PONTITIBETANI

Zone Temporaneamente Autonome


Lascia un commento

L’eredità di zia Pina

Tutti dovremmo avere una zia Pina. Una lontana parente, magari nemmeno mai conosciuta, in tal modo che alla sua dipartita non se ne abbia a soffrire. Vecchia zitella, acida e ricchissima, che avendo vissuto una vita in micragnaggine totale, ci lasci eredi di una immensa fortuna.

Così che espletate le esequie, esvolte le incombenze ereditarie da noiosi e annoiati notai  … si passi rapidamente alla consumazione veloce del patrimonio.

Perchè così deve essere. Come direbbe mia figlia, si va allo sciallo totale. Si va a fare shopping e si sistema un pò la casa. Tanto non sono soldi guadagnati, ma ereditati. Frutto di una fatica altrui.

Ecco la listina della spesa …

  • un ascensore ultratecnologico che viaggia alla velocità di sette metri al secondo
  • tre pouff con struttura portante in acciaio cromato lucido, i due divani con rivestimento sfoderabile in ecopelle (12mila euro)
  • comodino del letto, con struttura in legno massello di rovere e le nove sedie per la sala da pranzo (seimila euro) Continua a leggere


6 commenti

“Credulonia” .. tagli selvaggi e futuri improbabili

Una collega mi racconta che i servizi di tutela minori (quelli che si preoccupano di fare qualcosa per i bimbi maltrattati o abusati o in grave difficolta, insomma i bimbi, lo dice  o direbbe il nome, che vanno tutelati) e  alcuni servizi sociali che vengono letteralmente decapitati, dalla scure della finanziaria. Tutti hanno meno soldi e comuni e regioni tagliano, dove e come possono.

Così da un giorno all’altro la famiglia affidataria/adottiva/problematica, la madre maltrattata/ il genitore di un bimbo con difficoltà/il bimbo abusato si vedono sparire  figure di  riferimento a cui chiedere supporto, o che già fornivano un sostegno.

Ovviamente ( ma perchè deve essere così ovvio?) nessuno avvisa nessuno: i servizi evaporano, spariscono, fluttuano … E persone (non cose o oggetti) restano chiaramente e “tecnicamente” abbandonati.

Non è così dappertutto, ma intanto comincia a succedere.

 

 

Tutti i genitori sanno dei tagli previsti dalla Riforma Gelmini, più alunni, meno insegnanti, meno sostegno ai disabili e via dicendo.

L’ottica è il risparmio, anche qui si taglia e si toglie.

Così i bimbi disabili non hanno più quelle figure che li aiutavano nel percorso scolastico e restano abbandonati alle “buone” volontà di qualcuno. …

E gli altri bambini?

Ma suvvia … in fondo siamo cresciuti tutti con il grembiulino, i voti e il maestro unico .. e non siam morti.

 

 

Marchionne promette vaghi futuri e ricatta ( a mio personalissimo avviso) in nome di un risparmio …

Taglia anche lui, e cerca il risparmio, in una logica che a suo modo ha “una logica”…

 

Tutto questo ha una sua logica: c’è una grave crisi economica mondiale, e i soldi mancano, quindi si risparmia e si taglia su qualcosa.

Una logica (che si dice essere) inevitabile.

La prospettiva “dei tagli” ricade straordinariamente sui diritti, che vengono negati in nome della crisi.

E non basta, perchè questi tagli NON vengono promossi/proposti come un male necessario ma estemporaneo; non sono  “compensati” da servizi suppletivi (più ecomici o leggeri) che indicherebbero una volontà di NON azzerare i diritti.

Questi tagli raccontano di una cultura che non racconta più che quei diritti sono fondativi, perchè indicano :

un pensiero “civile” sui diritti che sparisce (tagliato anch’esso?)

un pensiero adulto sugli sprechi (che dice taglio lo spreco ma continuo a presidiare le fragilità)

un pensiero proiettivo (che si chiede cosa succederà continuando a negare i diritti)

un pensiero progettuale  (diretto alla necessità di tornare a spendere ,e magari meglio, per garantire i diritti).

