
Casa fredda e spoglia. Nel semiazzuro autunnale, fuori casa, l’acero splende di foglie arrossate, e l’altalena, i giochi della minina attendono.
Le stanze sono oramai quai vuote, una lampadina, qui c’è, ma ne mancano su un altro soffitto. Ci si vede ben poco, ammetto.
E’ tutto spalmato di tristezza, restano le ultime cose, le meno necessarie, le meno curate, senza nemmeno una scatola attorno che ne motivi l’esistenza.
Ci sono delle scatole in cantina, tutte fiere e ben sigillate, recanti scritte – chiare – relative al contenuto. Saranno le ultime ad esser portate via, ma sono sicure della loro identità.
Mentre i mucchi sparsi delle cose, le meno utili, sostano penosi.
Alla fine devo portare via anche “quel” maledetto groviglio di abiti, ieri gli uomini di casa hanno portato via gli armadi. E i vestiti, sulle grucce, sono stati “posati” su un teli.
Si devono esser risentiti della trascuratezza, così le grucce si sono tutte avvinghiate le una alle altre, e il Mucchio riottoso e’ oramai ingovernabile!
I maglioni insieme agli abitini estivi, metalli e stoffe delicate, si impigliano e impicciano.
Raccolgo l’ammasso, ormai informe e indefinibile, e mi avvio fuori dalla stanza. Le grucce si inerpiano, nervose, agli stipiti, alle ringhiere della scala, alla porta di casa, e si incastrano nell’entrare in macchina.
Offese per la mancanza di cura o maldisposte davanti al trasloco, comunque sia dimostrano anima e ribellione.
Alla fine la malinconia del trasloco mi ha raggiunta…
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