La mia scelta di pubblicare una riflessione (suscitata da un altro blog/network, social etc, come è avvenuto con il post di ieri) non sul sito di origine, ma qui sul blog ha aperto un paio di riflessioni comuni con un paio di blogger (che qui invito a condividere il pensiero, se lo volessero).
Così apro questa scatola di pensieri/parole e vedo cosa ci trovo …
Il fatto è che ci sono un sacco di variabili qui nel web, e la possibilità di giocare e giocarsi in molti ruoli, e alle volte di giocarsi in due ruoli (o più) quasi in contemporanea, come in quei disegni sulla gestalt (sulla figura sfondo).
La donna nell’immagine è giovane o vecchia?
Così scopro che non in tutti luoghi è possibile essere interi, o esser paziali, non sempre è possibile svelarsi, o necessario.
In particolare mi è già successo in un paio di luoghi, dove appaiono gli “Esperti”, di rinunciare a scrivere sia come professionista – che come madre, per confutare alcune tesi. Non si può in un sito contraddire un collega che lì viene collocato professionalmente (o si???), per farlo ci sono altri luoghi, forse.
Faccio un mini esempio: una madre che chiede aiuto per un problema di inserimento alla scuola per il figlio e l’esperto (psicologo) che le da un consiglio, su un problema di pertinenza educativa, evocando il tema della sofferenza psicologica e offrendo il consiglio di un sostegno (psicologico). Ecco lì avrei suggerito all’Esperto un passo indietro, perchè non tutto è psicologico, sofferenza da curare, ma transito da affrontare.
Ma quella madre, mi sono detta, che si affidava a quel sito, a quell’esperto, poteva sentire una riflessione diversa data da una madre (che lì ero in quella veste, che casualmente di occupa anche di educazione come professione), o non era meglio che questa mamma non ricevesse solo un consiglio tutto sommato accettabile, mirato alla presa in carico della fatica del figlio.
Insomma sugli Esperti in rete molto ci sarebbe ancora da costruire, secondo me sono una buona/ottima risorsa ma che andrebbe usata con strutture web più adatte. (ma quali?) Un Esperto è chiamato a semplificare e generalizzare un consiglio, ma un consiglio è per sua natura contestuale …
Anche perchè chi chiede all’Esperto, entro e fuori dal web, si appoggia con una certa fiducia; ma a quel punto la criticità altrui (su un sito) non è più possibile, per non danneggiare una persona che si affida, in un luogo ancora molto inesperto (luogo e non persona) molto inesplorato. In cui la discussione tra pareri tecnici risulterebbe inappropriato e fuorviante.
…. ( o no?)
Altro mi pare invece l’intervenire e commentare nei siti/blog/network “paritari” dove ci si gioca da mamme a mamme, e dove il consiglio o i distinguo sono relativamente necessari e richiesti, dove ci si cerca e ci si confida, si sconfina nel personale, si creano reti di aiuto. Ho ottime amiche nella rete, a cui mi affido per le parole che sanno dire, leggere o complesse che siano.
E anche quando capita di lasciarsi andare ad uno sguardo più professionale, è solo una parte del tutto, della propria complessità di persona, calata nei moltiplicazione ruoli che viviamo.
Infine come persona che si occupa di educazione trovo molto interessante la dimensione educativa che si riscontra nel web, la narrazione, il mutuo aiuto nella crescita di se come genitori/madri, in confronto, la scoperta di nuovi modi e stili di essere genitori ..
Ma come madre faccio molta fatica ad accedere ai servizi con esperti cui chiedere consiglio. Peraltro talvolta mi pare finisca per mancare, ed è ovvio e connaturato al mezzo (lo spazio e il tempo), la dimensione dialogica: io chiedo e l’esperto risponde .. e poi ….?
Si comincia con una riflessione che ho condiviso con una amica “di blog” e siccome poi pochi minuti fa, on topic, ho letto un bellissimo – lasciatemelo dire – post di mammaamsterdam sulla prostituzione, sulle veline e sull’uso dei corpi, vi aggiungo anche quello .
Ne metto un pezzetto come intro e poi potete finire di leggerlo comodamente sul blog di mammaamsterdam …
Mettetevi ben comodi, ce n’è da leggerne, qui.
