Conosco un paio di signore che, dopo una vita professionale di alto profilo, continuano a partecipare alla vita sociale, assolvendo nel mondo associazionistico ruoli importanti. Sembrano usare le medesime doti che hanno usato nel mondo del lavoro, capacita’ organizzativa, di leadership, e comunicazione efficace. E lo dichiarano. Continua a leggere
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Intervista doppia .. ancora su #donneXdonne
Per il 21 Luglio avrei voluto pubblicare questa intervista doppia a Flavia Rubino e a Giuliana Laurita di The Talking Village, perchè mi sembrava che la loro esperienza rappresentasse una delle buone prassi al femminile (e in rete) che avevo conosciuto.
Ho conosciuto prima Flavia grazie al suo blog (Veremamme) e in seguito anche Giuliana nella sua veste di blogger .. e poi le ho incontrate dal vivo, in un improbabilissimo luogo per tutti – un grande e famoso negozio in cui si vendono mobili svedesi), poi Giuliana sul lavoro. E i loro blog (fra i molti che ho in mente) hanno rappresentato, per me blogger alle prima armi, un interessantissimo momento di incontro e di riflessione mai scontata su lavoro, maternità, quotidianità, presenza viva nel mondo, azioni di pensiero. In questo già sta e stava una prima buona prassi.
Poi le ho conosciute.
Come (mi) è già successo conoscere una blogger da vivo stupisce, è come se i tanti i preamboli della conoscenza si fossero volatilizzati o snelliti da quegli incontri precedenti avvenuti in rete. Ci si trova, direttamente. Così è stato con Flavia e Giuliana, il che ha alleggerito molto il poter fare qualche iniziativa web insieme. E come abbiamo visto tutt* nella giornata di #donnexdonne la rete è un fortissimo motore per la donne (anche per gli uomini ovviamente) che consente di muovere e promuovere più velocemente idee e iniziative.
In questo come si legge più oltre non ci sono differenze tra maschile e femminile, ma è a mio avviso che il femminile (brutta definizione lo ammetto) oggi ha bisogno i più impulsi, e stimoli, idee pratiche per passare dal dire al fare. Perché trovarsi tra donne non sia all’insegna del “club delle signore”, o del dirsi quanto si stia bene insieme ma perchè sia pragmaticamente un atto generativo. Di azioni imprenditoriali, culturali, educative, politiche, di ricerca che re-immettano tutto il potenziale intero del femminile nella società. Di questo io sento ce n’è bisogno. Così come agli uomini è dato di recuperare il proprio potenziale affettivo/personale/privato, alle donne è dato di recuperare quello sociale/imprenditoriale/pubblico.
Flavia e Giuliana a mio personale avviso lo fanno. Lo fanno senza mai interrompere o scindere la loro identità di donne complesse, molteplici, fatte di lavoro e quotidianità, di impresa e di famiglia, di dubbi e progetti, di innovazione, tra ciò che è pubblico e ciò che è privato. In un ottica di fruibilità, condivisione, e possibilità offerta ad altri di imparare e capire. Ciò che sento esser nelle corde delle molte blogger che conosco stimo.
Buone prassi?
Descrivetevi in breve
FLAVIA
Campana-romana e con un quarto di sangue sardo, attaccatissima alle sue passioni, irrequieta viaggiatrice per natura e incorreggibile testa dura. Odio i luoghi comuni al femminile e la retorica del sacrificio, come quella della scelta tra carriera e famiglia.
GIULIANA
ho 44 anni, un marito e un figlio di 8, vivo e lavoro a Milano. Per il resto prendo in prestito la descrizione che ho usato nel mio blog: Blogger, semiologa, web addicted. Donna, persona.
Che lavoro fate?
FLAVIA
Mia madre si lamenta di non saper più rispondere quando le fanno questa domanda su di me… Cerco di spiegarle che mi occupo ancora di marketing, non più per grandi aziende ma per la mia piccola impresa su internet.
