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strani ospedali

Si vede che quest’anno, se lo guardiamo usando le stagioni e non il calendario ovverosia l’anno che comincia in autunno e finisce d’estate (2010), non è partito con i migliori presupposti …

Così mi trovavo in ospedale a trovare una persona vicina.

L’ospedale di una cittadina medio piccola assomiglia di più alla dependance di una RSA che non ad un ospedale, per via dei numerosissimi “grandi anziani” ricoverati, diciamo più del 60 % dei pazienti del reparto medicina.

I ritmi sono lenti, scivolati, le regole un pò lasse.

La vicina di letto, della persona che andavo a trovare, era una vecchina un pò persa in un mondo ovattato da una certa sordità e da un pensiero ormai insicuro e ripetitivo, continuava a dire e chiedere le stesse cose: dov’è mio figlio? vado a casa?

Ogni rassicurazione sembrava calmarla e poi di nuovo la domanda si rinnovava ad ogni ingresso si trattasse di un visitatore, di un paziente, del personale sanitario.

Ma insomma  … la domanda non era importante e nemmeno la risposta,  … è stato sufficiente accarezzarle piano le dita della mano e stropicciarle delicatamente la testa arruffata per fare l’unica cosa sensata, farsi sentire e sentirla, aver un contatto, un sorriso, un piccolo scambio. Non grandi cose ma sufficienti, ci sei, ci sono, non sei sola e non sono sola. Per un attimo, per un incontro breve.

Dopo qualche gg la signora è morta.

Ma in ospedale non c’è una stanza pensata per ospitare la morte ed il lutto di eventuali parenti; hanno sgomberato la sala tv e hanno deposto lì la signora.

E’ strano che non sia stata pensata una stanza così, non ci sia un luogo pensato per accogliere gli ultimi momenti e i primi saluti prima che arrivino i tecnici del funerale …

Come se la morte non avesse posto in ospedale, come se fosse una sorpresa, in evento imprevedibile ed eccezionale, sorprendente.