Dunque, eccoci:
(disclaimer si parla del network donne pensanti ma per estensione io penso al movimento di “rivolta” – verso questa incessante visione di pezzi di corpi di donna, anatomie inutili, movimento che è molto attivo sui principali network e molto discusso su un crescente numero di blog )
E poi uno dice “donne pensanti” …
Questo testo è frutto di uno scambio di riflessioni tra me e x, e mi piacerebbe tenerne una sorta di tessuto/ struttura narrativa dialogico, proprio perchè è anche grazie a quel dialogo che il termine “pensanti” ha assunto uno spessore diverso.
Tutti siamo esseri pensanti, non solo le donne, non solo gli uomini.
Qualcuno di casa mi ha fatto notare che definire un blog “donne pensanti” rischiava di risultare un pò strano, già perchè appunto tutti siamo pensanti. Insomma quel pensante mi è stato fatto notare più volte, e strenuamente ne ho discusso difendendone il senso. Era un pensare diverso. Ma mai discutere chi si è formato in luoghi filosofici … 🙂
Ma tornando a noi: già perchè anche le veline pensano e non è detto che pensino male,!
E pensa anche chi usa capziosamente le immagini femminili … purchè “ignude”, pensa molto “bene” e sceglie.
Così quel pensanti rischiava di risultare pomposo o irridente.
Nel frattempo il network (donne pensanti n.d.r.) su cui scrivo talvolta ed è uno dei forti motori, insieme ad altre associazioni è cresciuto, in dimensioni e capacità di fare pressioni sul tema donne “svestite” e svaluate, così come insieme ad essa è montata insieme, nello stesso spazio tempo (il web) una marea nera e fumigante, di proteste “al femminile”. Alcune decisamente femministe, altre meno. C’è stato il grande successo del “Corpo delle donne” di Lorella Zanardo, anche a livello europeo e ci son state mille e una proteste che hanno cominciato a confluire in quel ribollire. Di certo qualcosa si è mosso e si sta muovendo.
Ed è bello.
Ma mi si è insinuato un dubbio, che ho condiviso con x, e con altri …., dacchè la protesta è bella, forte, vivace, irruenta, spacca, scardina, travolge, scova, espunge, svela, denuda … ma è un pensanti che agisce, spezza, corrode, spinge al mutmento.
Ma nella traccia di un discorso è apparsa la necessità di sostanziare quel “pensare”.
Dove lo mettiamo quel pensare, che è diverso dall’azione, quel pensare che viene insieme e costruisce il nuovo, che è la proposta accanto ai ruderi i ciò che si è così potentemente smontato.
M.:
“ una volta che si sono smontati gli stereotipi (n.d.r. della “velina”) in base a cosa si ricostruisce?
come diamo valore a quel “pensanti”?
Qual’è il senso che assume questo termine, se in fondo è vero quanto mi diceva una persona: tutti e tutte pensano.
non solo le donne pensanti … ma qual’è la qualità del pensare, qual’è la dimensione pedagogica, culturale, etica, umana che si vuole aggiungere per fare smettere questo delirio in cui “tette&culi” siano solo merce, come si fa a costruire un contesto in cui l’uso del corpo sia essere soggetto, abbia intenzione, interazione.
come facciamo a non disperdere il diritto alla provocazione del corpo che può essere anche sessuale, come possiamo tenere il valore della trasgressione, o il diritto ad esercitare la nostra voglia di donne “del desiderio” che seducono il loro compagno/uomo/marito ….”
x:
“temo che la posizione sulla quale ci stiamo interrogando sia la più difficile….l’atto della denuncia denuncia infatti ha il vantaggio di una certa “economia concettuale”… è una azione veloce, rapida, [ …] ma poi occorre una altrenativa, in seguito […] L’alternativa consiste nel cercare secondo me di immettere temi di discussione, fare emergere le esperienze dei singoli, di scardinare il sistema merceologico che vuole che l’oggetto di interesse sia quello che vende. […]
Ma è faticoso! Spesso quando quando si tratta di elaborare di più i concetti ecco che la gente si annoia … e i tentativi di creare momenti che stimolino discussioni un po’ più complesse e articolate vanno in fumo, come se leggere più di 4 righe o o esprimere più parole nuove creasse disagio, noia …….
M.:
“Direi che hai centrato perfettamente il cuore di ciò che va espresso. Il cambiamento costa fatica, ma solo la fatica permette di produrre risultati.”
