Mi è stato insegnato che la confutazione all’altro va fatta appellandosi alla parte più alta della sua intelligenza, evitando il contenzioso sulle sue argomentazioni più becere e basse, quindi non svilendo la altrui intelligenza.
Bene.
Allora prendiamo di petto la questione Ruby e le miniprostitute, proviamo a postulare l’assoluta e totale buona fede (Fede .. non è un gioco di parole attorno ad Emilio ..) di Silvio & co., nessuno sapeva nulle e nessuno ha mai fatto nulla di “male”.
Ammettiamo solo che a casa di un signore molto molto ricco, molto molto potente, molto molto anziano andassero a cena un sacco di ragazze molto molto giovani. Così “molto molto” giovani da sospettare che fossero troppo giovani.
Allora mi dico che se a casa di mio nonno (che appunto era vedovo) fossero andate diciamo 5/6 diciottenni qualche cosa me lo sarei chiesta come nipote, e qualcosa certamente (e anche più legittimamen) se lo sarebbero chiesta mia madre e i miei zii ….
Ma aggiungo che tutti si sarebbero chiesti che cosa ci facevano ragazze così giovani, e magari avrebbero chiesto alle ragazze quanti anni avevano, e da adulti responsabili le avebbero rimandate a casa.
Facciamo pure finta di credere che le signore sessantenni rifatte sembrino giovani donne, fingiamo anche che le adolescenti implumi delle sfilate siano trentenni glamour, ma sappiamo che stiamo fingendo:
sessantanni sono sessanta
e diciassette anni sono diciassette.
Non si scappa e il corpo non mente.
Eppure nessun adulto attorno ad un “Presidente del Consiglio” (non fosse perchè era un adulto, perchè era un vecchio, perchè rappresentava un paese, perchè aveva responsabilità) gli ha mai detto:
“Hey Silvio, ma queste sono troppo giovani, cosa ci fanno qui, mandiamole a casa, sono ragazzine ……..”,
no, nessun adulto ha fatto l’adulto.
Sembra che il prode Sallusti abbia anzi scritto approssimativamente che questa ragazze sembravano più adulte della loro età, quindi che problema ci poteva essere?
Tanto “sembravano”, quindi si poteva anche fare finta … di niente.
Perchè??
Ecco io penso che stiamo consegnando ai nostri figli un mondo in cui gli adulti non vedono i bambini, i piccoli, i giovani ….. questo è quello che stanno imparando oggi, anche da questo piccolo fatto.
Sono abbastanza certa che i “comunisti” saranno in accordo ma quelli del “pdl”, e faccio appello alla loro intelligenza, come fanno a non pensare che questa singola cosa, policalmente, culturalmente non funzioni??
Il tutto parte dal fatto che … un signore cortese (un redattore), incaricato da una rete televisiva maggiore, mi invia una mail per il blog famiglia a strati chiededomi se ho fra le mani qualche famigliola ricostituita ma simpatica allegra e senza problemi, in perfetto stile cesaroni, che possa partecipare ad una trasmissione tv sulle famiglie ricostituite. Cortesemente gli spiego che non è cosa, e lui altrettanto cortese si scusa, spiegandomi che gli autori delle trasmissioni TV gli chiedon le più ben strane cose.
Per me la tv è troppo spesso un tritacarne emotivo e fatico a pensarmi in relazione con essa, quindi il mio diniego è ovvio. E poi non ne conosco molte (via blog), mentre ne conosco bene le fatiche connesse.
Ma la questione non è semplicemente la TV, media maggiore e decisamente ormai virato allo splatter emotivo.
La questione o una delle questioni “necessarie” per ragionare in modo consapevole, e lo dico come blogger un pò più consolidata non nella fama 🙂 ma nel numero di blog personali o collettivi gestiti e siamo a quota otto (mica pastina eh….!), insomma il nucleo è proprio la relazione che intercorre tra rete web, web 2:0, media e pubblicità.
In particolare guardo alle strategie che il mondo dei consumi (anche la tv è un mondo/modo/veicolo di consumo) e delle vendite/marketing.
Trovo, ovviamente legittimo che ognuno pubblicizzi e tenti di vendere i propri prodotti, lo fa il mondo dell’equo e solidale, lo fa il mondo del biologico, lo fa il mondo dei servizi sociali, la sanità. Magari cambieranno i modi e gli stili, ma credo che lo scambio delle merci e dei servizi, sia una attività umana sostanziale, e caratterizzata da una logica di scambio anche di relazioni umane.
Si tratta di capirne i dosaggi.
Ci sono una serie di progetti per i quali vendere prodotti e servizi è una attività umana, imperniata sullo scambio e la comunicazione, che veicolano uno scambio di saperi, oltre che di beni o servizi. In altri casi si finge che la comunicazione, e la relazione sia uno strumento per “ingabolare” l’altro e vendergli qualcosa anche in assenza di un bisogno vero e proprio. Ma se capisco bene è “roba” diversa.
