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Grasso che cola ….

Mi piace Vieni via con me.

Non ci posso o voglio fare nulla.

Mi piace il format, Saviano, Fazio, il parlare delle mafie, le liste ,gli elenchi, la scena, la grafica…

Insomma mi piace.

Mi ossigena la mente non veder gente che si accapiglia, insulta e offende.

Mi rilassa sapere che ogni tanto i sassi nelle scarpe escono, e il piede prende sollievo. In realtà è proprio lo stivale intero che si sente leggero (10.000.000 di persone a vedere il programma), fuorisciti i sassi.

Poi infuria la polemica perché cani e porci devono andare a ribattere proprio lì. Che ci si chiede pure che spirale si pouò innescare a furia di ribattere, e riffermare un principio diverso da quello espresso.

O dicotomia o niente.

Solo bianco e nero.

Se io dico una cosa subito qualcuno deve rivendicare che esiste il suo opposto. Che sennò che ne dimentichiamo ….

Però mi ha irritato il critico Grasso che così descrive il programma ..

«Vieni via con me» non è un format, è un calco. Di una cerimonia religiosa, di una messa, di una funzione liturgica. La proposta degli elenchi, di ogni tipo, su ogni argomento, assomiglia molto alle litanie: più che alla vertigine della lista, lo spettatore cede volentieri al fascino della supplica accorata, alla devozione popolare, alla lamentazione come unica fonte di speranza e di conforto, al mantra. Volete una prova? A ogni voce degli elenchi provate ad aggiungere un ora pro nobis. L’officiante è facile individuarlo: ne ha tutti i modi, i comportamenti, spesso le affettazioni; è Fabio Fazio. Che ha una capacità straordinaria, tipica di alcuni celebranti: quella di trasferire sui suoi numerosi fedeli quell’aura di senso di colpa che gli trasfigura il volto. La doglianza gli dà potere, mostrarsi vulnerabile (i ricchi contratti non gli impediscono di piangere sempre miseria) è la sua garanzia di invincibilità, tra un Alleluia e una Via Crucis.

E poi c’è lui, la vittima sacrificale, il Cristo in croce. Se Roberto Saviano si mettesse una parrucca assomiglierebbe in maniera impressionante al Cristo di Pasolini. È una reincarnazione cinematografica. I suoi interventi (le sue parabole) sono incontrovertibili perché, segretamente, iniziano con una premessa: «In verità, in verità vi dico». Per non parlare di tutti i chierichetti che hanno preso parte al rito. Ok, andate in pace, la messa non è finita.

Ma come scrivevo stamattina su facebook ….

Anche io mi annovero tra coloro che si son infastiditi leggere Grasso e il suo definire di un format, tutto sommato nuovo, per la televisione non tanto in modo critico (che da un critico ci starebbe pure) ma bizzarro.

A me ciò che Grasso ha trasmesso, con il suo articolo, è un lasciare sullo sfondo i temi scelti (e mi pare grave), e il fatto che nessuno li avesse mai declinati così, in televisione.

A me pare uno stile da rete, da network, che quando funziona … ripulisce di quel pattume in-ascolatabile e impossibile a guardarsi fatto di liti urlate, di prese di posizione poco argomentate e di offese gratuite che la tv ci elargisce giorno per giorno.
In rete bisogna saper declinare, argomentare, essere chiari, nitidi e diretti. Cosa che ho colto della trasmissione, e che apprezzo laddove accade.

Altra questione che non proprio ho compreso nella critica di Grasso è quella della liturgia e in ogni caso più che una critica mi suona una via di mezzo tra una presa in giro, una abbozzata ironia e un franco fastidio.
Che si perde nel non declinarci bene come lui da critico veda il format nuovo, peraltro ci dice che è una novità ma poi spiega che è come la Messa, con i suoi dolenti, i Cristi sanguinanti, i suoi ora pro-nobis (roba vecchia di 2000 anni almeno).

Nel frattempo non ci dice se è innovativo svelarci che la mafia si fotte la nostra salute, il nostro futuro, i nostri soldi.
Dove nasce e dove ci può portare un nuovo format, un calco, un diverso modo di dire le cose, di comunicare, fare spettacolo.
A me sembra che sia una trasmissione in stile web 2.0, in parte anche raccontata (in parte è ovvio) dal basso. Cosa che ben sa chi usa la rete.
E se la televisione impara(sse) a mutuare stili dal web si rende(rebbe) sicuramente innovativa e più dialogica.

Infine è interessante che tutti, chiedendo di partecipare, (per replicare/pur di replicare) ammettano indirettamente di voler stare sul “quella” scena tv mentre avviene una novità e quando 10.000.000 di italiani stanno incollati a vederla svolgere …

Innovativo il format o i contenuti?