Eppure io, persino io, in fondo capisco che in un mondo così flessibile una parte di flessibilità è intrinseca, e pertanto muteranno le cose, gli scenari, i pensieri, e le scelte. Magari muterà anche il modo di definire i diritti, di erogarli.

Ma ciò che NON riesco pensare sono i diritti del tutto negati, nella pratica, in un ottica di risparmio e flessibilità.

Ed è ciò che sta succedendo.

Non posso pensare che un bimbo abusato non troverà nessun operatore pronto ad accogliere il suo problema, a supportarlo; non una psicologa che lo aiuterà ad elaborare il trauma, non un educatore, un servizio, non un operatore.

Solo perchè il servizio è scomparso, perchè non ci sono i soldi …

 

Ma potrei anche pensare che la cosa NON mi riguarda,

in fondo (non fosse per il mio lavoro) tutte queste cose potrebbero non toccarmi,

a scuola le mie figlie se la caveranno bene lo stesso (suppliremo come famiglia, e come famiglia allargata avremo persino più chances di offrire una cultura diversificata e variegata),

non siamo metalmeccanici,

non abbiamo problemi legati a qualche fragilità, disabilità, anzianità, etc …

 

Resta però solo un dubbio inesausto …

ma che razza di mondo avranno in dote le mie figlie, vedranno gli adulti oggi disinteressarsi dei loro compagni con disabilità, lasciare soffrire un compagno maltrattato, vedranno che i diritti non hanno valore (anche se esistono pompose giornate dei diritti, per qualsiasi cosa, che resteranno scatole vuote), vedranno un mondo che sostanzialmente che se ne frega.

Qui cresceranno, vedranno, diventeranno donne, adulte … il cinismo magari sarà quotidiano.

I problemi saranno lasciati alla deriva.

Non avrà valore avere fiducia.

Avranno un futuro.

Improbabile perchè svuotato dei diritti.

 

 

lo so, non mi è venuto bene questo post, stanchezza e turbamento si mescolano.

spero però sia chiaro.. sorry

 


7 commenti

Nel mondo delle iene

Buongiorno nuovo anno …!!!

ma perchè al terzo giorno mi rovesci addosso un bel pò di porcate???

 

Così il secondo o terzo post dell’anno inizia con un giramento di scatole  di tipo lavorativo … di portata epica.

Non entro nel dettaglio.Ma lo tocco tangenzialmente.

Ho lavorato per un cospicuo numero di anni in una cooperativa sociale che opera nel terzo settore, in cui ho attrarversato un pò di ruoli, sia quelli di tipo strettamente educativo che quelli più tipici del “governo” di una struttura simile (lavoratore, socio, c.d.a., gestione risorse umane, etc), un paio di anni fa ne parlavo così,  e anche così.

Nelle vacanze di natale sono tornata a trovare i miei colleghi, soci storici, amministratori, coordinatori. Un nucleo antico di amici e sodali che sono sempre felice di ri-trovare. Persone “per bene” che rendono il lavoro cooperativo, l’impresa cooperativa, qualcosa di significativo e collettivo. Stop.

E ci sono altre cooperative così, quelle vere fatte da veri soci, veri bilanci sociali, vere scelte etiche, vere scelte di amministrazione … tutte costruite con il senso di un lavoro (che è) comune, fatto di scelte che vanno condivise e a volte co-costruite,  caratterizzato di una responsabilità individuale ma diffusa. (Magari è eccessiva l’enfasi sul termine vero, magari è pure ridondante ma intendo sottolineare la congruità tra la mission e la pulsione alla sua realizzazione).  E’ un modo di essere impresa.*

 

Poi ci sono le iene, cooperative nate per fruire di quelle che erano agevolazioni varie, e che di cooperativa e sociale mantengono solo un nome.

