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La “malefica” rivincita del vero amore.

Da madre di una piccolina di quasi sei anni mi devo tenere aggiornata sulle tendenze di tendenza. e quindi il cinema è una palestra di saperi e culture che rivisito puntualmente.

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Orbene la fata/strega Malefica ” Maleficent” non solo scopre il suo istinto alla cura e all’amore, e lo fa senza diventare necessariamente una causa di diabete per tutte noi, ma è l’unica che sa/riesce dare il bacio di vero amore che scioglie l’incantesimo, dai lei,  gettato sulla principessa Aurora.

Un bell’endorsment per la famiglia non tradizionale, e una bella scossa per chi crede che l’amore abbia a che vedere con il sangue e il dna.

Il principe c’è, è un tenero amore, ma alla fine non va e non funziona. Non salva, soprattutto.

Il re e il padre è governato dalla legge dell’odio e del possesso. Insomma gli uomini non hanno il tradizionale ruolo salvifico.

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C’è poi “Brave” dove la madre salva la figlia e la figlia salva la madre.

La madre riscopre la sua natura selvaggia e non domata ma anche più autentica. Per chi ha letto “donne che corrono con i lupi” il nesso appare immediatamente.

E la figlia cresce salvando e imparando ad amare sua madre, come primo oggetto di amore e riconoscibilità di/per se stessa e dell’altro/alterità, e poi imparando a mediare e ad aver cura.

Gli uomini fan da simpatico corollario, anche qui non sono protagonisti, sono un po’ caciaroni e simpatici, e di fondo leali; ma sono uomini non ancora “pronti” e in ciò ricordano a tutti che il tempo dell’amore arriva al momento giusto, quando ci si è salvate, quando si è intere.

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E poi s arriva a “Frozen”. Dove ancora una volta l’amore protagonista e che salva è quello … tra le due sorelle; non salvano gli uomini, non lo riesce a fare il principe (che è pure traditore), e nemmeno il simpatico tagliatore di ghiaccio.

L’amore c’è., ma è quello tra le sorelle; che rappresenta un altro livello di rapporto affettivo capace di salvare; e con questo sbaragliamo anche la tradizionale leggenda dell’invidia tra sorellastre di Biancaneve, e ci riappropriamo della lealtà fraterna di Hansel e Gretel o Pollicino .

Non manca l’amore tra uomo e donna, non preoccupiamoci, ma resta nello sfondo, non è salvifico. Resta una potenzialità che si realizzerà, certamente, è ovvio, quasi ancora scontato, ma non immediato.

Insomma l’amore e il lieto fine sono cambiati, non è il principe che porta via dai nani una stordita Biancaneve, insomma prima della coppia arriva qualcosa di altro, serve altro.

Arriva il salvarsi, il ritrovare l’amore che c’è, in un femminile complice e non nemico, non competitivo, e che risponde alla legge dell’amore, della cura, dell’imparare a proteggere, superando odi e vendette, affrontando paure, fasi di crescita, anche usando proprio dono di “fare male” in modo positivo, (il dono del ghiaccio in Frozen), o gestendo con cura il proprio “potere”.

E gli uomini?

Ci sono e, io credo, possano grazie a questo femminile che ci viene riconsegnato de-bandalizzato e autentico, cimentarsi nella stessa prova straordinaria.

Le donne si salvano da sole, imparano ad amare, aspettandosi la reciprocità.

Mi immagino come un processo bello, per gli uomini, questo mirato a cercare o ritrovare la propria interezza, i propri codici di amore e cura, insomma la propria strada che incontri quella delle donne, che decideranno di amare.

 

 


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imparare da …

Come quando tuo padre ti chiese il disco dei Pink Floyd per fare un audiovisivo.

E lì hai capito che anche gli adulti imparano dai figli (ormai tardo adolescenti), e li guardano ancora con lo stupore intatto, di quando erano piccoli, per quello che portano a casa, musica, pensieri, stimoli …

Regalando loro così una grande possibilità, imparare pur insegnando. Lasciti importanti.

Grazie M.F.
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So, so you think you can tell
Heaven from Hell,
Blue skies from pain.
Can you tell a green field
From a cold steel rail?
A smile from a veil?
Do you think you can tell?

And did they get you to trade
Your heroes for ghosts?
Hot ashes for trees?
Hot air for a cool breeze?
Cold comfort for change?
And did you exchange
A walk on part in the war
For a lead role in a cage?

How I wish, how I wish you were here.
We’re just two lost souls
Swimming in a fish bowl,
Year after year,
Running over the same old ground.
What have we found
The same old fears.
Wish you were here.

 

Read more: Pink Floyd – Wish You Were Here Lyrics | MetroLyrics


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La visione dell’insieme Ovvero del Femminicidio

I numeri e dei dati contenuti dell’articolo della stampa che si intitola “Bimbi senza mamma e papà L’altra faccia dei femminicidi”, che immagino seriamente veritieri, sono preoccupanti.

Ma non è questo il solo nodo della questione.
E partendo dall’inizio mi pare che il nodo originario sia e resti il significato di un legame.

Non compreso, non insegnato, non pensato.

Un legame di coppia che diventa l’unico significato che si e’ capaci di comprendere:
Io e te.