GIULIANA
da circa un anno e mezzo abbiamo creato The Talking Village, un attivatore di community che ha l’obiettivo di mettere in comunicazione diretta aziende e persone attive in rete attraverso gli strumenti della conversazione. I nostri progetti sono orientati a tre tipi di servizi per i brand: il marketing/comunicazione, la ricerca, l’innovazione.
Da quanto lavorate insieme?
FLAVIA
Più o meno da due anni e mezzo, anche se la nostra società è nata ufficialmente un anno dopo.
GIULIANA
Lavoriamo insieme da un paio di anni, da quando cioè ci siamo rese conto che c’era qualcosa che non andava nella relazione tra brand e blogger. Il tema ci ha appassionato, essendo entrambe blogger e professioniste del marketing e della comunicazione digitale, e ci siamo buttate.
Da che tipo di realtà lavorativa provenite?
FLAVIA
Prima di iniziare la mia avventura in proprio ho lavorato per una quindicina d’anni nelle multinazionali del largo consumo, ricoprendo vari ruoli dirigenziali all’estero fino al 2006, e poi rientrando in Italia per dare una base più stabile alla mia famiglia. Poi da direttore marketing preistorico quale ero, mi sono trasformata in un’evangelista del web sociale e delle sue infinite potenzialità.
GIULIANA
Io vengo da un’agenzia web, un gruppo che è stato per molto tempo il più grande d’Italia e tra i più importanti d’Europa. Ho iniziato come ricercatrice semiotica, poi sono diventata strategist, poi sono tornata alla ricerca. L’agenzia è un posto duro in cui lavorare, devi essere disponibile sempre, le gerarchie sono confuse, il livello di efficienza richiesto è altissimo, trovarsi fuori è un attimo – basta un cliente meno che felice o un collega a cui non stai simpatico. L’agenzia ha definito molto il mio modo di lavorare, che è diametralmente opposto a quello di Flavia. Abbiamo due visioni del mondo completamente diverse, e questo significa due cose: discussioni interminabili e una grande ricchezza da offrire ai nostri clienti e alle persone che ci seguono.
Scelta o necessita’?
FLAVIA
Scelta, al 100%, guidata dall’insofferenza verso l’ambiente lavorativo che mi circondava nell’ultimo paio d’anni trascorsi da dirigente in azienda.
GIULIANA
Scelta, sicuramente. Io non ne potevo più di lavorare sotto un padrone che percepivo come sempre in ritardo sulle cose meravigliose che stavano succedendo in rete, e la rete è sempre stata per me prima una passione e poi una professione. Con Flavia ci siamo conosciute attraverso i nostri blog, e quindi l’incontro è avvenuto “sui contenuti” e non sull’emotività. Da qui a decidere di fare qualcosa insieme il passo è stato breve.
Il fatto che siate due donne e’ accessorio o sostanziale?
FLAVIA
E’ sostanziale nel nostro rapporto personale di stima e fiducia, e anche nel modo in cui ci siamo incontrate in Rete (leggendo i rispettivi blog). E’ accessorio per quello che riguarda le nostre competenze professionali, che sono molto complementari.
GIULIANA
Onestamente non so se il fatto di essere due donne è sostanziale o pura coincidenza. In Flavia ho visto una professionista, una persona decisa e decisamente brava, che poteva essere complementare rispetto a me per tante cose. Non mi sono mai chiesta che cosa sarebbe successo se al suo posto ci fosse stato un uomo.
Qual’e’ l’innovazione che e’ contenuta nel vostro lavorare insieme?
FLAVIA
Direi la priorità che diamo sempre alla conversazione online, intesa come vera relazione. Rispetto alle tante agenzie di PR digitali, con The Talking Village vogliamo realizzare progetti di marketing realmente partecipativi, cioè influenzati dalla community che coinvolgiamo. Lo facciamo “mettendoci la faccia” come blogger e professioniste, in modo che i partecipanti ai progetti si sentano parte di un team e non solo target da raggiungere con operazioni promozionali di vario tipo. E’ un approccio che richiede grande dispendio di energie, non immune da insidie, ma che produce grandi soddisfazioni e un networking eccezionale.
