Però vorrei rimettere a fuoco alcune faccende, che mi paiono costituire la scena di sfondo. La rete, è di sua natura piuttosto libera, fluida, quasi anarchica, irriguardosa e irrispettosa di regole abituali, dotata di una sorta di modello di autoregolamentazione intrinseco e che si scopre solo navigando. (mi pare che la questione wikieaks abbia ben illustrato questo concetto di libertà). Quindi è intrinseca la nostra libertà di leggere o non leggere, fare e disfare, incazzarci, scazzarci, offendere, insultare; in linea di massima le regole che possono fermarci sono solo quelle dettate da buonsenso e buona educazione. Per questo mi sembra interessante riflettere, laddove non c’è un sapere precostituito, ma un sapere che nasce dalla prassi, dall’esperienza diretta, gli spazi di riflessione sono importanti. Il dissenso è importante. Mentre trovo sciocca l’offesa gratuita alle persone, perché non riesce a dissentire sugli argomenti, ma si spinge nel fermare la discussione con l’incazzo (e come sappiamo bene dalla tv i nostri politici e conduttori tv sono maestri).
Cavolo, ma spacchiamo pure il capello in quattro (tetrapiloctomia applicata) per argomentare il dissenso, i temi importanti che vogliamo evidenziare, ma restiamo sul tema, non facciamo nostro lo stile che vediamo in tv. Lo spazio del blog ce lo consente. […]
Mi restano le domande di fondo che non credo siano qui risolvibili, […] le mamme i consumatori non sono scemi, ma devono imparare a scegliere, qui fuori dalla rete nessuno sta insegnando a farlo. …
Ho riletto e mi sono chiesta ma i nostri figli, i cosiddetti nativi digitali, come impareranno? Dove e da chi?
Pensavo che muoversi in questo ginepraio, per noi adulti e mediamente acculturati è già un bell’impegno, ma per loro (i figli) chi sta filtrando e ridefinendo i saperi che si stanno , le regole e le meta regole, la deontologia, l’etica e il loro contrario.
Mi sembra che almeno per le regole Internet viva un assioma simile a quello di Watzlavick, che recita “non si può non comunicare”, quindi anche l’idea che in rete non ci siano regole è una regola ….
Cavarsela qui dentro, a 13 anni, non deve esser semplice… Ma anche da adulti, non mi pare semplice, soprattutto in assenza di snodi di riflessione, o no?
Vacanze natalizie, casa, discussione politicamente animata sui perchè lsd, dagli anni 70, non sia stata più studiata nonostante i promettenti risultati in campo medico.
Una ricerca bloccata, non più finanziata, per il timore che una droga così potente …. (??)
Insomma questione non risolta, forse la questione “droghe” evocano una serie di resistenze, risolte in modo semplificatorio tra quelli che si drogano/drogherebber
o e quelli che no. E anche la scienza si è trovata ingabbiata in questa scissione? Fattore piuttosto imbarazzante visto che gli studi scientifici hanno sperimentato anche in modo eticamente, altrettanto, imbrazzante.
Alla fine forse, quella sera sarebbe stato meglio non vedere la tv che ci aveva suggerito cotanta verve nella discussione. Difficile quando tanti temi si intrecciano, attorno ad un argomento, e lo ingarbugliano tanto. Tutti sanno che ci sono questioni che implicano tante sfaccettature che ne escono con le idee chiare solo gli integralisti, per tutti gli altri non resta che una serie di dubbi, eventualmente risolvibili soltanto quando uno finisce in mezzo alla questione, quando si viene tirati in mezzo alle decisioni personali che toccano l’etica.
(aborto, eutanasia, ricerca genetica, sperimentazione sulle staminali, eutanasia, testamento biologico e simili) …
b.
Facebook, becco una bella discussione sul parto.
In cui qualcuno sostiene che il parto in assenza di dolore (epidurale) è osteggiato in Italia per via di un malcelato senso cattolico che sottomette le donne al dolore come accettazione. O espiazione, resta sotteso.
Insomma ci fan partorire con dolore perché così vuole la chiesa … Mah! E che il dolore del partorire può essere sedato come avviene in caso di una estrazione di un dente… (guiro!!)
“uno spunto di riflessione: anche togliere il dente con dolore è naturale, ma penso che a nessuno faccia schifo l’anestesia del dentista …”
Ho espresso le mie perplessità con quel piglio da maestrina acida, che talvolta mi supporta con forza ….
Chissà perché, da non cattolica certe riflessioni sui complotti vaticani mi lascian perplessa. Almeno la riflessione sul dolore della Chiesa mi è pure relativamente nota, ma non mi pare ci azzecchi con il parto.
Un figlio non è un organo malato, un dente cariato, il dolore del parto è fatto di mille e uno fattori.
O meglio il parto è fatto di mille uno sentimenti, dolore compreso. Ognuno decida pure come lo vuole vivere.
Ma non toglietemi la sua complessità.
In ogni caso io di quel dolore me ne sono fatta qualcosa, in termini di forza e resistenza, e di debolezza bisogno della presenza di una brava ostetrica e del padre delle bimbe.
Una esperienza di incontro, non solo con il dolore, ma con la nascita – ogni volta nuova – delle mie due figlie. E con tutto ciò che esso comporta.
Ma lo ammetto, io che azzero ogni accenno di cefalea, con la chimica più becera … non capisco la paura del dolore nel parto. Sono proprio ottusa in questo senso, così come capisco anche meno chi vuole partorire in anestesia totale, quel buco nero della coscienza …. a maggior ragione prima di vedere tua/o figlia/o.
Detto questo resta da ragionare sul senso del dolore, sulla medicalizzazione del parto (è più cara e quindi più conveniente per gli ospedali mi spiegava un ostetrica), su una esautorazione della donna e della coppia nel processo di nascita del proprio figlio, una lettura di un evento naturale come se fosse “malattia”.
Può anche darsi che per qualcuno la resistenza/sopportanzione del dolore sia un tema che attiene alla sua sfera religiosa, ma mi sembra più un dato personale che una trasversalità.
Mentre il movimento nato da Leboyer in poi sembra piuttosto evocare una riflessione più collettiva sui riti e le prassi del nascere.
c.
Il futuro dei figli.
La butto lì grevemente, ma la crescita e il futuro di un figlio quanto dipende dalla scelta della scuola. Io ho il timore di essere una madre un pò chioccia, ma ho la sensazione che non basti una scuola più “figa”, le attività sportive, a dare ad un figlio gli strumenti per il futuro.
Che so mandare un figlio a studiare lontano (dopo la scuola media, non parlo di università momento nel quale l’uscita dal nido consogliabile, imho) per avere una scuola migliore, negli anni della crescita/formazione emotiva, sociale, culturale, affettiva, sessuale ….
Io ho molte resistenze e dubbi, e mi pare che questa enfasi su scuole di alto livello, come garanzia di chissà cosa, sia sproporzionata.
Gioco con una riflessione al ribasso non è che i figli del famoso Avv.to Agnelli siano stati così felici, o solidi. Avranno studiato nelle scuole migliori, e hanno una barcata di soldi.
Sono per questo persone migliori, più felici … ?
Per quanto io conduca una battaglia, minimalista, sul bisogno di scuola e di cultura, però penso che il futuro delle mie figli passi anche da una carta capacità di resilienza, che ad oggi non viene incentivata dalla scuola