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Olimpiadi, Pellegrini, e la vita, in fondo.

I pellegrini, ebbene si, io non sono quelli che vanno in pellegrinaggio a quel sacrario dello sport che e’ in questi giorni Londra. Al massimo si pellegrina davanti ai dispistivi tecnologici atti alla visione di detto spettacolo ….

Pellegrini, del titolo, sta invece proprio ad indicare l’atleta Pellegrini. Di cui si sa che non ha vinto il dovuto, e che l’universo modo mediatico e web ci ha leggermente frantumato  con i retroscena, le retroanalisi, i pettegolezzi, e icommenti da bar, da parrucchiera, da fattucchiera, da zittella inacidita, da misogino rinsecchito. Continua a leggere


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C’è rete e rete e rete

UNO
DUE
TRE

Sabato scorso ero ad una riunione per la formazione di una rete di comitati, così ho potuto osservare lo snodarsi di una serie di concetti di rete, che mi hanno incuriosito. O meglio, nessuno dei partecipanti e dei promotori ha realmente concettualizzato la sua idea di rete, ma tutti l’hanno agita, indiscutibilmente, mentre ragionavano di rete, di riunioni, di temi e di rapporti con altre reti.

La prima immagine (UNO) è assai simile quella della visione di rete che è “uscita”dalla riunione: la rete da pesca che raccoglie tutti, pesci piccoli o grandi, con un pescatore che si trascina dietro il pescato. Si rappresenta come è una struttura contenitiva e regolare, geometricamente prevedibile.

La seconda immagine (DUE) è quella della ragnatela, una struttura ancora regolare, mossa da un pensiero unitario (il ragno) i cui fili, nei loro snodi, vibrano ancora all’unisono. Anche questa immagine è pertinente allo sviluppo della riunione, c’è un coordinatore, delle teste pensanti, che tessono e tirano i fili.

Quello che invece non ho visto accadere – per ora – e’ la terza possibile rappresentazione di rete (TRE), quella che sta in analogia con il web. A me pare più probabile che la rete umana (costruenda) possa essere pensata come la rete web, dove gli snodi non sono geometricamente prevedibili, dove probabilmente si costruiscono e sviluppano, talvolta, anche indipendemente dalla volontà di coordinarla. Una rete che è più episodica, più complessa, strutturata su una pluralità di livelli e connessioni che si attivano, alle volte su un bisogno, una necessità, altre volte in modo capzioso. Una rete necessariamente più fluida, meno contenitiva, ma più snella e pronta ad attivarsi (o disperdersi in nessi poco efficaci).

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Fotografia, arte, creatività, disabilità, immagin-azione e storie personali

Domenica 17 aprile 2011 sarò qui a festeggiare il Circolo Fotografico Cizanum; fondato 4o anni fa, insieme ad un manipolo di amici, da mio padre.

E’ una storia di fierezza, amore filiale e di apprendimento, apprendimento che mio padre non sapeva di regalarmi.

Il fatto è che la fotografia ha costellato il mio sapere, inconsapevolmente e indelebilmente orientando il mio sguardo; da piccina, aspettavo il sabato mattina, per guardare le riviste di fotografia comperate da mio padre, che stavano lì lasciate sul divano, e non ancora sfogliate … Anche nella libreria di casa erano raccolti molti libri che sfogliavo e ho risfogliato per anni.

Curiosa e attratta dalle immagini.

Una magia infinita.

Viva ancora oggi.

La fotografia, le immagini fanno oggi parte del linguaggio che uso e scelgo per i miei blog, immagine e sguardo rappresentano la mia comunicazione, fa parte della ricchezza espressiva che cerco ovunque.

 

Una altra parte della mia fierezza filiale va anche al fatto che mio padre ha portato, altra innovazione molto “social” della sua vita, la fotografia in un luogo atipico (allora) ovvero in mezzo agli abitanti di una vera e propria cittadella della disabilità, città nella città dove vivevamo.

Ha “persino” messo le sue Olympus in mano ai disabili, li ha portati in giro a fotografare, li ha messi davanti a pinze e bacinelle in camera oscura.

Mi ha insegnato a meticciare i saperi e non avere paura delle mescolanze.

 

Oggi io lavoro, spesso, nei luoghi e nei servizi della disabilità.

Ho imparato anche quello, mettendoci di mio l’educazione, la corporeità e la meraviglia dello sguardo.

Sono sempre stupita della potenza espressiva dei corpi, della loro ricchezza inesausta mai davvero fermata dalla disabilità. Basta imparare a guardarla.

In uno dei luoghi dove lavoro mi affascina ogni volta per la bellezza espressa dai quadri che vengono prodotti nell’Atelier di pittura, per la ricerca espressiva non banale, e la ricchezza cromatica.

Ho scoperto che anche loro fotografano, e non solo fanno un laboratorio interno che si chiama “Kalòs” .. ma organizzano da 4 anni una mostra di fotografia. Un meticciamento interessante, almeno per me, dove i disabili e il loro centro diventati esperti di sguardi, colore, immagini e bellezza diventano promotori di mostre e concorsi fotografici, come questo.

(ma di raccontare questa storia di fotografia e apprendimenti non ho finito …)