A Siena c’erano twittamiche vecchie e nuove conoscenze. L’evento l’ho seguito così, ritwittando come potevo, tra le incombenze del week end, tra una occhiata saltuaria alla Timeline e le faccende della mia allegra famigliola in giardino.
Poi ieri in rete ho trovato qualche retropensiero interessante che provo, in breve ad intrecciare qui, con le mie sensazioni.
E link quindi :
Voci diverse, è indubbio. Inoltre aspetto altre riflessioni che arriveranno da altre amiche, che troverete già forse oggi o nei prossimi giorni (gruppo facebook #donnexdonne) …
La mia sensazione, che corrisponde anche ad una restituzione che spesso mi arriva dalla compagine maschile persone stimate per intelligenza e capacità di analisi critica, è quella che spesso vede le donne a raccontarsi della rete che stanno facendo, ma non riuscire a delineare le prassi che emergono nel costruire rete. E invece è proprio questo lo snodo, raccontare come si progetta, cosa si progetta, quando lo si agisce, lo si verifica .. rende questo modo di fare le cose la possibilità di mostrarla, di proporla, e implementarla anche in altre realtà. Se è vero, e non ho dubbio, che le donne fanno (e non solo sanno fare) è ora che si cimentino anche nel mostrare e insegnare come si fa.
Per questo la rete è sostanziale, tanto per il potenziale di diffusione che rappresenta, quanto per essere un luogo di possibile co-progettazione, di condivisione di informazioni/saperi/progetti.
Ho saputo, via twitter, da due amici: “una direttrice di banca che ha raccontato che le agenzie dirette da donne siano statisticamente più attive/ricche”, e non appena riesco cerco di pubblicare i dati (che uno dei due forse riuscirà a estrapolare e fornire); questo è un modi di capire qual’è lo stile femminile che determina alcuni modi diversi di agire, e diversi esiti. Quali culture soggiaciono, nei luoghi, in cui le donne riescono a portare un diverso contributo al lavoro, alle politiche, alla cultura, agli stili familiari.
Mi sento di condividere una riflessione con Giovanna Cosenza, come nel post citato, “Che molti discorsi – troppi, per i miei gusti – contenessero tante dichiarazioni di principio, slogan, racconti personali e collettivi, ma tutto sommato poche proposte concrete, liste di cose da fare, obiettivi da raggiungere a breve, medio e lungo termine. Negli anni Settanta il movimento femminista italiano vinse – non da solo, assieme ai partiti e agli uomini – su obiettivi concreti come l’aborto e il divorzio. Poi svaporò. Per non fare la stessa fine ci vuole un’agenda di obiettivi precisi e concreti, subito.”
Quindi pensieri e prassi, e condivisione, sono il primo passo.
Aggiungo solo due/tre altre considerazioni, davvero a pelle, sul SNOQSiena mentre seguivo la giornata via twitter ho sentito fastidio quando sono apparse le solite voci della politica (pure apprezzando le singole voci di destra e di sinistra, e l’organizzazione che ha saputo contenere tutti gli interventi entro i 3 minuti; scelta che sento come molto democratica). Ma resta il (mio) bisogno che a raccontare siano ora altre voci, non le stesse, non le solite, che le voci siano più polifoniche; sarà che oramai la rete mi ha abituato/insegnato che il valore delle persone è molto più diffuso, e non sempre corrisponde con i centri di potere.
Infine resta, grazie anche agli articoli citati, la sensazione di una pluralità di voci, che sembra concentrarsi su un punto: occorre passare ad azioni plurali, piccole e grandi, condivise (se non nelle logiche nella capacità di accogliere in un comune orizzonte di senso), in rete e nella propria vita, in piccoli gesti, o nelle manifestazioni, nel lavoro. Qualcosa che non è sempre necessariamente figlio di una regia dall’alto, ma sembra comunque funzionare in modo coordinato, auto organizzato.
E questo “occorre” non indica più qualcosa che si farà, ma qualcosa che è già in azione.
Almeno questo è il mio pensiero.