PONTITIBETANI

Zone Temporaneamente Autonome


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Scarpette di cristallo? Ma anche no.

E’ un post che non piacerà alle amanti dei tacchi.

Ma il dubbio devo insinuarlo.

Questioni da donne.

Questioni di corpo.

Di recente ho lavorato con un gruppo di genitori di adolescenti  ..

che mi hanno aiutato a vedere con maggiore chiarezza il valore delle scarpe da ginnastica che gli adolescenti indossano e chiedono come primo oggetto di autonomia.

Autonomia, comodità, emancipazione, libertà di andare, moda, omologazione, somiglianza, scelta, contrattazione.

Non solo un coacervo di batteri e odori improbabili.

Già scarpe comode sono autonomia, possibilità di camminare, correre e saltare, guidare con comodità, avere una lunga autonomia di camminata senza stanchezza, è potersi flettere, sedere a gambe incrociate, pronti alla sosta o allo scatto.

Certo il mio lavoro richiede anche questo, per lavorare con i bimbi, e i ragazzini, la psicomotricità addirittura vuole i piedi scalzi.

Comodità prima di eleganza. Ma il fatto che io sono così, prima a prescindere.

Il corpo richiede libertà di movimento ed espressione, comodità, possibilità di essere sempre attivo nella vita, nel fare, come non dargli ascolto.

Ogni tanto temo di trovare affacciata, nella mia vita, una coach dell’abbigliamento che vuole scovare – nel mio guardaroba – gli errori/orrori, ed esporli alla gogna.

Guardando con orrore le mie implacabili cadute di charme, di chic, di style, di glamour.

Elegante è tacco a spilli, parla francese ed è scomodo.

E poi perchè le donne si vedono proporre con fastidiosa ridondanza i tacchi?

A me resta la strana idea che la S-comodità femminile nella moda, parli proprio della limitazione dell’autonomia femminile.

Collane che  si impigliano, unghie lunghe che non permettono di toccare e sentire sino in fondo… scarpe che donano passo ondeggiante, e equilibri instabili.

Camicetta e gonne che chiedono contesti molto poco dinamici per aver valore.

E l’imprevisto, il gioco, il movimento, la corsa, persino la fuga non sono previsti, o concessi.
Alle donne.

Questo è il mio dubbio.

Ci sarebbe anche altro, come per esempio le forme di pressione cui vengono sottoposte le modelle, in quanto “corpi”.

Ma si rischia il vetero femminismo.

Ma la domanda resta perchè l’eleganza femminea non deve consentire movimento?


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PROPOSTE DA 8 Marzo in rete

Rilancio volentieri una idea buttata lì, quasi per casi (quasi??) da LGO … “Allora, festeggiamo tra noi in rete?”  in un commento al post di ieri ….

allora mi vien da dire “dai facciamolo!!!”

facciamolo si!… in rete sui blog, sui socialnetwork, nelle mail inviate, sms facebook …

un piccolo accenno all’otto marzo, una parola, un colore, una immagine e la data … azioni minime minimaliste, capillari, ma sentite. nessuno sforzo, nessuna sovrastruttura pesante e ridoondante, nessuna noia, ironia, leggerezza, velocità, sintesi, nessun proclama … solo una lunga marea pervasiva a ricordare qualcosa: la stessa cosa ovunque.

io il burqua … al silcone non lo metto!!

io penso di mettere questa foto … in fondo un velo nero che lascia scoperti anche solo gli occhi è una rivoluzione per donne che indossano il burqua … ma ci sono tanti modi di portare il burqua, il burqua non è solo un oggetto è uno stato mentale, come lo sono tacchi a spillo e labbra al silicone.

la variabile di spessore è la scelta.

come diceva unamammasullaluna, in una riflessione che mi ha fulminato … illuminandomi a proposito dell’etichetta appiccicata alla figlia grande :

“Falle capire che non è così importante quanto le sembra ora, che non deve lasciarsi ferire o condizionare, che la libertà è la cosa più importante, non la popolarità…”

io credo che queste evidenziate in neretto … saranno le mie parole d’ordine …

e le vostre???