Così mentre tento di riassemblare insieme i frammenti di una chat, mi immagino le nostre figlie, le sorelle più giovani, quelle di noi che si affacciano alla vita, al lavoro, al mondo degli affetti e si chiedono cosa farsene di quei corpi, che in dialogo perpetuo con il loro pensare compongono loro stesse, noi stesse.
E vedo una simile deriva:
la negazione: la negazione più profonda dietro un burqua, come nel corpo ipersessualizzato per vender prosciutti o reality, la negazione di pari opportunità nel lavoro, la negazione di una maternità tutelata adeguatamente e assurta a privilegio di poche, la negazione di una libertà sessuale di recente conquista, e quella relativa alle scelte di vita e realizzazione di se anche fuori dal matrimonio.
Ma a buttarsi nel esecrare tutto il corpo “da vedere” si rischia di negarlo di nuovo, di negare noi stesse di nuovo.
Essere Pensanti significa forse ritrovare in quei corpi ed esposti in alcuni luoghi dove devono resistere, ed esistere ancora. Luoghi dove i corpi ancora esposti hanno un senso (l’arte? il cinema?). Dove possono sostare eppure nudi, eppure pieni di significati, quelli che sono contenuti da un corpo che non perde di interezza.
Per non ritrovarsi prigioniere come in passato di corpi negati, e quindi di pensieri negati.
E di negare un futuro diverso con gli uomini che non negano il loro corpo e non negano il nostro.
Si fa fatica a seguire questi pensieri?
Magari si?
Ci si annoia, ed è difficile seguirli?
Forse si.
Ma è una fatica che fa crescere.
E’ la nostra sfida …
Ecco invece il controcanto di Mammaamasterdam; è un passaggio azzardato, lo ammetto. Ma è uno sguardo, il suo, che non delega il pensiero e lo assume sino in fondo, fino a dare quasi fastidio, perchè è da quel fastidio che possiamo credere, cominciare, imparare.
“È terrificante pensare come il tessuto di sostegno sociale stia fallendo in questo momento, come i genitori, la scuola, gli esempi, le pressioni esterne stiano modellando una cultura del de-merito. Come dice giustamente Roberta, questa serena convinzione per cui non serve sbattersi, non serve essere onesti, non serve rispettare le leggi. Basta vendersi, e non mi riferisco solo al sesso, per avere successo nella vita.
Qui, altro che normalizzazione della prostituzione, qui siamo finiti nella prostituzione della normalità, non sappiamo come sia successo e ci stiamo pure chiedendo se ne verremo mai fuori.A questo punto il condannare le escort che amano la bella vita facile scusate, ma mi sembra sparare sulla croce rossa.” (Continua qui…)
è un pò la vecchia storia dell’andare in un luogo bello ed incontaminato, e cominciare a depredarne le ricchezze, sbancando la natura, distruggendo un ecosistema, flora, fauna ed abitanti del luogo.
oro, diamanti, petrolio … o un minerale di un pianeta alieno. as usual per noi terrestri, bianchi, conquistadores, colonizzatori, multinazionali del petrolio ….
quello che fa riflettere, al di la del cinema e del film, è vedere una storia che si rinnova e non cambia mai.
noi si sta dalla parte dei na’vi, com’è ovvio, idealmente, ideologicamente, di pancia e di cuore, a pelle, per cultura e sintonia. pensare di saper restare in sintonia con il luogo in cui si vive senza distruggerlo, senza andare verso l’autodistruzione, è un bel pensiero.
ma noi siamo gli invasori, in realtà, qui e ora. spesso. comunque.
mentre si vorrebbe tanto che la storia cambiasse, anche qui da noi e non solo nella finzione scenica.
…
interessante che il pianeta del film, interconnesso a livello biologico e dialogico tra le sue varie forme viventi, sia retto da un principio maschile che svolge il ruolo di governo organizzativo che ha una co-reggenza ed è coniugato al principio femminile della sciamana, che è la traduttrice/l’interfaccia di un pianeta intero.
le due forze bilanciate governano l’armonia, in armonia, l’interconnessione, il dialogo tra le forze.
che sia questo il modo in cui noi potremmo cambiare e smettere di essere i protagonisti assoluti dello scempio del “nostro” pianeta?
va da se, la sf evoca spesso mondi e sogni a cui si sarebbe onorati di appartenere.