegetariani  ( lo sono) per suggellare un patto di non belligeranza con il mondo. Come se restare perplessi davanti al dissesto idrogeologico bastasse e de-responsabilizzarsi davanti alla chimica massiccia. Come se non usare il cellulare ci mandasse in pari con la raffineria che ci impolvera terreni e polmoni.

E io non lo capisco.


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Tristi ribelli in casa…

 

Casa fredda e spoglia. Nel semiazzuro autunnale, fuori casa, l’acero splende di foglie arrossate, e l’altalena, i giochi della minina attendono.
Le stanze sono oramai quai vuote, una lampadina, qui c’è, ma ne mancano su un altro soffitto. Ci si vede ben poco, ammetto.
E’ tutto spalmato di tristezza, restano le ultime cose, le meno necessarie, le meno curate, senza nemmeno una scatola attorno che ne motivi l’esistenza.

Ci sono delle scatole in cantina, tutte fiere e ben sigillate,  recanti scritte – chiare – relative al contenuto. Saranno le ultime ad esser portate via, ma sono sicure della loro identità.

Mentre i mucchi sparsi delle cose, le meno utili, sostano penosi.
Alla fine devo portare via anche “quel” maledetto groviglio di abiti, ieri gli uomini di casa hanno portato via gli armadi. E i vestiti, sulle grucce, sono stati “posati” su un teli.
Si devono esser risentiti della trascuratezza, così le grucce si sono tutte avvinghiate le una alle altre, e il Mucchio riottoso e’ oramai ingovernabile!

I maglioni insieme agli abitini estivi, metalli e stoffe delicate, si impigliano e impicciano.
Raccolgo l’ammasso, ormai informe e indefinibile, e mi avvio fuori dalla stanza. Le grucce si inerpiano, nervose, agli stipiti, alle ringhiere della scala, alla porta di casa, e si incastrano nell’entrare in macchina.
Offese per la mancanza di cura o maldisposte davanti al trasloco, comunque sia dimostrano anima e ribellione.
Alla fine la malinconia del trasloco mi ha raggiunta…