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Matrioske del sapere

Oggi, dopo aver accompagnato la figlia grande verso il suo primo giorno di scuola, ho accompagnato anche piccola al primo ingresso alla scuola primaria.

Le ho augurato mentalmente che la scuola fosse quel contenitore di “belle e buone cose”, che mi sono portata via io. Una scuola riuscisse a passarle il piacere di sapere e la curiosità.

E così, guidando verso il lavoro, sono andata a ripercorrere alcuni ricordi: che cosa è stato più importante per me della scuola?
Ho scoperto che non riuscivo assolutamente trovare un’elenco di priorità, e ne determinare se sia stato più importante trovare l’umanità di alcuni docenti, o la severità e la disciplina etica nell’insegnare si altro, o il sapore che alcuni davano alla loro materia, o la passione di altri ancora nel “passare” una passione o un amore per una materia.
Dei docenti cui non interessava insegnare, non ricordo nulla.
Poco male. Evidentemente le brutte esperienze lasciavano poco segno, in me.
Oppure (forse) avuto molte esperienze positive, tanto che ancora oggi ci sentiamo via Facebook con i compagni delle medie. E conserviamo un ottimo ricordo delle nostre insegnanti (Italiano e Matematica: due miti).

Alcuni insegnanti, fra molti che molto hanno “dato”, sono riusciti a concretizzare in un’unica azione la possibilità di insegnare alcuni contenuti e dimostrare la propria profonda umanità.

Ma è tutto questo insieme di modi di essere formatori, che mi ha lasciato, dopo tanti anni dal mio inizio della scuola, la fame di imparare ancora, e di trovare persone da cui imparare.
E negli anni, e forse anche nel lavoro, ho capito il gusto di essere io a lasciare qualche segno attorno al sapere e alla passione dell’imparare/insegnare.

Ma la scuola … cosa sarebbe stata senza la passione umile di mia madre, ricca di voglia di imparare, e migliorarsi anche oggi dopo i suoi 75 anni, e di farli con la determinazione e curiosità che le riconosco. Cosa’altro sarebbe stato potuto essere di me senza le infinite librerie di casa dei nonni, e le loro antiche vetrine, piene di libri dalla carta ingiallita, sin troppo odorosa per il mio olfatto di bimba.
Odore che oggi si lega al passato, con affetto e tenerezza. Cosa altro avrei potuto essere senza la disponibilità di libri di ogni genere, a casa dei miei genitori, sempre aperti al mio sguardo? O senza la passione condivisa con mio padre, della fantascienza e dei gialli Mondadori?

Diventa difficile sapere cosa è stato insegnato, “cosa” ha permesso che io fossi cio’ che sono, e mi ha condotto nelle strade che percorro oggi. Come il sapere familiare si sia intessuto con le esperienze da scolara.

E quindi in questo primo giorno di scuola, auguri alle mie figlie e ai suoi suoi compagni e compagne di trattenere a scuola e intessere con se stesse, quel piacere fisico, fatto di odori, di sguardi, di contatti e di emozioni che riempiono la vita di una persona, e di saperi, nozioni, conoscenze, lezioni e scoperte.

La grande stasera mi ha dato la conferma che anche lei quello strano sapore lo sta assaggiando a scuola!
🙂

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Sin tesi (siblings e altre cose)

Insomma un post senza troppo pensiero a margine, senza tesi di fondo.

Avendo un poco di tempo regalato da caso.
Un post alla vecchia maniera di Pontitibetani, in cui butto fuori gli stracci miei, che a volte fa bene.

Mi ha fatto bene per tre anni almeno.
Strappar fuori, in forma di parola, leggibile, qualche groviglio; sapendo che non sarebbe restato solo aggrovigliata dentro di me, ma sarebbe stata lasciato al pubblico sguardo.

Terapeutico, si dice.

Insomma qualcosa s’ha da fare: dopo quindici giorni di febbriciattole e emicranie furenti, di un corpo in conflitto con la testa, che quando quello dice molla, lei per opposizione tiene, e viceversa. Appunto, una lotta interiore. E la chiamano vacanza!

Allora scrivo. Non si sa mai.

Fratellanze e sorellanze
Avessi avuto un fratello.

A me manca. Figlia unica tutta la vita.
Uno di quelli che sta dalla tua parte a prescindere, e che promette cazzottoni a uomini importuni e inopportuni. Avrei avuto necessità minori di rendermi una donna adrenalinica.
Sarei stata più soft. Forse.

Vedo le mie figlie, due, con una madre e due padri. Sorelle a tutti gli effetti.
Oggi mi pare un vantaggio questo assetto sorellifero, diversi modelli educativi, impossibile esercitare le preferenze, piacciono ugualmente entrambe a signora mammà. Le differenze di base aiutano non poco a capire che hanno storie e basi diverse. i confronti sono inutili. Pertanto si va “d’affetto” e paritarie incavature dovute alle due creature dalla, di loro, madre.

Comunque le due si incastrano perfettamente nelle differenze. Uguali non so. Complementari e complici si.
Si amano.
Lo sento nella pazienza della grande mentre gioca con la piccola, lo sento dalle risate che sgorgano come da una fonte (risata argentina, si dice) dalla sua gola. La piccola ride così solo quando gioca con la grande, la emula, la imita, la segue e la adora, e ride tantissimo. La grande si dispone, a dispetto dell’età, a stare e giocare, deliziare e farsi deliziare.

Gli effetti involontari di aver fatto due figlie son questi.
E riempiono il cuore.

Dovrei scrivere un volumetto in cui sostenere questa tesi (alla fine la tesi esce, visto?): ai figli fa bene avere un solo genitore in comune, e questo fa bene anche alla maternità, presa a se stante.

Il resto dei casini (che non possono non mancare) spettano agli adulti, al senso del progetto familiare, alla sociologia delle famiglie a strati. Alle rivoluzioni del mondo liquido, e dell’individualismo globalizzato.
A loro piace esser sorelle, con un legame fatto solo per metà di sangue e per metà fatto di casualità, di scelta e di affetto.

Il che la dice lunga sulla menata dei legami di sangue, che si vede subito esser una gran fregnaccia, dacché la gente ci si innamora in assenza di legami sanguigni (che la genetica conferma la validità del procedimento di mescolanza).

Ma questa è un altra storia, giusto?
Fatto sta che questa sorellanza meticcia funziona, e son felice di averla regalata alle due figlie, per via di una sliding doors della mia vita.

Le risate di oggi, tutte quelle che ho ascoltato, mentre rimbalzavano tra stanza e stanza, rendono la vita un posto piu’ piacevole dove stare.

Nonostante le emicranie.
Nonostante le slinding doors, che spingono, in zone faticose o all’angolo.

Dietro un’altra porta ci stanno anche le mie risate, quelle che sconfiggono le emicranie.

L’anno prossimo

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Questo periodo di compleanni mi fa sentire che la scelta che più ci appartiene e’ quella di fare feste minimaliste e leggere, dove gli invitati sono selezionati al massimo.
Gli amici della piccola, laddove i genitori siano almeno un poco amici anche nostri.
Le mega feste sociali, dove di prassi si invita l’intero asilo 75 creature, o anche solo la sezione 25 creature, non sono la nostra misura.

Il compleanno rinnova un patto di fiducia e amicizia, anche per i genitori che si ritrovano a crescere quei bimbi, e ricrea quel villaggio virtuale (e virtuoso) che occorre per intraprendere questa avventura.

Le pargole, la grande prima e la piccola ora, hanno e avranno avuto questa possibilità un cerchio ristretto, ma sostanziale di amicizia e sostegno che le affianca e ci affianca nel tempo.