Una sottile traccia che tiene insieme due persone, e che non e’ destinata a diventare parte di un sistema complessivo,  di una rete di significati, materiali, affettivi, parentali, economici.

legame chimico

Resta composto da un solo filo. Che si colloca in una scena in cui ci sono solo due parti: lui e lei; scena inizialmente molto romantica, e che diventa subito dopo desolata e desolante, se non si va a riempire di un gruppo sociale, il lavoro, e la famiglia nella sua struttura reticolare (perché negato e cancellato).

In quella scena, si vuole anche negare la presenza del tempo, e di una storicizzazione dei fatti, costituita di prima, durante e dopo.

Nemmeno i figli ci sono, e se ci sono evidentemente non sono pensati come parte della complessivita’, restano a malapena parte dello sfondo, ma inessenziali all’io/tu. Oppure valgono come accessori di conferma dell’orgoglio riproduttivo.

La parte principale resta sempre quella del legame iniziale uomo-donna, reso incapace di crescere, di essere davvero fertile, evolutivo.

Una volta la cultura di base insegnava/diceva lo “faccio per i figli”, creando azioni e progetti che traevano significati dalla necessita’ garantire un futuro possibile, reale, o sereno a questi figli.
Divenuti, ben presto, parte cospicua di una rete di affetti e significati, che venivano collocati in uno spazio affettivo in cui il legame tu ed io, era origine e genesi, senza pero’ pretendere l’eterno ruolo di protagonista assoluto.

Queste scene della violenza, degli omicidi, delle separazioni che diventano, prima di esser luoghi sanguinari, spazi di stragi emozionali, in cui si pretende di tenere sempre sulla scena solo quello unico, il primo e iniziale legame, io – tu / io = tu/ amo – non amo”.

Così se quel legame si interrompe tutto si frammenta, e ogni possibile mondo crolla, perché’ non si e’ data la possibilità di renderlo sistemico, interconnesso e “significativo”. Perché non si e’ costruita una grammatica e una sintassi relazionale che attutisse i colpi della vita.
E in cui,  un protagonista non (r)esiste la capacità di guardare la scena complessiva, la cosiddetta, figura sfondo, e quindi la rete di significati si sono costruiti o almeno avrebbero dovuto esserlo.

Se un amore non riesce ad accedere alla complessificazione della relazione,  al cambiamento, alla sua progressiva integrazione nella vita reale, ogni mutamento e’ facilmente fallimento totale, se si recide (o solo cambia configurazione nella rete) quel filo, nulla ha più senso, l’altro diventa inutile.

Concellabile con un “semplice” segno, l ‘omicidio.

Perché’ nemmeno i figli, la famiglia, il lavoro hanno un senso, sono presenze, legami che tengono. E sulla scena non riescono nemmeno ad esserci.

Se l’amore, se questa rappresentazione/interpretazione dell’amore è solo questo (un tu/io fusionale), è solo quel  primo di contesto/momento, allora abbiamo da rivedere questa visione, abbiamo da comprendere cosa sia, e insegnarla di nuovo, rispiegando/rispiegandoci la grammatica e la matematica dei sentimenti. Riflettendo sul un dato che amore, legame, relazione, non permettono rapporti di sottrazione, ma di somme e di moltiplicazioni. Talvolta son divisioni, ossia operazioni che generano un equilibrio progressivo che non è togliere ma aggiungere, ridefinire  in modo diversificato.

Femminicidio e’ uno dei prodotti di una società malata, afasica, che non è più in grado di insegnare significato dei legami reticolari e sistemici, e del loro appartenere e afferire a più livelli.
Il cui il momento di inizio (della coppia), e dell’innamoramento, e’ un istante, che cresce nella quotidianità e’ un piano complesso.

I bambini di cui all’articolo sono sinonimo di questa incapacità, non solo di chi uccide, ma di chi accompagna e ignora questa assenza sociale, queste famiglie che diventano buchi neri, che assorbono la luce e nulla mostrano di un fallimento inziale.

Quando io tu non e’ diventato noi, voi, loro, tu e lei, io e lui, io e loro e via di seguito. Quando la pretesa assoluta era io/te maschio/femmina, intessuta con uomini del tutto incapaci di resilienza, amore, capacita’ di cura e autoguarigione, affamati solo di possesso perché incapaci di costruire la propria e altrui vita.

Uomini che non hanno imparato, e a cui non e’ stato insegnato, e che nessuno ha mai guardato divenire adulti nella costruzione del buco nero, … uomini che non hanno mai imparato ad esser uomini e padri.

Di un fallimento così grande abbiamo il dovere sociale, educativo, politico, culturale e genitoriale di parlarne e spiegarlo e raccontarlo, e di significarlo con pratiche di costruzione di reti, di significati, di relazioni e di nessi; a noi stessi, ai vicini, ai figli, ai colleghi, nel lavoro .. E così’ via ..
Stay human

 altri link tematici:

http://27esimaora.corriere.it/articolo/uomini-violenti-incapaci-di-controllarsi-no-sono-lucidi-e-determinati-2/

http://27esimaora.corriere.it/articolo/noi-maschi-dovremmo-occuparci-di-piu-del-femmicidio/

TED Talks Jackson Katz: La violenza sulle donne — è una questione maschile