GIULIANA
L’innovazione è nel lavoro stesso, nelle cose che facciamo, intanto. E poi lavoriamo quasi sempre a distanza, riusciamo a vederci molto meno di quanto vorremmo. I nostri consigli d’amministrazione avvengono spesso al ristorante, e questo ci fa molto ridere. Sul lavoro in proprio come occasione di conciliazione credo ci siano molti miti da sfatare. E’ vero che posso gestirmi il tempo da sola, ma le ore che dedico al lavoro sono tantissime, sicuramente più di quelle che vi dedicavo stando in azienda. Credo che spesso, invece, molte donne si mettano in proprio pensando che così avranno il tempo di dedicarsi alla famiglia e ai figli: dipende, se il lavoro è un divertissement, allora sì, altrimenti non c’è verso. Io passo almeno 10 – 11 ore al giorno in ufficio, e spesso la sera e nel week end mi connetto ancora perché ci sono mail a cui rispondere, conversazioni a cui partecipare, persone da ascoltare. Adesso, certo, mi è più facile accompagnare mio figlio dal pediatra o partecipare ai suoi saggi di fine anno, ma continuo a non poter andare a prenderlo a scuola, mi porterebbe via troppo tempo. Sulla possibilità di realizzarsi personalmente invece sono assolutamente d’accordo. L’azienda tradizionale è ancora legata ad un’organizzazione basata sul presenzialismo e sulla sterilità, nel senso che se fai un figlio la paghi, chi più chi meno. Se però sei tu il capo…
Inventarsi un lavoro e’ una possibilita’ “da donne” per riuscire a conciliare la vita personale e la realizzazione professionale, costruendosi anche i propri ritmi?
FLAVIA
Diffido molto delle “soluzioni per donne”. Nel mondo che vorrei non dovrebbero esistere, nel senso che anche gli uomini aspirerebbero al lavoro che amano, con ritmi umani, con spazi personali per sè e per la famiglia. E poi lo spirito imprenditoriale non ha genere: per avviare un’attività occorrono tempo e impegno, tale che la testa non stacca mai. Si guadagna forse tempo fisico, si lavora anche da casa, ma si perde sicurezza e si corrono rischi. Invece l’imprenditoria femminile rischia di essere vista come il lavoretto per quelle che non ce la fanno ad andare a prendere il bambino all’asilo, e questo non mi va molto giù.
GIULIANA
Certo che è una possibilità anche per le altre donne. Però attenzione ai falsi miti: non è facile, ci sono dei costi da sostenere, non ci sarà uno stipendio in banca tutti i mesi, ci vorrà tempo da dedicare e un sacco di pazienza anche da parte delle persone che ci stanno attorno. Io mi ritengo fortunata, da questo punto di vista. Anche se non è affatto una passegggiata.
Secondo voi e’ una possibilita’ relativamente accessibile anche per altre donne? (in termini di costi, di impegno speso, di possibilita’ di conciliazione?)
FLAVIA
E’ possibile e accessibile se si hanno idee e passioni da coltivare, sapendo che si cresce e si riesce soprattutto attraverso i fallimenti: concetto, questo, molto diffuso nella cultura anglosassone, e ancora tabù da noi.
GIULIANA
Per re-inventarsi un lavoro serve un’idea, innanzitutto. E le persone con le quali realizzarla. E serve liberarsi dall’emotività tutta femminile con la quale si costruiscono compagini basate sul fatto di essere amiche: se si lavora si lavora, le garanzie che si cercano nelle persone che ti accompagnano sono relative alla loro professionalità, non all’affetto che si prova reciprocamente (quello verrà dopo). Serve determinazione, consapevolezza dei rischi che si corrono e capacità di non abbattersi al primo ostacolo, e neanche al secondo o al terzo. Serve, anzi fa comodo, un compagno/una compagna che comprenda e ti sostenga – condizione questa senza la quale diventa una battaglia continua. Certo che è una possibilità anche per le altre donne. Però attenzione ai falsi miti: non è facile, ci sono dei costi da sostenere, non ci sarà uno stipendio in banca tutti i mesi, ci vorrà tempo da dedicare e un sacco di pazienza anche da parte delle persone che ci stanno attorno. Io mi ritengo fortunata, da questo punto di vista. Anche se non è affatto una passeggiata.