Per il resto sono come le imprese profit, con i classici megapresidenti, gli amministratori che (pur nel piccolo) si giovano di bonus faraonici, se rapportati agli stipendi previsti dal Contratto Nazionale delle Cooperative Sociali. Cooperative in cui l’assemblea dei soci ha il medesimo valore del due di picche; e in cui esiste il triangolo verticistico ineludibile e inamovibile, come nelle PMI del padroncino. Realtà a volte prive di ogni dinamismo progettuale, democratico e condiviso, e caratterizzate dalla incapacità di interagire in modo comunicativo al proprio interno e al proprio esterno.

Insomma si tratta di “fuffa”, non in termini produttivi, aziendali o economici, ma in termini di mission. I soci (quindi in teoria i primi partecipanti/responsabili/costituenti dell’impresa cooperativa) hanno la stessa possibilità dialogica/contrattuale, con i vertici, del neo assunto alla fiat con Marchionne.

E in questo periodo di crisi economico la fuffa, le finte cooperative sociali ( … lo ascoltavo qualche giorno fa alla radio, lavoratori soci trattati come bestie) sembrano piu pervicacemente decise a escludere il proprio mandato iniziale, almeno quello connesso al nome di cooperativa e di sociale.

 

Non si tratta di stabilire se la cooperativa sociale sia migliore o peggiore di una impresa profit, ma capirne il significato, il contesto e ciò che si può fare in una cornice imprenditoriale dell’uno o dell’altro tipo. E penso quanta fatica costi essere cooperativa in quel modo, che impegno anche in termini  di pensiero costante, di tempo, di sforzo di chiarezza, di formazione, di comunicazione, perchè poi le persone e i soci, cresciuti diventano più attenti, accorti, richiedenti, più adulti, maturi … e aumentano la fatica. Ma solo così la qualità dell’impresa si “raffina” e diventa una dimensione di cultura diffusa, che si riflette nei servizi, nei rapporti con il territorio, nelle prassi educative con gli utenti dei servizi, nella competenza comunicativa; solo in questo modo emerge la qualità aggiunta che crea una impresa di questo genere. Peraltro un gemellaggio tra profit e no profit avrebbe un notevole valore aggiunto, in termini di scambio.

Una cooperativa sociale non può, per mandato, produrre una ricchezza economica e monetizzabile, può produrre invece una ricchezza culturale che emerge nella cura che offre nei suoi servizi e al proprio interno, insegnando che quel lavoro condiviso ha un valore aggiunto alto (che pure non può  e non è  – purtroppo – riconosciuto in termini economici).

Insegnando e imparando (mentre lo fa) un diverso concetto del lavoro, e di rispetto che è ad esso dovuto; rispetto reciproco da parte di chi lo organizza e lo attua concretamente.  del senso che ha il lavoro, e di come il “rispetto”, la correttezza, l’etica interna diventa uno stile di azione che inevitabilmente si concretizza nelle forme del lavoro esterno.

Ecco perchè le cooperative “fuffa” mi causano tanta insofferenza …

 

E io vorrei tanto che ci fosse un bollino che riconosce alle “vere” cooperative sociali il grande lavoro che fanno a partire da quel nome.

 

n.d.t.

* Capitava di sentirmi dire, quasi con sgomento “ma lavori in una cooperativa sociale???”, come se si trattasse di una scelta improponibile. La fama negativa di queste imprese è data non tanto dalla struttura ma dal fatto che alcune appiaono come un modo di sfruttare i lavoratori, oppure dal fatto che non pagano, oppure dal fatto che così “eludono le tasse”. Credo che la differenza si palesi nel mio discorso. E immagino che la cattiva fama arrivi da chi opera scorrettamente. Un pò come dire che tutti i liberi professionisti evadono le tasse, e così come immagino che non tutti lo facciano.