Capirete che leggere una cosa così lascia perplessi “
2. sviluppiamo l’equilibrio fra valore aggiunto e offerte commerciali dedicate
3. creiamo meccanismi promozionali capaci di toccare le corde emotive dei network
4. adottiamo dinamiche di diffusione virale costruite sulle relazioni"
Aoè! Volete toccare le corde emotive dei network? Io sono in netwok e alle mie corde emotive ci guardo bene, e anche alla viralità ci guardo con grande e attenta curiosità e altrettanta istintiva diffidenza.
Mi piace che c’è chi dice che i mercati sono conversazioni, perchè la conversazione è un arte, uno scambio, una possibilità paritaria di ragionare sulla qualità, e trovo che sia un modo diverso dalla sollecitazione brutale dell’emotività (vi ricordate lo splatter tv su Avetrana, c’est la meme chose!).
Trovo che il web 2.0 vada usato per quello che è, possiamo anche fare finta che i network siano consumatori passivi (e lo siamo??) come quelli tv, ma a contro prova di questo io ho letto quell’articolo, io leggo e seguo le discussioni sulle mamme blogger “usate” come tester di prodotti*.
* Si, la famosa casa delle caramelle mi ha invitato a parlare delle sue caramelle. Ho dato un altro diniego, sia perchè odio le caramelle che non siano la Golia (ehhehe), e perchè decido io su cosa ho voglia di parlare bene o male. L’ho fatto e lo farò. Non per virtù ma perchè sono una testaccia dura!
Breve lista link a discussioni interessanti o luoghi interessanti
Etichettati-ti ne parlano come mamme non ads, cioè che non vogliono la pubblicità ..
da Vere mamme se ne parla sia come “esperti” in materia ma anche no, è un esempio innovativo e ibrido di un contenitori sia di riflessioni sul “marketing”, ma anche sulla maternità e molto altro ancora … (non si puù sintetizzare questo “luogo”)
P.s.
Sto lavorando per un progetto nelle scuole, e i nostri consulenti alla “progettazione”, almeno per una piccola parte, sono i genitori. I quali sono stati coinvolto per aiutarci a capire se quello che vogliamo offrire (in questo caso si tratta del materiale informativo sulla scuola che i figli frequentano) è chiaro e comprensibile. Insomma la logica 2.0 comincia ad essere qualcosa che permea la nostra cultura, la possibilità e la volontà di scambio, comunicazione, interazione diventa un passaggio necessario. Spesso anche nei servizi (scuola, minori, disabilità) gli enti gestori si sono sensibilizzati all’incontro con le richieste dei fruitori, a volte chiamati in partnership a dare voce ai loro bisogni, per progettare in modo più efficace e rispettoso.
Piccola premessa e Disclaimer: quest post non vuole in alcun modo sollevare l’annosa questione se sia meglio o peggio allattare al seno, e questo chiude il discorso.
Sono benvenute tutte le riflessioni portate sull’argomento: corpo che cambia, in relazione al figlio, alla maternità, alla fisiologia, alla chimica e via discorrendo.
Una amica che attende un bimbo mi sollecita con una domanda sull’allattamento, una ginecologa le ha detto che si tratta di una faccenda assai dolorosa, che durerebbe circa 40 gg. Così da qualche parte si riaprono i files, nel mio cervello, sull’allattamento della grande e della minina .. riparto dalla risposta alla mia amica per ripensare ad un tema che mi è caro: il rapporto con il corpo, il nostro, il nostro quendo sta in relazione con altri corpi, cosa fa, come muta, come comunica.
Sarà … ma quello che questa ginecologa ha detto, alla mia amica, sembra più la narrazione di una propria esperienza che una valutazione professionale, mi suona come una nota molto riduttiva.
Ma se si tratta di una riflessione personale posso provare a contrapporre la mia esperienza di bi-mamma. 🙂
… partiamo dalla grande, allattata 11 mesi, cioè fino a che ha dichiarato indirettamente “basta tetta”, e lo ha fatto semplicemente, smettendo di ciucciare !!
1. la montata lattea mi ha dato fastidio più che male: è imprevista, bizzarra, non capisci subito che è il latte che arriva ma insomma arriva la pappa per il pupo: sta nell’ordine delle cose.
2. attaccamento al seno: qui è stata importante una buona ostetrica che spiegasse come la pupattola doveva prendere il seno (la posizione per la suzione più adatta per lei e per me). Ma la grande aveva capito subito benissimo come fare anche da sola, succhiando ogni volta e con impegno, così io non ho mai avuto male!! Come sarà successo, come lo sapeva? Mah!