Tra SNOQ e #donnexdonne
A Siena c’erano twittamiche vecchie e nuove conoscenze. L’evento l’ho seguito così, ritwittando come potevo, tra le incombenze del week end, tra una occhiata saltuaria alla Timeline e le faccende della mia allegra famigliola in giardino.
Poi ieri in rete ho trovato qualche retropensiero interessante che provo, in breve ad intrecciare qui, con le mie sensazioni.
E link quindi :
Voci diverse, è indubbio. Inoltre aspetto altre riflessioni che arriveranno da altre amiche, che troverete già forse oggi o nei prossimi giorni (gruppo facebook #donnexdonne) …
La mia sensazione, che corrisponde anche ad una restituzione che spesso mi arriva dalla compagine maschile persone stimate per intelligenza e capacità di analisi critica, è quella che spesso vede le donne a raccontarsi della rete che stanno facendo, ma non riuscire a delineare le prassi che emergono nel costruire rete. E invece è proprio questo lo snodo, raccontare come si progetta, cosa si progetta, quando lo si agisce, lo si verifica .. rende questo modo di fare le cose la possibilità di mostrarla, di proporla, e implementarla anche in altre realtà. Se è vero, e non ho dubbio, che le donne fanno (e non solo sanno fare) è ora che si cimentino anche nel mostrare e insegnare come si fa.
Per questo la rete è sostanziale, tanto per il potenziale di diffusione che rappresenta, quanto per essere un luogo di possibile co-progettazione, di condivisione di informazioni/saperi/progetti.
Ho saputo, via twitter, da due amici: “una direttrice di banca che ha raccontato che le agenzie dirette da donne siano statisticamente più attive/ricche”, e non appena riesco cerco di pubblicare i dati (che uno dei due forse riuscirà a estrapolare e fornire); questo è un modi di capire qual’è lo stile femminile che determina alcuni modi diversi di agire, e diversi esiti. Quali culture soggiaciono, nei luoghi, in cui le donne riescono a portare un diverso contributo al lavoro, alle politiche, alla cultura, agli stili familiari.
Mi sento di condividere una riflessione con Giovanna Cosenza, come nel post citato, “Che molti discorsi – troppi, per i miei gusti – contenessero tante dichiarazioni di principio, slogan, racconti personali e collettivi, ma tutto sommato poche proposte concrete, liste di cose da fare, obiettivi da raggiungere a breve, medio e lungo termine. Negli anni Settanta il movimento femminista italiano vinse – non da solo, assieme ai partiti e agli uomini – su obiettivi concreti come l’aborto e il divorzio. Poi svaporò. Per non fare la stessa fine ci vuole un’agenda di obiettivi precisi e concreti, subito.”
Quindi pensieri e prassi, e condivisione, sono il primo passo.
Aggiungo solo due/tre altre considerazioni, davvero a pelle, sul SNOQSiena mentre seguivo la giornata via twitter ho sentito fastidio quando sono apparse le solite voci della politica (pure apprezzando le singole voci di destra e di sinistra, e l’organizzazione che ha saputo contenere tutti gli interventi entro i 3 minuti; scelta che sento come molto democratica). Ma resta il (mio) bisogno che a raccontare siano ora altre voci, non le stesse, non le solite, che le voci siano più polifoniche; sarà che oramai la rete mi ha abituato/insegnato che il valore delle persone è molto più diffuso, e non sempre corrisponde con i centri di potere.
Infine resta, grazie anche agli articoli citati, la sensazione di una pluralità di voci, che sembra concentrarsi su un punto: occorre passare ad azioni plurali, piccole e grandi, condivise (se non nelle logiche nella capacità di accogliere in un comune orizzonte di senso), in rete e nella propria vita, in piccoli gesti, o nelle manifestazioni, nel lavoro. Qualcosa che non è sempre necessariamente figlio di una regia dall’alto, ma sembra comunque funzionare in modo coordinato, auto organizzato.
E questo “occorre” non indica più qualcosa che si farà, ma qualcosa che è già in azione.
Almeno questo è il mio pensiero.