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Scarti, rifiuti, astio e web

Anche se non se può fare una generalizzazione, o almeno a me mancano i dato statistici, per confermare o meno questa sensazione/osservazione/considerazione, sembra che alcuni spazi web siano considerati alla stregua di alcuni luoghi pubblici, (es. bagni), luoghi destinati a raccogliere le proprie deiezioni, e … incurie (ossia come si lascia quel luogo dopo esserci passati e avere depositato i propri scarti).

Anche i luoghi web (persino i più impensabili) subiscono sorti simili:
I commenti agli articoli di giornale, o ai post sui blog delle testate giornalistiche, alcuni post su facebook, o un veloce commento su twitter, raccontano spesso di una acredine, astio e rancore verso alcuni contenuti, nemmeno troppo “sensibili”  …che so una pala eolica che potrebbe venire installata in giardino.
Utenti che commentano cinicamente e rabbiosamente, quasi urlando rabbia e frustrazione, verso oggetti o pensieri altrui, come se fossero la genesi di chissà quale piaga dell’umanita’.
Una pala eolica?
Una pala eolica merita litri e litri di astio!??

Un astio firmato, se i contenuti sono su facebook, astio anonimo se ci troviamo in una pagina web, di un giornale on line!
Sembra non interessare a nessuno di essere tracciati nella propria acrimonia, ed e’ come se si firmasse, e si torniamo alla “simpatica” metafora del bagno pubblico, dopo aver fatto pipì per terra o aver lordato il wc, “sono stat* io!! E mi chiamo Rossi Mari*”.
Insomma l’esser pubblici, ma su web, non genera il pensiero di essere davvero pubblici, non fa venire il dubbio che si e’ tracciabili, e che “scripta manent”, nemmeno la cultura e l’eta’ adulta permette di cogliere questa evidenza fenomenologia del web, da un lato. E nemmeno mette in discussione il fatto che in pubblico si evitano di esplicitare i propri pensieri neri o peggiori istinti, o la rabbia sconfinata, che nelle nostre giornate invece sappiamo benissimo confinare.
Sappiamo per educazione e maturazione, che la parte selvaggia di noi, va giocata nei canali evoluti/evolutivi e non vomitata addosso all’umanità altrui, giusto per evitare di chiarire le dispute con la clava.
Il fraintendimento sembra essere basato su un erroneo convincimento di avere un anonimato sostanziale possibile nel web, di esistere una virtualità che non ha forma, corpo, confini, logiche, etiche, responsabilità.

Vi sono poi contesti, piùristretti, (penso ad alcuni gruppi Facebook che frequento – anche come amministratrice – o blog che seguo) dove la presenza di un filtro selettivo, tematico, la gestione degli amministratori che riportano le discussioni nel proprio alveo, la protezione creata per evitare la presenza di troll o fake, permette alle persone di controbattersi, avere idee diverse ma senza finire per prodursi in esternazioni astiose e di fondo violente. Insomma strutture che hanno una forma, una etica, una responsabilità, una “consistenza” diversa ….  


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Se non ora quando … rimbalzando qui e là

Se non ora, quando … è il carpe diem che risuona nei social, rimbalzando dalla quotidianità, dai media, dal lavoro, dalle pratiche familiari e dai pensieri che si stanno muovendo ….

Insomma il nostro tempo di attesa è scaduto, sembra che sia ora di fare le cose, e non solo – da un osservatorio tutto femminile – iniziare a raccontare, mostrare, spiegare, professare ciò che già facciamo …..

Una delle critiche più tristi – umanamente triste – che ho ascoltato, e fatta da parte da molte  parlamentari Pdl, è quella che per loro la lotta per la dignità femminile è  ciò fanno ogni giorno.

La prima osservazione, ovvia, che pongo è: e allora? Non è ciò che facciamo un pò tutte? E allora perchè lo raccontano come si trattasse di un mero ed insindacabile fatto personale, unico, irripetibile e strordinario?

Eppure ricordo momenti in cui le donne in parlamento hanno saputo essere trasversali in un paio di occasioni. Ma sembra appartenere ad un altra storia.

Mi dispiace perchè la dignità, come i grandi temi non è mai individuale, o meglio si può concretizzare nella propria quotidianità; fa parte delle scelte personali e insindacabili, fa parte della capacità di assumersi le proprie responsabilità ma resta – anche – un fatto collettivo, civile, sociale e politico.

