Da qualche parte ho scritto della grande paura che ha accompagnato la gravidanza e i primi mesi della minina.
Oggi che mi guardo indietro, tutto sommato, contenta dell’aver preso distanza da quei giorni e da quella paura così massiccia e solida. Oggi che mi posso permettere di farmi travolgere un pò di più dalle emozioni di questa bimba piccola che cresce. Certo che la razionalità mi ha spiegato che la seconda figlia è così diversa dalla prima, che le emozioni sono più placide e tranquille, perchè l’esperienza mi ha formato, ho già passato il vaglio della prima maternità e qualcosa ho imparato. Lucidamente ammetto che questa figliolina è assai massiccia, non ha ancora avuto il benchè minimo malanno, a parte qualche fastidio per i dentini e 3 gg di lieve raffreddore; che splamati in quei cira 400 giorni di vita sono ben poca cosa. La guardo e la vedo attiva, curiosa, pronta ad apprendere, serissima, persino troppo adulta. Quasi difficile da riconoscere come bambina così piccola, e questa cosa l’ha notata anche il papà. Chissà dove vuole già andare? Ultimamente però tanta emancipazione ha, come era inevitabile, incontrato un pò di paure: l’aspirapolvere Nunu, gli ululati notturni e lamentosi dei cani del vicinato, il buio che cala portandosi dietro la notte, i rumori improvvisi e non ancora riconosciuti e codificati.
E allora la microdonnina, ci cerca la notte, fatica a trovare il sonno, chiede coccole e presenza, abbraccia e chiede conforto, si abbandona agli abbracci: “si il mondo è bello ma fa anche un pò paura”.
E a me sembra di innamorarmi lentamente di questo piccolo essere umano, e man mano che le paure calano aumenta la tenerezza; e la sua tenacia a vivere, che mi rassicura.
Mi immagino così anche le mamme che hanno un bimbo nato in situazione di difficoltà, e al lungo lavoro che hanno fatto per fare passare la paura, ogni sorriso è un passo in più, ogni tappa allontana dalla grande paura, ogni giorno è più stabile e sicuro, e l’affetto rientra in circolo in modo più libero e vivace, scorre e riempie le giornate.
A me è bastata una villocentesi e un incontro dal genetista per rendere più fragile e spaventato l’affetto per la piccola, davvero un piccolo trauma (se comparato a situazioni ben più serie) che ha dovuto venire riparato, compreso, perdonato (forse). Alle volte si dà così per scontata la diagnosi prenatale, e nessuno mai ti insegna che cosa va ad interrompere e spezzare, nessuno di racconta una storia per dirti che poi tutto passa e si sistema.
E tu ti “godi” un anno di silenzio, finchè ti rendi conto che sotto la cenere della paura covava l’amore per una microscopica donnina mignon.
Insomma per ampliare un pò il discorso un pò di prevenzione non guasterebbe, la medicina è spesso “buona e giusta” ma andrebbe condita con un pò più di parole, attenzioni, pensiero, momenti di scambio e confronto, noi siamo anche fatti di mente non solo di corpo …