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è arrivato l’otto marzo … è arrivata la bufera (l’otto marzo e lo spogliarello)

ok. oramai sono sempre più impelagata con le donne pensanti, in 3/4 progetti pensanti, nei blog e nella opera di condivisione in rete di un sacco di cose…

ma condividere qui questo mi sembrava importante, il blog è il mio orticello, casa mia, il mio io più struttrato e complesso nella sua dimensione digitale …

perciò:

fino ai 20 anni ho “festeggiato” l’otto marzo in manifestazione, poi portando una mimosa tra le mani, e successivamente regalandola alle mie colleghe del lavoro.

non ho mai fatto le uscite tra donne, la serata o la nottata di festeggiamenti.

mi è sempre sembrata fuori luogo l’uscita a veder lo spogliarello maschile.

(l’eros mi interessa ma non espresso al maschile, non usando lo stesso linguaggio comunicativo= spogliarello, porno, prostituzione, pagamento di una prestazione, osservare il sesso altrui etc )

non ho mai pensato che la parità fosse di essere come un uomo, fare le stesse cose, imitare e copiare, scimmiottare uno stile che non mi appartiene.

volevo e vorrei solo poter accedere alle stesse possibilità che ha un uomo e solo se queste mi interessano, soprattutto in ambito lavorativo, nello studio, nell’autonomia, nella valorizzazione e nel presidio di saperi femminili, nella parità di trattamento economico, nella libertà di azione, pensiero e scelta.

eppure proliferano i locali che pubblicizzano  l’otto marzo come serata in cui andare con le amiche a vedere uno spogliarello maschile.

questo ci dovrebbe far sentire meglio?


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uomini donne il chirurgo le ferriste e dottor house

non so voi …

ma la mia casistica umana maschile, tra ex e presenti, aveva (ed ha) la straordinaria attitudine ad interpretare nella vita il ruolo del chirurgo.

mi spiego:

“c’è da preparare la legna, impilandola vicino a casa”, dice lei dopo aver ripetutamente riempito saccate dell’ikea di legna forte (stagionata e anche di più cioè pesante) e averla quindi  disposta accanto alla porta,

replica lui ” finchè non svuoti la cassa della legna io non posso portare la legna che se no si inneva”.

è un esempio banale ma ricorsivo di un ruolo da chirurgo (imho) che i suddetti interpretano nella mia vita:

non fanno finchè ….. non gli si appronta la scena, oppure aspettano la “ferrista” che passi loro il trapano, le vite, o martello e chiodi, o pennello e vernice e li osservi (in muta adorazione) passando di tanto in tanto un bisturi o ciò che lo rappresenta nel momento …

stock photo : Surgeons During An Operation

io – mica – l’ho – capita – ‘sta – cosa:

li fanno così le mamme? li facciamo così noi compagne/mogli? li fa così madre natura???

in alternativa vorrei invece prenotare, e a questo punto, uno che non interpreta il chirurgo di turno, ma imita il dottor house.

ubiquitariamente stronzo con colleghi maschi e femmine, misantropo, scorbutico, ma in fondo abile e disposto tutto per combattere una malattia financo ad usare gli altri strumentalmente anche al costo di fare loro imparare qualcosa … uno che fa sporca le mani a tutto e a volte se le sporca in primis …

dr-house1

in ogni caso, nuntio vobis, che da domani quando stiro mi aspetterò:

1. che mi si accenda il ferro e

2. mi si ordini la biancheria in ordine di urgenza e di facilità di stiro e

3. mi si prepari il contenitore d’acqua per il ferro e

4. mi si appronti una musica, di accompagnamento, atta al duro lavoro di stiraggio e infine

5. mi si riponga lo stirato in ordine negli armadi

(chi si prenota??) 😀


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la crisi non c’è …

ma KYHWT imprenditore di The other big city qui al nord ovest ha già finito la cassa integrazione ordinaria e straordinaria. Si chiede come farà a dare da mangiare ai suoi 30 ca padri di famiglia, sta erodendo il suo patrimonio perchè le banche non sostengono le imprese, i suoi clienti non pagano da mesi e le commesse non ci sono. La sua azienda è in piedi da due generazioni.

Ma no, la crisi è passata. E il nostro unico problema è lasciare che s.b. non subisca i processi perchè (sennò) non riesce a lavorare, lui. Poverino.

E i restanti 60.000.000 di italiani, (facciamo anche meno considerati i bambini e gli anziani, le donne e i disoccupati) che lavorano ancora, anche se hanno la testa piena di problemi?  Che scemi.