Inoltre una donna politica, come una professionista, rende pubblico e “professa” inevitabilmente le proprie scelte anche in termini di visibilità.

Può “dire” che i suoi comportamenti pubblici e privati sono scissi.

Può dirlo.

 

Ma come donne (eppure so che vale anche per gli uomini, ma posso parlare e guardare dal mio specifico sguardo femminile, mi riesce più facilmente) sappiamo che le scissioni non sono così facili. Siamo dannatamente complessi e stratificati, sappiamo che il nostro sguardo risente dei nostri percorsi di vita, delle scelte, e di molti altri aspetti; possiamo cercare la coerenza, possiamo imparare a distinguere meglio tra pubblico e privati (anzi dobbiamo farlo). Ma la nostra vita resta anche un fatto pubblico.

Questa è una ambivalenza, credo, irrisolvibile. Si può cercare una vita segreta e lontana dalla quotidianità, magari in un eremo. Ma a quel punto si sceglie altrimenti, no?

Allora la dignità ci appartiene e riguarda come fatto pubblico, fatto di cui trattare, senza sfuggire al necessario ingaggio: se non ora, quando?

Di mio faccio questo: sto cercando – ogni giorno – e con immensa fatica di staccare il pensiero dal “berlusconismo” e pensare alla questione femminile e alla questione italiana staccandola dai reati, dai moralismi, dalla lotta aspererrima, sul lancio di alcune lordure . Ciò che accade è la punta di un iceberg di una società che è in crisi, che segmenta il paese in buoni e cattivi, maschi e femmine, furbi e tonti, santi e reprobi.

Incapace di integrare e guardare la propria complessità….

Ma sottotraccia le donne stanno facendo tantissimo, e da un bel pò di tempo, è ora di professarlo, esporlo, dichiarare le proprie buone prassi.

E qui le donne dei social network (nella dichiarazione esplicita di alcune questioni o nell’uso di una strumento che elabora, facendolo, pubblico e privato) sono spesso piuttosto avanti, ammettiamolo…

Non per dire che femminile è meglio, ma per dire che il 50% di un paese fa e sa fare bene. Partiamo da qui: 50% che (può) fare impresa, che espone professionalità alte e alte dignità (dignus – meritevole > merito), che lotta per figli&lavoro&famiglia&propria professione e che ha un reddito iniquo rispetto alle abilità professate.

Insomma è cosa degna di essere narrata, e pretesa e rivendicata laddove esempio le donne hanno meno accessi a certe zone del mondo del lavoro …

La dignità è ancora un fatto – solo – personale?

Si, ma anche no.

Non se ne potrebbe parlare?


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La giustizia è indisponibile anche al sesso dei leader …

A me che il Presidente del Consiglio possa aver avuto rapporti sessuali con una minorenne non stupisce nemmeno troppo, in fondo lo scandalo Noemi Letizia, ci aveva allertato a sufficienza …

Ma mettiamoci il beneficio del dubbio, dell’uomo di Arcore il non sapere l’età della fanciulla e mettiamoci anche il ricatto, e la montatura mediatica … che dopo Avetrana (lo sappiamo bene) ogni porcheria è goduria pure per i giornali.

Insomma mettiamo che la faccenda pruriginosa del sesso finisca lì …

 

Ma è acclarato che la telefonata buonista ci sia stata, ammessa da entrambe le parti, e che (è noto) per eccesso di buonismo la fanciulla sia stata tirata fuori dalle mani della polizia, su richiesta dall’alto ….

Ecco che qui si snocciola il busillis … mettiamo che invece di avvenente fanciulla si fosse trattato di altro criminale, pure un omaccione perverso e cattivo ma che aveva abilmente intercettato le simpatie e la sua velleita di far del bene del capo del partito dell’amore? Ci sta, no?

Ugualmente, per via logico, sarebbe stata richiesto – anche per colui – un piccolo favore, lo svincolo dalle maglie della giustizia.

Magari lo si sarebbe descritto come il nipotino prediletto di Obama …

 

Ecco la giustizia (nei suoi gradi indagine, processo, pena), che ci tutela tutti, deve essere indisponibile alla velleità buonista di chiunque.

E questo lo capirebbe chiunque, non ci vuole grande intelligenza, per capire che la giustizia non è velleitaria ….