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elogio della bellezza

(scritto e pubblicato per donne pensanti)

alle volte un dubbio mi si insinua.

alle volte ricordo ciò che mi ha allonatanato dal femminismo.

alle volte temo gli attacchi verso le altre donne. (ecco l’unica che se sento attaccare è la gelmini, mi va bene così, si attacca la sua velleità di un legiferare incapace che sta distruggendo la scuola e questo mi spaventa per il nostro futuro collettivo).

un paese senza scuola è un paese morto, senza memoria, passato, presente e futuro.

ma ecco il mio elogio del bello.

io non credo di essere una donna bella, o meglio “figa”, non una di quelle che fanno girare la testa per strada, nemmeno una di quelle che esibisce la femminilità attraverso trucco&parrucco.

sono, credo piacevole, ho imparato ad esserlo piacendomi.

non mi è chiaro come anche così sono piaciuta ad alcuni uomini, che poi sono stati i miei fidanzati e/o compagni.

non ho disdegnato di essere “oggetto” di attenzioni maschili, o “soggetto” attento ai maschi che gironzolavano …

quando ero giovane.

sono attratta dalla bellezza dei corpi, dalla loro espressività, dal fascino, dalla cura, dalla differenza che c’è tra gli uni e gli altri.

come tutti, credo.

peraltro vedo la bellezza anche dove altri non la vedono.

come tutti, immagino.

il mio lavoro mi ha aiutato, a cercare bellezza dove c’è (anche nella disabilità, certo)

il fatto di amare le immagini e la fotografia è stata una molla potente.

sono cresciuta in mezzo a fotografie e libri di fotografia.

insomma lo sguardo è un motore potente, la vista lo è, la bellezza pure.

la dinamica dei sessi si basa anche sulla vista, sulla bellezza, e alle volte sull’armonia dei corpi.

alle volte temo che alcuni discorsi mettano alla gogna il desiderio di piacere, un piacere che sentono le donne, e di piacere agli uomini.

antropologicamente, e fisiologicamente è un dato necessario ad ogni cultura, all’incontro e alla procreazione, all’amore, al desiderio.

è una necessità che si veste di colori, tacchi e trucchi, di pettinature, tatuaggi, treccine, piume collane, artifici più o meno piacevoli (talvolta), che abbisognano anche culturalmente del giudizio altrui.

il giudizio implica anche la scelta.

non tutto ciò che critichiamo è sudditanza agli uomini.

il rischio del vecchio femminismo era quello di una battaglia contro gli uomini. e contro le donne che non si omologavano.

io voglio dialogare con la signora velina, incontrarla, capire insieme a lei una scelta diversa.

io voglio capire se la donna con il chador è schiava o una musulmana praticante.

io, di necessità, voglio stare nella ambivalenza del vivere, che tenta si metter insieme opposti inconciliabili.non per farli andare in sintonia, omologarli ma per legittimarli come pari …

e poi da li, da quell’incontro – anche critico – crescer in una cultura più complessa, attenta, “pensante”, portatrice di valori e disvalori, di valori nascosti da scoprire, da cercare  anche nel letame (purtroppo) … o di falsi valori mascherati da buone ragioni che vanno eliminati.

è un lavoraccio. ma va fatto.

lo so che è un pensiero ancora incompleto, non perfettamente definito, anche nella forma, forse privo di alcuni nessi … ma temo che giudicare troppo severamente chi usa la bellezza possa ritorcersi contro a noi stessi …


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finalmente anche io faccio parte di una elite (di merda)

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Ma a tal proposito ne scrive ben più egregiamente michele serra. ma aggiungo anche ciò che arriva dal il sole 24 ore (mica il manifesto)

In più d’uno si chiedono se non sia il caso che anche il ministro Brunetta, come il suo capo, affronti un lungo percorso di psicoanalisi. Non saprei dire.

Nel dubbio però ora mi posso beare del mio elitarismo. Certo è ben strano che la politica di oggi spesso sia diventata luogo di cura (??) in cui stanno radunate una accozzaglia di personalità sofferenti.

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Sbaglierò, magari anche io, ma è difficile vedere  in certi isterismi, istrionismi, in certi ululati alla luna … il segno di persone che pensano prima di agire; visto che a loro sono affidate le sorti del paese, le leggi e alcune decisioni importanti per la nostra vita. Se a Brunetta non piace la sinistra, è legittimato a parlarne; ma lo si vorrebbe vederlo fare in modo critico e approfondito, lucido, anche corrosivo, anche potente, sarebbe persino una sferzata di energia; ma il berciare è da bar, durante la partita a scopa o dopo un congruo numero di bianchini.

Altrimenti uno non sembra più un politico ma uno … un pò fuori di testa.

La confutazione è una bella arte, delle quale bisogna – però – essere esperti, o almeno capaci; ultimamente un mio formatore spiegava che la critica per essere importante, va fatta alla parte intelligente del discorso dell’altro, non agli scarti del pensiero, alle parti ovviamente più deteriori.

Magari Brunetta fa bene a segnalare alla sinistra che la sua funzione di opposizione serve anche al governo per poter contare su una contrapposizione, che inevitabilmente finisce per mostrare tutte le criticità e per legiferare meglio.

(Certo faccio fatica ad immaginarlo possibile oggi con questo governo, fragile, ossessionato, isterico e berciante).

Dire “merda” “andate a morire ammazzati” e via dicendo non corriposnde proprio ad un esercizio di pensiero, non dico di intelligenza, dico proprio e solo pensiero: attivazione neuronale minima….

Per la prossima esternazione, sennò, ci toccherà ascoltare un infantile “non mi hai fatto niente faccia di serpente, non mi hai fatto male faccia di maiale” ma anche “cacca, puzzi, scemo, culo, cicca cicca, faccia di palta” e via a seguire