PONTITIBETANI

Zone Temporaneamente Autonome


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Cosa vogliono le donne (pensieri in viaggio)

Piccola, quasi infinitesimale, stradina di raccordo tra due provinciali, nella piatta pianura.
Riso, colza, granturco, campi arati.

Stradina da far west, tu o io, chi passa prima?

Stradina cosi’ minuscola che non la puoi nemmeno chiamare strada
Può passare solo uno.
Tu o io, io o tu?

Basta una frazione di secondo per calcolare la distanza tra le due auto.
Tu o io.
Dov’e’ la piu’ vicina zona erbosa dove rallentare e aspettare.
Chi la trova, per primo, si ferma.
Se e’ corretto.

Stasera non ho voglia di combattere o di calcolare, accosto io, finestrino aperto al caldo di un accenno di primavera.

L’altro, e’ un lui-guidatore, accenna un grazie con la testa. Un cenno sobrio ed essenziale. “Grazie ok”.

Mi ritrovo a pensare alle mille volte in cui esser uomini o donne diventa invece un peso, un calcolo, un gioco, un dover essere sempre un po’ sedotti/seduttori, maschi/femmine, attraenti/attratti, perennemente incastrati in un gioco delle parti.

Eppure alle volte basterebbe qualcosa di simile a quel cenno del capo, “quel grazie ok”, sobrio e veloce.
Tu e io, senza il gioco delle parti.

Alle prese con un lavoro, un progetto, un amicizia, incuranti di queste differenze.

Ci sono mille e mille altre occasioni in cui il gioco ha senso, e mille e mille occasioni in cui non ha senso, in cui e’ persino utile esser persone, sulla stessa strada.

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