che non è essere i migliori di …
che non è la pulsione a fagogitare gli alti, surclassarli, superarli, sbatterli al tappeto, o giù dal barcone, che non è dirsi e/o credere davvero di saper fare qualcosa meglio di tutti …
è una lotta quotidiana a superare quei c**** di difettacci che ci portiamo addosso, disciplinando caratteri ed umori.
e farlo non per gli altri.
facendolo semplicemente per noi stessi, dopo avere smesso di guardare se gli altri ci guardano, ammirano, o si interessano alle nostre azioni.
e come diceva herrigel nello zen e il tiro con l’arco, lo cito con una certa approssimazione scusatemi, alla fine scopro che il bersaglio sono io, il bersaglio è interiore …
questo fa si che il gesto, le piccole cose prendano significato, una per una minuto per minuto .. non vi ricorda ricorda un pò anche il vecchio e buon eraclito …?
mi chiedo solo perchè gli italiani preferisceno una proiezione insicura di se all’esterno, perchè sia meglio farsi dire come si è bravi, anzichè cercarla e sedimentarla.
lo sforzo è analogo, il risultato no. il primo espone ad una ricerca continua e spasmodica di applausi, di consensi, di strategie e marachelle per non sentirsi troppo finiti o inutili.
nel secondo caso il problema non si pone, lo sforzo è teso a migliorare qualcosa di se, tanto per star meglio … poca cosa, in effetti.
obsoleta.