Questo è articolo integrale che avevo preparato per la Conferenza. Lo abbiamo tagliato, se non in una piccola parte. Mi sembrava giusto pubblicarlo sul “mio” blog, perche tutto quello che scrivo nasce da questa storia, nata come la mia figlia più piccina, circa due anni e mezzo fa.
Non so se riuscirò a linkare tutti i blog che cito, ma per chi fosse interessata/o … basta un bel copia-incolla su un qualsiasi motore di ricerca.
Ma credo di voler tributare alle molte Blogger che conosco, (non tutte) una particolare riconoscenza per il grande contributo che danno alla de-stereotipizzazione della figura materna e alla complessificazione di noi stesse …
Davvero grazie.
Monica
Le mamme blogger
Ecco una breve selezione di nomi sono blog che contengono la parola mamma o sono virati a trattare la maternità
bismama
mamme acrobate
l’unicopuntosaldo
madre snaturata
mammaimperfetta
mammafelice
mammamsterdam
mom@work
panzallaria
serialmama
vitadastrega
mammacattiva
mammain3d
macheddavero
trarockeninnenanne
nonsolomamma
mamma al quadrato
una mamma in corriera
tacchi? non grazie ho smesso
a lezione di mammità
diario di ondaluna Milano e Lorenza.
Una mamma e la città
Word Wide Mom Italian Mom
Piattini Cinesi
meglio un blog oggi che un prozac domani
mamma oggi lavora
moms on the city
Social network sulla maternità
mamma che club
working mothers italy
veremamme
genitori crescono
Cos’è una madre.
La mia esperienza è di blogger. Di mamma blogger, nella fattispecie.
Che poi nella vita faccio anche altro, psicomotricista e consulente, e madre, appunto.
Una che tiene il suo diario, on line, e racconta alcune cose.
Due anni fa mi sono trovata a casa, per la seconda figlia, ho scoperto che esisteva questo fenomeno delle mamme blogger, e visita la mia curiosità/simpatia per la tecnologia mi sono buttata in questo mare fatto di parole e pensieri, sulla maternità; e non solo.
Avevo anche il tempo per farlo. Ovviamente in questa navigazione web ho guardato selettivamente il tema che mi interessava: l’essere madre, inscindibilmente connesso alla complessità di ogni persone.
E ho finito per amare ed appassionarmi di tutti quei blog che davano un quadro infinito e sfumato, assai complesso delle donne che lo abitavano. Ed è quello che vorrei raccontare.
Una mamma che ha un blog è una madre di nicchia, una creatura un pò strana, una con mille braccia e mille cose fatte e non finite, forse. Una Kalì del multitasking, allatta, scrive, spannolina e telefona, contemporaneamente.
Spesso spannolina e legge una mail sullo smartphone. Non sempre fa i biscotti.
Oppure fa tantissimi biscotti e tiene un blog in cui parla solo di biscotti, o di decupage. in quel caso non fa i biscotti.
Una che chiede e si chiede cosa va bene o va male. Si fa? Non si fa? Cosa ci se ne fa di quest’essere madre?
Oppure riempie il blog di cuoricini virtuali e scrive ogni mattina che meraviglia è svegliarsi – ogni mattina – con il suo bimbo accanto.
Nel mondo dei blog, nascono fiammanti e infuocate discussioni (si chiamano flame, appunto) tra scuole di pensiero.
Brava se allatti solo con il seno, ben partorisci in un certo modo, ma se non usi un certo pannolino sei una ousider.
Il sottile discrimine tra una “brava” mamma ed una “cattiva” si gioca in poche battute.
Alle volte il paradosso diventa davvero impagabile, tutte brave se partoriscono in modo naturale, ma altrettanto ottime se scelgono in parto in epidurale.
Spesso ci sono due scuole di pensiero, in totale antitesi. Buffo, no!?
A seguire queste tesi sarei scissa tra un prima maternità come mamma brava per via del parto in acqua, 11 mesi di allattamento al seno, e una seconda maternità con il bollino nero della madre cattiva per via di quel parto indotto chimicamente e il mancato allattamento. Alle volte i termini di questi flame feriscono la sensibilità individuali.
Le mamme che allattano con il biberon sono, in fondo, anaffettive, anche se la decisione di non allattare al seno è stata inevitabile e sofferta. E sto citando un aneddoto personale perchè è una frase che mi sono sentita dire da una supermadre ecologica … Curiosamente, se passaste di blog in blog, la vostra percezione di essere ora una buona buona madre, ora una cattiva madre, subirebbe mille contraccolpi.
Difficile trovare una appartenza chiara.
Eppure, c’è un mondo, dentro questo mondo, fatto di mamme che già nel nome del blog mettono in luce incertezze, luci ed ombre della maternità.
Donne complesse e inquiete che si chiedono e si raccontano, mamma cattiva, imperfetta, serial, snaturata, acrobata, extra, vera … con ironia, con tutte le pesantezze e tutte le leggerezze possibili, quando espongono di questa parte di se.
Ma in fondo una madre è cattiva, lo “è”, per via di un modello culturale prevalente.
Si intende che non penso alle madri tragiche della cronaca nera, ma alle madri che di giorno in giorno si trovano ad inventarsi un ruolo, tra mille dicktat, duemila consigli, tremila pressioni.
C’è una bellissima rilettura del mito di Medea, ad opera di una scrittrice tedesca, Christa Wolf.
La Medea che ci viene riconsegnata dalla storia e dal mito come la Madre Che Uccide i Propri Figli, e nella rivisitazione è in realtà vittima di uno scontro culturale, da cui ne esce doppiamente vittima, perché i figli le vengono barbaramente lapidati e perché a lei stessa viene ascritto il delitto.
Tornando alla leggerezza precedente, però, torno a dire che la maternità è frutto di una narrazione altrui.
I pediatri, i sociologi, gli psicologi, e poi i ricercatori e via dicendo ci hanno detto: cosa è materno, cosa buono e cosa giusto.
Ma la rete, il web è già magicamente un qualcosa di nuovo, e per le donne è la possibilità di creare un narrazione del materno, mentre sta accadendo, ad opera di chi è madre.
E’ una narrazione collettiva e concreta, un quilt, un puzzle in cui si vengono a tessere le mille esperienze della maternità, un racconto a più voci del tentativo di rendere propria la narrazione del materno, di definirne i confini a partire da se, dalla propria parzialità di madre.
E non è vero che le donne questa esperienza l’hanno sempre fatta, in casa o al famoso “parchetto” sotto casa, o ancora appoggiate agli stipiti delle porte dell’ufficio per dire alla collega qualcosa del figlio malato.
Questa è una esperienza nuova, è una rappresentazione pubblica, una narrazione, e alle volte anche una metariflessione complessa sul “materno”. Con un testo aperto, pubblico e pienamente accessibile a tutte e a tutti.
Non so se una blogger sia più Penelope o Amazzone, se sia più attenta a ribadire il suo sostare nella maternità, o se cavalchi lontano per scoprire nuovi modi di esserlo, di certo oggi vuole e soprattutto può narrare questa esperienza. Spesso mandando al mittente la bollatura di “mamma cattiva”.