3. imparare: dopo qualche tempo ho imparato a riconoscere il seno che si preparava all’arrivo del latte, appena 4/5 min prima che la grande partisse con la sirena del pianto che diceva “acc … mammaaaaaaaa ………voglioooooooooooo mangiareeeeeeeeeeeee!!!”. Questo alla fine mi ha dato la certezza che la fabbrica della pappa funzionasse proprio bene, anche se talvolta la sensazione di essere la mucca carolina pesava un pò. Ma la soddisfazione di allattare e vederla crescere era piuttosto compensativa, anzi molto!
4. Mastite!!! Se capita sono ***zi amarissimi; allora si che senti davvero male! Febbrone a 40 e antibiotico! Ma anche lì una brava ostetrica può insegnarti ad evitare l’ingorgo e la mastite (a me lo avevano spiegato molto bene le infermiere della nursery). Una volta la mastite me la sono beccata, ma il mio medico con un buon dosaggio di antibiotico (non fastidioso per bimba) mi ha rimesso in sesto e non ho dovuto smettere l’allattamento. Solo da quel momento ho applicato con maggiore solerzia le tecniche che mi avevano insegnato in ospedale per evitare la mastite.
A parte questo, non mi pare di aver vissuto dolori inenarrabili. E se provo a fare un analisi un pò più distaccata segnalerei solo la “fatica” di entrare in contatto con il tuo corpo, e il suo esser pronto ad allattare fisiologicamente; lasciando che il corpo della mamma e del bimbo si incontrino; in ogni caso lui sarà presumibilmente già attrezzato alla suzione e alla “fame-fame-fame-fame”!! La fatica o la complessità stano nel creare/accettare il dialogo con i cambiamenti che il corpo impone, e in un lasso di tempo assai breve, subito dopo il parto. A me sono state i grande aiuto le indicazioni delle ostetriche e le infermiere della nursery di un piccolo ospedale della provincia torinese, scelto per il parto in acqua e la forte impronta culturale e organizzativa date alla naturalità/fisiologicità del parto. Quindi un gruppo di operatrici pronte ad accogliermi (accoglierci come madre/figlia/neofamiglia) e ascoltare le mie fatiche, ad assistermi nel cambio del primo pannolino, a rassicurarmi che era tutto molto normale … affidarmi al loro sapere è stato importante e altrettanto significativo e di aiuto è stato vedere come loro avevano proprio voglia di fare quel lavoro. Questo mi ha trasmetto molta fiducia anche in me stessa.
Con la minina è stato tutto più complesso e credo che questo abbia complicato l’allattamento, la villocentesi e il suo esito che ci ha comunque tenuto in allerta per un pò e soprattutto me, il parto indotto e una montata lattea poco funzionale (credo per il parto indotto e credo soprattutto per il mio stress pregresso). Il tutto si è intrecciato con una neonata diversa: lei ciucciava troppo e attaccata male, perchè aveva troppa fame, perchè era leggermente piccina alla nascita e quindi cercava di compensare subito subito… insomma ho avuto le ragadi e il latte era poco, e dopo nemmeno due mesi ho smesso di allattare.
La stessa accoglienza di un grande policlinico è assai diversa, diversa per stile e cultura e nella quale i parti sono già più medicalizzati (e in quella parte sono comunque molto tutti bravi, l’ostretica fantastica e via dicendo); ecco che lì la zona nursery diventa meno accogliente, anche per gli elevati numeri di nati. Quello stile di rapporto con le madri, così diverso da primo, erano più lontani dai miei bisogni. Ad oggi credo che se la minina fosse nata nello stesso luogo e se ci fosse stato lo stesso stile di sostegno all’allattamento la situazione si sarebbe risolta in modo più positivo.
Non lo so, ma mi poace pensarlo.
In ogni caso mi rendo conto che i consigli offerti al mio primo allattamento e il modo di affrontarli, da parte di chi mi insegnava, è stato necessario a darmi serenità e fiducia, nel mio corpo e nelle potenzialità, parallele e sinergiche, della neonata.
Finire di allattare la minina dopo soli due mesi (o meno) è stato un dispiacere, che ho provato nei suoi confronti ma anche nei miei.Con la grande l’allattamento è stato un periodo molto piacevole e rilassato, dettato da tempi dediti alle coccole, lentissimo, di grande sinergia tra il suo corpo e il mio, e di grande pace di me con il mio corpo, un corpo scoperto capace di fare con facilità la cosa più facile/difficile al mondo …
La minina un altro viaggio e un altro capitolo, che implica ed ha implicato una scoperta del corpo nella maternità fatto attraverso altri canali, altri tempi, altre strade dell’affetto e delle coccole già conosciuto.
Ma … infine, la mia personale visione dell’allattamento è positiva, come di un evento rispondente alla fisiologia di due corpi che si sono già incontrati e si re-incontrano, e sul momento si tratta di affinare l’incontro, accettarlo, renderlo plausibile.