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e il triangolo no, non lo avevo considerato … (io, lui e il web)

Lo ammetto con lui l’amore non è stato a prima vista, un anno di rodaggio, e poi il tutto è esploso.

Certo ce ne sono stati altri, ma lui resta il preferito.

Ma adesso ..

il fatto è che non son mai stata capace di resistere alla possibilità di esplorare e scoprire nuovi mondi, possibilità. 

La mia vita è fatta di innamoramenti, siano libri, storie, oggetti, progetti, persone … socialnetwork. Ho bisogno di ossigerenare il cervello con passioni, emozioni, curiosità. E ammetto che la rete e i social mi danno la giusta possibilità.

Appunto è di questo che parlo.

E si chiama Google+ 

Non lo amo come Twitter, ma lì è “amore vero”, ma certo sfizia la mia curiosità, e per fortuna ho un lavoro che mi obbliga a capire come gira il mondo, e in questi tempi il mondo gira davvero a più velocità, la rete lo sta facendo girare moltissimo.

Ironia o meno …. il fatto sta che la rete è diventata una parte significativa della mia vita, è stata una bella botta di consapevolezza.

Salutare e salvifica nell’attraversare l’esperienza della casalinghitudine di una neo mamma che non lavora più 38 ore a settimana, della (neo) professionista che testa le proprie possibilità di inventarsi una carriera a 44 anni, della ex milanese alle prese con la difficile vita in un paesello di 700 abitanti …

Insomma stare connessa mi ha tenuto “connessa” alla mia testa, alla mia potenzialità creativa, e poi a molte possibilità, molti temi, molti pensieri, e persino ad alcune possibilità di azione (lavori, progetti etc) …

La cosa più difficile da gestire invece è la connessione familiare, i tempi di entrata uscita dal web (luogo che è “anche” di lavoro), trovando un precario ma necessario il bilanciamento tra una vita molto social e con numeri imbarazzanti di contatti, persone, chiacchiere, battute, alle volte di incontri fisici e infine rappresentata anche da azioni, comunicazioni.

In effetti è la seconda donna che è in me, che al paesello fatico a gestire le relazioni (non ce la posso fare “davvero davvero”), ma in rete o al lavoro sono garrula e iperattiva.

La vignetta è molto precisa e ha il pregio di riuscire a fotografare – molto bene  – sia la dimensione di doppiezza sentimentale tra utente e vari social tanto quanto quella concretamente familiare.

Lo ammetto la mia soluzione immaginaria e ideale sarebbe una integrazione familiare più social, quindi rappresentata da un aumento delle interazioni in rete anche con il mio compagno, laddove non siamo co-presenti in casa. In modo che la rete non sia percepibile come un mondo alieno, lontano in cui vivo una seconda vita, ma un altro luogo di scambi comunicativi in un luogo diverso dalla nostra cucina, in cui meticciare esperienze e storie.

C’è da capire come farlo, o siamo condannati al triangolo io, lui e il web?


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Twitter and so on

Fonte #Mai:)Content

Una riflessione piuttosto significativa, a mio avviso, anche per chi si occupa di educazione. Twitter fa parte di una una modalità comunicativa che fonde testo e oralità, e fa parte di un mutamento culturale, che si esplica anche  nelle modalità di trasmissione e  di insegnamento del sapere. Nonchè di co-costruzione del sapere.

Dicesi interazionale.

Posting in progress … (si può dire?)

Le vostre eventuali aggiunte saranno benvenute

Altre simpatiche digressioni su Twitter e socialnetwork le trovate qui e sebbene introducano altri sguardi, permettono di vedere  l’uso dei socialnetwork  e le modificazioni ad esso connesse. Web Conoscenza: Social Media Strategy – le slides e le infografiche sono sempre interessanti

E poi da Niemen Juournalism LaB e qui trovate l’intero articolo 

“The dissonance here could be chalked up to the fact that Twitter is simply a medium like any other medium, and, in that, will make of itself (conversation-enabler, LOLCat passer-onner, rebellion-facilitator) whatever we, its users, make of it. But that doesn’t fully account for Twitter’s capacity to inspire so much angst (“Is Twitter making us ____?”), or, for that matter, to inspire so much joy. The McLuhany mindset toward Twitter — the assumption of a medium that is not only the message to, but the molder of, its users — seems to be rooted in a notion of what Twitter should be as much as what it is.

Which begs the question: What is Twitter, actually? (No, seriously!) And what type of communication is it, finally? If we’re wondering why heated debates about Twitter’s effect on information/politics/us tend to be at once so ubiquitous and so generally unsatisfying…the answer may be that, collectively, we have yet to come to consensus on a much more basic question: Is Twitter writing, or is it speech? “

(uno speciale ringraziamento ai tweet e ai post di facebook di #Mai:)Content che lascia tracce interessanti, queste, che seguo)


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De Kerckhove: trovando i nessi

L’intensita dell’esperienza web che sperimento come utente/produttrice di significati, spesso plurali/moltplicati/iperconnesi e amplificati dalle connessioni con il web, con le relazioni con amici, conoscenti, blogger, altri utenti facebook o twitter o linkedin mi rimanda sempre alla mia esperienza di persona unitaria. Corpo e mente.

La pratica oramai pluriennale come psicomotricista mi ha sempre indotto a cercare il nesso che percepivo e non riuscivo, e ancora non riesco del tutto, a nominare tra corporeità e web.

Il saggio di De Kerckhove mi ha messo sulla giusta strada.

Al contrario di quanto avviene nella comunicazione orale, in forma scritta il linguaggio trova nuove collocazioni e si redistribuisce nei vari corpi. Gli alfabeti fonetici hanno il potere di separare il linguaggio dal corpo dei parlanti, non perdendo in efficacia nel riprodurre, trasportare e accumulare il significato. Nelle società pienamente alfabetizzate, i corpi (e, va da sé, le menti) riacquistano potere e controllo sul linguaggio. È un passaggio fondamentale per comprendere non solo il destino delle parole, ma della politica, della religione e delle vite individuali di ciascuno.”

“Leggere allarga la mente, senza dubbio, ma l’ampliamento avviene dentro la testa. Lavorare al computer implica che quasi tutta l’elaborazione mentale, che riguardi testi, immagini o suoni, si sposta fuori dalla propria testa. L’interattività è una condizione, non un’opzione. I miei studenti sono nativi digitali. Io li chiamo “screttori”[wreaders]. Uno “screttore” è qualcuno che non è capace di leggere nulla senza al contempo scrivere. Interagire con il materiale è d’obbligo. Il popolo multimediale non è fatto per i manuali. È l’ultima cosa che vuole, leggere un manuale. Deve calarsi nella materia e lavorarci da dentro. È abituato a operare in gruppo, in squadra, è multi-tasking, vuole toccare con mano, e realizza fuori dal suo cervello, su uno schermo, tutto quello che un “immigrato” come me era stato abituato a fare dentro. Quello che sto dicendo è che il nostro rapporto con lo schermo è molto complesso, è un rapporto in cui a tutti gli effetti una grande quota delle nostre funzioni cognitive viene data in delega.”

tratto da la mente aumentata di Derrick De Kerckhove ebook

Oggi come non mai saranno graditi link, spunti, idee, e sensazioni personali.

qui metto alcuni appunti/link in tema

UNO Intervista  a Caronia sul  volume Il corpo virtuale